ilNapolista

Ma i veri runner sul Lungomare “liberato” non c’erano

Chi corre davvero, chi sta attaccato al tempo e ai chilometri, era già uscito all’alba o ha rinunciato. Perché odia la folla, e gli impostori: i runner da quarantena

Ma i veri runner sul Lungomare “liberato” non c’erano
foto: Ansa

Guardate le foto. I dettagli. Ora lo chiamano outfit, ché anche l’abito fa il runner, con buona approssimazione: tanti tutoni da divano, scarpe di Decathlon intonse, ragazzini a frotte che avanzano per spintoni, qualche solitario atleta “da quarantena”, bici, passeggiatori agonistici di cani. Pasquetta, praticamente. Ma sul lungomare “liberato” per un giorno appena, i veri runner non c’erano. Magari qualcuno sì, camuffato nell’euforia dell’ora d’aria. Ma i grupponi dell’alba, quelli che senti vociare sotto le finestre d’inverno, quando è ancora buio e la sveglia non s’è ancora svegliata, hanno dato buca. Per snobismo, un po’. Per paura, qualcun altro. Ma soprattutto perché quella non è corsa, non è allenamento. Nemmeno dopo due mesi a fare le ripetute tra tinello e salotto.

Il runner è una bestia affamata, drogata di fatica, con le sue routine e nevrosi. Ha il distanziamento sociale, quello vero, stampato in testa. Misura la giornata in minuti-al-chilometro, assapora il recupero, o lo azzanna per ripartire se ne ha ancora. Ma, soprattutto, odia la folla. Disconosce i “portoghesi”, gli ostacoli al suo ritmo incessante. Quando d’estate incrocia il povero cristo in sovrappeso che corre incellofanato nei sacchi dell’indifferenziata per “sudare”, ha persino un po’ di pietà. Ok, non è vero: li supera scattando “a 3-a-chilometro”, e sottocchio si bea del suo superiore stato di forma. No, sul Lungomare, se c’erano, i runner erano rarefatti, travolti dall’evento in sé: la ritrovata libertà di popolo.

De Luca ha sbagliato bersaglio. Anzi li ha centrati come danni collaterali bombardando ordinanze sulla folla. Perché mentre i papà e le mamme coi bambini si infilavano nell’isola pedonale del Vomero, il runner s’era già fatto strada al mattino, nella finestra delle 6:30. O s’era acquattato tra i vicoli e le strade minori, anche alla sera, confidando nel traffico alleggerito dall’emergenza. Senza assembrare alcunché. Loro – alcuni, molti… non lo saprete mai – a casa ci son rimasti più consapevoli di altri, per tutto il periodo dovuto. Disciplinati, i più. Ma soprattutto hanno digerito con malcelato distacco il primo disgelo del governatore: puoi correre solo attorno al tuo palazzo, con la mascherina. “Ma piuttosto me ne sto sul divano con le Gocciole, cos’è sta tortura?”.

È stato uno sbuffo d’ossigeno della “gente normale” quello che ha fatto il giro dei Tg indignando metà popolazione napoletana – quella del sacrificio duro e puro – mentre l’altra saltellava allegramente simulando la ripresa della preparazione in vista della stagione agonistica. Per una sera, una sola, tutti domiciliati a via Partenope, evidentemente ammessi per certificato di residenza a quel bendiddio. Chi aveva in animo di correre per davvero, gli agonisti (spesso per auto-acclamazione) amatoriali, è rimasto fermo a guardare gli impostori prendersi la strada, un po’ sguaiati.

Tutti sapevano, nelle dirette di mille smartphone che testimoniavano quel porno di ritrovata libertà, che sarebbe durato poco. “Mo ci pensa De Luca”, ai runner per una sera. Appunto. Ma tanto dal 4 maggio tocca ai “congiunti”, veri o pretesi. E i runner, quelli veri, torneranno a correre. E nessuno se li filerà.

ilnapolista © riproduzione riservata