Cinghiate, pugni, testa nel gabinetto e “palla russa”. La Nacion dà un seguito all’intervista scoop al tennista argentino anni 80

Se avete letto Open (e chi non l’ha fatto, beh… perché non avete letto Open?!) sapete chi è Emanoul B. Aghasi. Sapete che il suo cognome, riformulato dal soggiorno americano, è diventato Agassi, e lui è – per tutti – l’emblema del padre-tiranno. Il motivo per cui il figlio è diventato un campione di tennis, odiando lo sport per cui sembrava nato. L’ex pugile iraniano che costringeva il povero Andre a colpire migliaia di palline ogni giorno per anni.
Ecco, Emanoul B. Aghasi rispetto a Raúl Pérez Roldan è un placido e amorevole educatore montessoriano. Peréz Roldan padre è il genitore-allenatore di Peréz Roldan figlio, Guillermo, che negli anni 80 arrivò fino al numero 13 delle classifiche mondiali vincendo 9 tornei ATP. Famoso, tra l’altro, per un incredibile match di Coppa Davis del 1988 contro gli Stati Uniti, quando diede battaglia a Buenos Aires contro John McEnroe e Andre Agassi. La sua Argentina perse comunque 4-1, ma lui divenne una specie di eroe popolare.
Guillermo Peréz Roldan qualche settimana fa ha rilasciato un’intervista a La Nacion (che l’aveva cercato per un paio di semplici domande-amarcord) nella quale ad un certo punto comincia ad aprire il cassetto dei ricordi sul suo rapporto col padre. Cose così:
“Dopo una sconfitta si presentò in camera mia e iniziò a prendermi a frustate perché diceva che in campo non ero stato abbastanza reattivo”.
“Un giorno, appena persa una partita, sono tornato in camera e ho ricevuto un pugno in faccia da mio padre. Un’altra volta mi ha infilato la testa nel gabinetto“.
“Il giorno del mio primo matrimonio, a 24 anni scoprii che mio padre si era preso tutti i miei soldi, senza nemmeno avvisarmi. Milioni di dollari guadagnati col tennis. Non avevo più niente”.
“Ha smesso di picchiarmi a 18 o 19 anni, perché altrimenti avrei smesso io di giocare, glielo dissi chiaramente. Successe dopo un torneo a Palermo, mi pare nel 1989. Gli dissi ‘comprati un cavallo’, con me hai chiuso”.
La sua carriera è stata interrotta prematuramente da un infortunio al polso destro, che per anni ha “venduto” come procurato in allenamento. Anche quella era una copertura:
“Nel 1993 ero a Genova con mio padre, avevo un giorno libero e decidemmo di andare a Milano per vedere Mariano Zabaleta al Torneo dell’Avvenire. Durante il viaggio, in un’area di servizio mio padre venne aggredito da due persone, litigarono per la precedenza nel fare benzina. Mi avventai su di loro e tirai alcuni pugni. Mi procurai una frattura che non ho mai risolto, nemmeno dopo varie operazioni”.
Oggi vive a Santiago, in Cile, e spesso è in Italia per lavoro: svolge un incarico per lo sviluppo e la crescita del TC Cagliari ed è anche consulente della FIT.
Nel frattempo La Nacion, dopo lo scoop, ha approfondito questa incredibile storia di sport e violenza, anche perché lo stesso ex giocatore dice di aver raccontato appena l’1%… Il quotidiano argentino ha raccolto le testimonianze di ex giocatori influenzati dallo stile della scuola che Raúl Pérez Roldán guidava all’Independent Club di Tandil, voci che confermano l’educazione siberiana a cui sottoponeva i suoi allievi, e che faceva solo intravedere l’incubo del figlio campione.
Quando Raul Pérez Roldán la prese in mano la scuola di Estudiantes aveva una filosofia ricreativa, e contava 460 studenti. Quando la lasciò, nel febbraio 2012, ne rimanevano circa 70. “Che cosa è successo nel frattempo?”, si chiede La Nacion. “Raúl ha cambiato l’intero sistema di allenamento, lo ha reso molto più rigido e la maggior parte degli studenti non era preparata o interessata a esporsi a così tante fatiche e angherie. Molti hanno iniziato ad abbandonare il tennis o a cambiare sport”.
“È stato un fallimento. Non ha maltrattato le persone, ma è stato molto severo. Ha persino implementato la “palla russa”, che consisteva nel lanciare palle contro chi arrivava in ritardo di qualche minuto agli allenamenti. Non ha prodotto giocatori di livello”.
Guillermo Corti faceva parte di quella scuola, è diventato uno dei primi 500 della classifica ATP nel 1981. Ha avuto il privilegio di allenarsi per un buon periodo con Guillermo e ha partecipato per un po’ al rigido sistema di allenamento di Raúl Pérez Roldán a Tandil:
“Raúl come allenatore era bravo, ha guadagnato prestigio, ma le sue richieste erano al limite. Oggi questi metodi non si potrebbero usare in alcun modo. Guillermo era molto sotto pressione. Raul lo prendeva a pallate addosso. Non permetteva a nessuno di derogare dalla sua disciplina militare. Non permetteva il dissenso, dava solo ordini. Sul campo da tennis quasi non si parlava, facevamo solo quello che voleva. Eravamo come soldati“.
Roberto ‘Kiko’ Carruthers è stato allenatore a gettone di Guillermo dopo che ebbe abbandonato il padre. Per circa un anno e mezzo. E durante quel periodo, l’attuale presidente del centenario Temperley Lawn Tennis Club si preoccupava di utilizzare un sistema di allenamento molto diverso da quello che Raúl aveva imposto per anni, meno rigido. Carruthers ricorda con orgoglio il viaggio del 1992 in cui “Guillo” vinse l’ATP a Casablanca e il Challenger di Agadir.
“L’ho anche accompagnato ad Amburgo quando siamo andati a trovare il medico di Boris Becker per provare un metodo di recupero con le alghe per il ginocchio. A volte era serio e preoccupato. Siamo diventati amici. Il padre era troppo severo con lui. Era traumatizzato. Un esempio: arriviamo in un hotel e Guillo mi dice ha cenerà alle 20:30 e e poi andrà a dormire. “Ma hai fame?”, e lui mi dice di no, ma che era abituato così dal padre”.