Il Telegraph ha intervistato il popolare conduttore di Football Italia la trasmissione che negli anni 90 raccontava la Serie A al Regno Unito: “Sulla storia della presunta violenza sessuale tutti dalla sua parte”

Se gli inglesi, almeno quelli non proprio giovanissimi, amano il calcio italiano degli anni 90 lo devono a James Richardson, che due volte a settimana per dieci anni, dal 1992 al 2002, conduceva Football Italia su Channel 4. Un programma cult del weekend: Richardson sedeva al tavolino di un bar, con una ambientazione volutamente pittoresca, con un cappuccino, un cornetto o un gelato, e una pila di giornali sportivi italiani che usava per mostrare agli spettatori british le storie del calcio italiano. Intervistava giocatori e allenatori e spesso commentava i big match della Serie A dal vivo.
La sua storia, e del suo programma, sono celebrati da un documentario del 2018 che si chiama “Golazzo: The Football Italia Story”. Il Telegraph ha parlato con lui del calcio italiano che fu. Ed è molto interessante il passaggio della chiacchierata sulle differenze di approccio giornalistico tra Italia e Inghilterra:
“In Italia la stampa sportiva è incredibilmente competente sulla tattica, dopo tutto hanno tre quotidiani che si occupano di calcio… Ma non criticano mai la vita privata di un giocatore. Prendi Cristiano Ronaldo: non solo il suo essere un personaggio eccentrico, i suoi recenti problemi con il caso di presunta violenza sessuale consumata a Las Vegas. Gli italiani e la stampa in Italia sono stati accondiscendenti, qui in Inghilterra avremmo avuto un approccio molto diverso, che alcuni definirebbero sano. La stampa italiana tende ad essere dalla parte dei giocatori e dei club, perché sono essenzialmente dipendenti da loro. Ci sono molte meno critiche sul modo in cui i giocatori si comportano, in Italia, di quante ce ne siano qui. Qui la relazione del pubblico con i giocatori è molto influenzata dalla stampa”.
“Penso che nel Regno Unito il calcio sia diventato un espediente politico. I calciatori sono un obiettivo molto facile. Supponiamo che i calciatori avessero rinunciato al loro stipendio, chi può obbligare i proprietari dei club a stanziare quei soldi per aiutare gli altri? Riesco a capire perché le persone sono arrabbiate per le società che usano la cassa integrazione, ma gli italiani hanno una parola per questo: “strumentalizzare”.