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Ma dov’è l’indignazione di Lukaku e della Roma quando i razzisti sono i loro tifosi?

Il razzismo si combatte sempre, non a senso alternato: la Roma non prese posizione sui cori discriminatori contro i napoletani, così come Lukaku non rispose alla lettera della Curva nord

Ma dov’è l’indignazione di Lukaku e della Roma quando i razzisti sono i loro tifosi?

A calembour razzisti ancora fumanti, col venerdì nero del Corriere dello Sport bruciato per autocombustione, alla conta dei danni manca qualcosa. Un paio di pezzi per chiudere il quadro desolante dell’ennesima figuraccia internazionale del calcio italiano. Mancano, per completezza di indignazione, prese di posizione altrettanto veementi di due protagonisti della odierna vicenda – Lukaku e la Roma – su episodi ancora freschi di stampa: il comunicato delirante della Curva Nord dopo i fatti di Cagliari, e i cori dell’Olimpico contro il Napoli che portarono addirittura alla sospensione del match. Non ci sono, non ve n’è traccia digitale alcuna.

Lukaku, vistosi ieri stampato in prima pagina al fianco di Smalling per il “Black Friday” del CorSport, non ha esitato a mettere mano ai social per pubblicare questo:

“Il titolo di giornale più stupido che abbia mai visto in carriera”, scrive l’attaccante dell’Inter. Ma è lo stesso Lukaku che non proferì parola dopo la lettera della Curva Nord – i suoi tifosi – che metteva nero su bianco, pubblicamente, l’appoggio da colleghi ultras ai “buu” che il pubblico del Cagliari gli aveva scaricato addosso? Gli dicevano – i suoi tifosi – che i cori razzisti in Italia sono solo tentativi per innervosirlo, e che in Italia il problema xenofobo non esiste. Anzi, ci facesse l’abitudine perché così funziona: «Quando dichiari che il razzismo è un problema che va combattuto in Italia, non fai altro che incentivare la repressione di tutti i tifosi». I suoi tifosi erano già stati squalificati, in passato, per gli insulti razzisti a Koulibaly, per esempio. Dov’è la risposta di Lukaku?

Scrisse la Gazzetta dello Sport: “Il giocatore è venuto a conoscenza del comunicato degli ultrà nerazzurri già martedì sera. Ma quelle parole non hanno scalfito più di tanto la sua voglia di guardare oltre. Nessuna puntualizzazione, in fondo quel che doveva dire il belga l’aveva già detto lunedì, all’indomani dei buu ricevuti a Cagliari. Quello è e resterà il suo pensiero, non c’è bisogno di nuovi interventi. Il silenzio di Lukaku fa scopa con quello dell’Inter, che ha preferito non entrare in scena direttamente”. Sì, l’Inter invece ieri ha preferito entrare in scena direttamente. L’ha fatto sui social. Certo, non è arrivata a squalificare gli inviati del CorSport, ma insomma.

E la Roma? La Roma che non manca mai di esprime la giusta solidarietà a chicchessia, alle vittime di ogni forma di abuso o discriminazione. La Roma che ieri ha dato il via dal suo profilo Twitter in inglese alla bufera contro Zazzaroni, e che ha vietato l’ingresso al suo centro sportivo ai suoi giornalisti. È la stessa Roma punita con 30.000 euro di multa “per avere suoi sostenitori intonato più volte cori insultanti di matrice territoriale nei confronti della tifoseria avversaria che portavano il Direttore di gara, al 23° del secondo tempo, ad interrompere la gara per circa un minuto”, in occasione di Roma-Napoli di appena un mese fa? Ed è la stessa società che non emise manco una riga di comunicato di scuse o solidarietà ai tifosi del Napoli, vittime di quei cori, salvo poi – lo stesso giorno! – schierarsi pubblicamente dalla parte di Balotelli, che la domenica seguente era stato vittima di razzismo a Verona, così:

Evidentemente – scusate il semplicistico sillogismo – per la Roma “discriminazione territoriale” non è “razzismo”. E’ più… come dire… una discriminazione, sì… ma territoriale, ecco.

Al netto di tutti i distinguo della casistica, quando si conducono questo tipo di battaglie morali, per di più sacrosante, converrebbe farlo nella pienezza dei propri mezzi: a favore di tutte le “vittime” e contro tutti i razzisti. Anche quando sono i propri tifosi, gli intoccabili ultras che comunicano a vanvera su ogni cosa.

L’indignazione a senso alternato finisce invece per disinnescarne la credibilità, e corrode il senso stesso delle cose. La convenienza, anche solo il calcolo utilitaristico dell’opportunità, non fanno parte di questa strategia, non dovrebbero. Proprio per evitare che poi, il giorno dopo un polverone mediatico come quello che ha travolto ieri il Corriere dello Sport, qualcuno si ricordi di quella polvere rimasta sotto il tappeto in passato, chissà perché.

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