L’allenatore del Benevento al Corriere della Sera: «Motivo i ragazzi appendendo i record della serie B nello spogliatoio. Dobbiamo batterne quanti più è possibile».
Sul Corriere della Sera Stefano Agresti intervista l’allenatore del Benevento Filippo Inzaghi, campione del mondo 2006.
Tra i tanti temi, affronta anche quello dell’importanza degli allenatori.
«Il migliore, dico sempre, è colui che fa meno danni. A volte noi tecnici pensiamo di avere inventato il calcio, invece dobbiamo solo mettere i giocatori nelle condizioni di esprimersi al massimo. Io cerco di riuscirci, con il mio staff: gente seria, preparata, appassionata come me».
Inzaghi racconta l’amore per il mestiere di allenatore, soprattutto.
«Ho un amore folle per questo mestiere. Mi piace tutto, adoro anche i sacrifici, se si possono chiamare così quelli che toccano a noi. E per me la categoria non conta: la A è uguale alla C, chiedo solo di fare ciò che amo. Sono stato felice a Venezia, anche a Bologna nonostante le difficoltà. E lo sono a Benevento».
Si definisce un malato di calcio.
«A ogni livello. Quando giocavo nella Juve e nel Milan, i compagni il lunedì prendevano i tabellini di C1 e C2 e mi interrogavano. Dove gioca questo? E quest’altro? Non sbagliavo un giocatore. E nemmeno mio fratello».
Tra tutti i grandi allenatori con cui ha lavorato non ha dubbi su chi sia il migliore.
«Ancelotti è il numero uno nella gestione. Per ora mi ritengo un tecnico di campo, perché ho una cultura che arriva dal settore giovanile».
Il fratello Simone è però uno dei migliori in Europa:
«Simone non è un modello per me, ma per tantissimi allenatori. È uno dei migliori in Europa: chi ha ottenuto risultati come i suoi? Gestisce gli uomini e sa lavorare sul campo: è un vero tecnico moderno. Il confronto è continuo. Ci sentiamo ogni giorno e parliamo solo di pallone, oltre che dei miei nipoti».
Inzaghi ha allenato anche il Milan. Su Ibra dice:
«Serviva uno così. Ho giocato con lui, lo stimo tanto: non ha bisogno di soldi o di gloria, se è tornato significa che ritiene di poter lasciare un segno. E mi sembra che le prime partite lo abbiano dimostrato».
Di Immobile dice che è il numero uno
«Non sta facendo cose normali. Se Ciro fosse uno straniero, chissà quanto sarebbe celebrato. Anche perché non si limita a segnare: lavora pure per la squadra. Straordinario. E aiuterà la Nazionale a disputare un grande Europeo».
E rivela un suo segreto per motivare i suoi ragazzi. Apre il telefono e mostra un file nominato”Records”, con tutti i primati della storia della Serie B.
«Li stampo e li appendo negli spogliatoi, uno per volta. Dobbiamo batterne quanti più è possibile».