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In Spagna il ministero della Salute ferma il calcio: «rispetti le regole per i tamponi, come tutti»

I club costretti a fare retromarcia. Rinviati i test previsti per martedì 28, propedeutici al ritorno agli allenamenti. Hanno vinto i calciatori

Avevano ragioni i calciatori spagnoli. La Liga aveva fatto il passo più lungo della gamba, in nome di una pretesa di potere che in realtà non è basato sul nulla. È vero che il calcio è un’industria. Ma essere un’industria non ti autorizza scavalcare le leggi di uno Stato. È un principio elementare che il calcio e i suoi laudatores fanno fatica a metabolizzare. Non sempre accade quel che è successo a Torino, quando Higuain si è presentato all’aeroporto ed è riuscito a partire per l’Argentina. In questo mese sono cambiate un po’ di cose. Non è il momento di avallare iniquità sociali quando ogni Paese continua a contare almeno 350 morti al giorno.

I club spagnoli avevano fissato per martedì prossimo – 28 aprile – una serie di test (tamponi) per i calciatori delle squadre di Liga della Serie B spagnola. Il ministro spagnolo della Salute Salvador Illa ha ricordato che i calciatori sono cittadini come gli altri e che ci sono regole da seguire per essere sottoposti agli esami per sapere se si è contratto o meno il coronavirus. Deciderà il Ministero, dovrà approvare il protocollo sanitario per la ripresa del calcio.

La Liga non ha potuto che prenderne atto e ha scritto ai club che i test saranno rinviati. Nella lettera hanno scritto di un ritardo minimo. Questo ovviamente si vedrà. Quel che il calcio non ha ancora capito è che ha perso la propria onnipotenza. Deve rispettare le regole, come le altre industrie e come gli altri cittadini.

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