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Sulle sostituzioni Gattuso ha ragione: «Non sono obbligatorie»

Esiste una mistica che attribuisce ai cambi un potere taumaturgico. La Lazio di Zeman terminava con gli undici iniziali. E sulla costruzione da dietro…

Sulle sostituzioni Gattuso ha ragione: «Non sono obbligatorie»

Sulle sostituzioni, nel calcio, si potrebbero scrivere romanzi. In Italia, ovviamente, la più celebre resta quella della finale del Mondiale nel 1970, con Valcareggi che manda in campo Rivera a sei minuti dal termine a finale ormai irrimediabilmente compromessa. Ma anche quella del 1994, con Sacchi che toglie Baggio per faro posto a Marchegiani dopo l’espulsione di Pagliuca contro la Norvegia.

C’è una mistica delle sostituzioni. Per alcuni, è dalle sostituzioni che si comprende la bravura e la velocità di pensiero di un allenatore. Ogni allenatore – ogni allenatore – finisce prima o poi bersagliato per i cambi. Se parliamo soltanto di Napoli, è toccato a tutti: da Reja a Mazzarri, fino a Benitez, Sarri e lo stesso Ancelotti. Adesso, è il turno di Gattuso.

In Messico non hanno gradito i tre minuti concessi a Lozano: vedono il loro idolo bistrattato all’ombra del Vesuvio e non se ne capacitano. E in Italia – a Napoli, è più corretto – si sono sorpresi perché l’allenatore ha lasciato la stessa squadra in campo per 84 minuti. Ha fatto il primo cambio solo due minuti dopo la rete di Immobile favorita dall’errore di Ospina e anche dalla ideologia del calcio contemporaneo – cara allo stesso Gattuso – che equipara il gesto di buttare la palla in fallo laterale a un infanticidio. In sette minuti, Gattuso ha messo dentro Llorente, Elmas e infine Lozano. Va anche ricordato che Mertens è ancora in Belgio )a proposito, ma come si è infortunato?), Koulibaly è ancora impegnato nel suo recupero e anche altri Maksimovic.

L’unico appunto che viene da muovere a Gattuso è proprio quello di aver alla fine assecondato la consuetudine dei tre cambi. Ricordiamo che la Lazio di Zeman talvolta terminava le partite con lo stesso undici iniziale. Oggi se non si fanno le tre sostituzioni, è come si commettesse un delitto (meno grave rispetto alla palla in fallo laterale, sia chiaro).

La risposta del tecnico è stata condivisibile: «La squadra stava giocando bene, non c’era motivo per cambiare». E in effetti era così. Anzi, i tre cambi hanno finito per spezzare ulteriormente il ritmo, ammesso che il Napoli avesse la forza per raddrizzare il match dopo il pasticcio. Gattuso ha aggiunto: «I cambi non sono obbligatori». Frase che suona come rivoluzionaria. Ma che quasi nessun allenatore segue: lo stesso Gattuso alla fine si è arreso.

Il calcio ideologico non ci piace – almeno non piace al sottoscritto -, ancora non capiamo come sia possibile assistere a  tutti quei gol favoriti o quei rigori concessi – come ieri sera la Roma – per palloni perduti in maniera banale per la famigerata “costruzione da dietro” (che potrebbe essere il titolo di un film porno), ma sui cambi siamo perfettamente d’accordo: non sono obbligatori e statisticamente non sono poi così decisivi, tranne le fisiologiche eccezioni.

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