Su El Paìs difende il brasiliano: «L’unico luogo in cui Ronaldinho si è comportato come un sovversivo è stato il campo di calcio».
Questa settimana, su El País, Jorge Valdano ha scritto di Ronaldinho e del suo periodo in carcere. È un atto d’amore per il brasiliano.
Se il livello medio di criminalità fosse Ronaldinho, il mondo dovrebbe essere una prigione. Una cosa è essere tonto, come lo ha definito il suo avvocato, un’altra delinquente. L’unico luogo in cui Ronaldinho si è comportato come un sovversivo è stato il campo di calcio. Così come ci sono calciatori monotoni che giocano più volte la stessa partita, ce ne sono altri che non ripetono la stessa giocata nemmeno per caso. Per lui, come per tanti brasiliani, la vita è sempre stata una festa e il calcio, gioco che enfatizza la vita, una festa al quadrato. È stato un piacere vederlo muoversi come un invertebrato e con un piede che sembrava lavorare all’uncinetto con la palla.
Per Valdano
Ronaldinho in prigione è la metafora di un calcio sempre meno libero. Gli allenatori sono riusciti a controllare il gioco: omogeneizzarlo, simmetrizzarlo, sistematizzarlo, tutte parole complesse perché quello che hanno ottenuto, infatti, è che lo hanno complicato.
Prosegue l’ex campione del mondo a Mexico 86
Jose Antonio Marina dice che “la formica che costruisce il formicaio vive routine spietatamente reali. Se una formica fosse in grado di immaginare una vita diversa, il formicaio sarebbe esploso”. Ronaldinho è stato colui che ha immaginato un mondo diverso. Ma oggi la tendenza è che i giocatori acquisiscono abitudini, che sono poi modi per ripetere un atto, in modo che finiscono per giocare a memoria. Se ti piace il calcio, quale esemplare metteresti in prigione?