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L’autocritica di Gattuso (in campo e fuori) è il segnale più importante

Ha dimostrato di non essere un integralista. Ha mitigato la sua idea di calcio per fare i conti con la realtà. Ha battuto la Juve in contropiede, pardon ripartenza

L’autocritica di Gattuso (in campo e fuori) è il segnale più importante
during the Italian Serie A football match SSC Napoli vs Fc Juventus. (Hermann)

L’aspetto più interessante delle ultime due partite del Napoli, contro Lazio e Juventus, è stata la metamorfosi di Gattuso. Oltre alle due vittorie, ovviamente. Lo abbiamo già scritto la scorsa settimana, lo ha ammesso lui prima della Juventus e lo abbiamo visto in campo ieri sera: Gattuso ha abbandonato i panni del santone del calcio contemporaneo, dell’integralista, e ha indossato quelli dell’allenatore che guarda in faccia la realtà. Anche perché, come ha ricordato ieri nel post-partita, la realtà dice che il Napoli ha 27 punti. Aggiungiamo noi che è decimo in classifica a pari merito con Torino e Bologna, ha due punti in meno al Verona ed è quattro sotto il Parma. E, last but not least, con Gattuso in campionato il Napoli è alla seconda vittoria dopo quattro sconfitte: la prima vittoria al San Paolo. La realtà resta questa, e giustamente il tecnico ha ricordato che il primo obiettivo è raggiungere i quaranta punti.

Ovviamente le vittorie contro Lazio e Juventus non possono essere analizzate esclusivamente da un punto di vista statistico. Eravamo rimasti piuttosto scossi dall’approccio di Gattuso a Napoli. Non tanto per i risultati o comunque non solo per i risultati. Ma per un certo tipo di atteggiamento, per le parole che accompagnavano le prestazioni, per il modo sono state perdute le partite contro Parma e Lazio.

Ieri sera, Gattuso ha fatto autocritica. È più facile fare autocritica dopo aver vinto, ovviamente, ma lo aveva detto anche sabato in conferenza. Gattuso è arrivato a Napoli annunciando il ritorno al gioco di Sarri, al 4-3-3, a un gioco peraltro che – come impietosamente visto ieri sera – nemmeno Sarri pratica più. Lasciando immaginare che sarebbe bastato uno schiocco di dita per rivivere in qualche modo la favola dei 91 punti.

Gli va dato atto di aver compreso che non era quella la strada da percorrere. Ieri sera, ragionevolmente, Gattuso ha giocato sull’avversario. Ha preparato molto bene la partita. Non si è consegnato alla Juventus per il gusto di mostrare bel calcio o presunto tale (ciascuno ha le proprie preferenze). Repubblica ha scritto che il Napoli ha espresso un gioco artigianale, da neoprovinciale. Per noi è un complimento. Confessiamo la nostra più grande paura della vigilia: perdere da Sarri in contropiede. Sarebbe stato il colmo. E invece a essere colpito in contropiede, ripartenza fate voi, è stata la Juventus ieri francamente inguardabile. Chissà se i resistenti del calcio che fu, si siano convinti che non si può giocare nello stesso modo con tutti i calciatori. Certamente ieri sera c’è una persona che si è divertita molto e si chiama Massimiliano Allegri. Viene in mente la frase di una persona come Luciano Moggi che – nonostante la sua avversione ai principi olimpici (eufemismo) – qualcosa di calcio ne capisce: “se volevano cambiare gioco, dovevano cambiare i giocatori non l’allenatore”.

Tornando a noi, spesso Gattuso si è difeso con Demme davanti alla difesa e un’altra linea da quattro a fare densità come si dice oggi. Per questo ieri abbiamo scritto di Napoli intelligente, perché adattarsi alla realtà è intelligenza. Ci è battuto forte il cuore, a noi vecchi incalliti italianisti, o forse sarebbe più corretto dire esponenti del movimento contro il masochismo calcistico.

Ieri, abbiamo visto anche Insigne sferrare da destra il tiro da cui è nato il primo gol, e poi stare in area per raccogliere il cross di Callejon da scaraventare in porta per il 2-0. Lontano dalla sua mattonella. Abbiamo visto un Napoli distante dall’integralismo del 4-3-3. Ora, in città, la vulgata è che grazie alla liberazione da Ancelotti il Napoli ha ripreso a giocare. Conosciamo i nostri polli. È inutile dilungarsi. Il successo sul Liverpool venne derubricato a vittoria sull’Albino Leffe. Discuterne sarebbe tempo perso.

A noi interessa sottolineare il cambio di direzione di Gattuso che ieri ha anche detto: «Ho commesso i miei errori e voi mi avete giustamente massacrato». Non era così sorridente il pomeriggio dello scatto fuori luogo sui giornalisti amici, ma anche questo è comprensibile. Si sentiva in trincea, lo era, ma ha avuto l’intelligenza di modificare l’assetto in campo. Contro la Lazio e contro la Juventus.

Ci rinfranca aver scoperto che Gattuso non ha perso il contatto con la realtà. Magari le sue idee di calcio, il suo sogno di calcio è diverso. Ma ha capito che in questa situazione bisognava passare al “primo non prenderle”, a imbarcare meno acqua possibile. Soltanto in questo modo avrebbe potuto contribuire al recupero dell’autostima dei calciatori. Ovviamente all’interno della propria visione, il Napoli non si è mai chiuso ad oltranza, non ha mai rinunciato a mettere in difficoltà all’avversario. Ma non gli ha mai reso la vita comoda lasciando praterie.

Siamo d’accordo con lui, è ancora presto per dire se il Napoli sia guarito. Però siamo usciti da una situazione di allarme rosso. È un fatto. E ne siamo usciti perché lui ha cambiato terapia. È un altro fatto. In queste due partite il Napoli ha riscoperto l’umiltà. La voglia di lottare e di sopperire con l’applicazione all’inferiorità in altri aspetti. Ecco, il Napoli non deve perdere questa qualità. È l’aspetto su cui Gattuso deve lavorare di più.

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