Su L’Equipe: «Se aggiungiamo tutta l’organizzazione, arriviamo a quattromila. Rischiamo di trasmettere il messaggio che il calcio pensa solo al denaro»
Scrive L’Equipe che per i presidenti è un prerequisito la preoccupazione sanitaria per l’eventuale ripresa degli allenamenti e del campionato, senza dimenticare le conseguenze economiche dei diversi scenari di fine stagione.
«Se non ricordiamo fin dall’inizio che la salute dei nostri dipendenti è un imperativo assoluto, trasmetteremo il messaggio che il calcio pensa solo al denaro. Non è affatto vero», ha detto Xavier Thuilot direttore generale del Saint-Étienne. «Non spingeremo per una ripresa rischiosa», afferma Gérard Lopez, presidente del Lille. Il numero uno del Nantes, Waldemar Kita, fondatore di Vivavy Laboratoires (trattamenti estetici) si considera tra quelli in grado di «pensare prima alla protezione dei giocatori assecondando le opinioni dei medici».
Olivier Delcourt, boss del Digione, dice che non c’è alcuna certezza nemmeno per la data dell’11 maggio. Non può essere una ripresa «in ogni modo e ad ogni prezzo. Per ora, ci sono solo incognite nell’equazione. Nulla dice che possiamo riprendere gli allenamenti l’11 maggio» si aggiunge Nicolas Holvek presidente del Rennes.
A Brest il presidente Denis Le Saint ha sostenuto lo stop definitivo della stagione; il direttore generale Pascal Robert considera irrealistica il ritorno in campo se mancano i mezzi per rilevare il virus. «Tra Ligue1 e Ligue2 ci sono 40 squadre, quindi circa 40 persone per squadra, vale a dire 1.600 persone mobilitate al giorno. Se si aggiunge l’intera organizzazione, arriviamo a quattromila persone. Possiamo testarle tutte?»
L’Equipe scrive che il calcio francese comunque ha l’obiettivo di armonizzarsi al resto d’Europa. E poi c’è ovviamente la questione diritti televisivi. Questa è uguale per tutti.