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Cosa vuole fare in campo il Napoli di Gattuso

Quali sono gli obiettivi del nuovo allenatore e perché devono passare per una maggiore intensità. Cosa cambia rispetto ad Ancelotti e il paragone con Sarri che porta fuori strada

Cosa vuole fare in campo il Napoli di Gattuso

Ambizione

La prima partita di Gattuso sulla panchina del Napoli e le successive dichiarazioni di Aurelio De Laurentiis hanno chiarito in maniera definitiva quale sarà la direzione del nuovo corso tattico. La squadra azzurra, per input presidenziale, cercherà di inseguire e quindi ricreare il modello pensato e applicato da Maurizio Sarri nel suo triennio a Napoli. Ovviamente, si tratta di un’idea utopica, di un compito non realizzabile. Non perché quel Napoli sia inarrivabile, ma perché siamo in un’altra epoca, sono cambiate molte cose, molti giocatori, e poi Gattuso non è Sarri. Non è una dichiarazione/definizione negativa, semplicemente è un dato oggettivo rispetto alla diversità tra due uomini, tra due professionisti. Molto ambiziosi nel loro approccio al gioco, certo, ma in maniera differente.

Non è difficile pensare che Gattuso abbia accettato l’incarico di allenatore del Napoli con la promessa – fatta a De Laurentiis, e indirettamente ai giocatori – di schierare la squadra con il modulo 4-3-3. Del resto, Gattuso ha utilizzato quello schema ai tempi del Milan. Soprattutto, però, conosce il calcio molto più del presidente, sa che l’utilizzo di queste spaziature “basta” a convincerlo  che il Napoli stia ripetendo, o quantomeno stia cercando di ripetere, il percorso fatto con Sarri. Quando invece – ovviamente, come detto, Gattuso è un allenatore diverso. Non meno ambizioso di Sarri, ma diverso.

Come si è percepito già contro il Parma, in una partita che dal punto di vista dell’analisi tattica – come spiegato nell’articolo pubblicato su questo sito – è stata condizionata, se non del tutto invalidata, dagli eventi dei primissimi minuti (il gol di Kulusevski e l’infortunio di Koulibaly). Al netto di queste contingenze particolari, si sono intraviste delle novità interessanti. Anzi, delle possibilità in vista del futuro. Per esempio, la ricerca di una maggiore vicinanza tra gli uomini dei vari reparti in alcuni frangenti della partita.

L’occasione fallita da Insigne

Questa dinamica si è manifestata chiaramente quando il Napoli ha costruito la migliore azione/occasione della sua partita, poco dopo la mezz’ora del primo tempo. Il video appena sopra si apre con un difensore del Parma che prova a giocare il pallone in avanti, tutto spostato sulla sinistra. In realtà l’azione si origina da una rimessa dal fondo di Sepe, su cui la squadra di Gattuso ha difeso molto alto, orientandosi in base alla traiettoria del pallone.

È un classico movimento difensivo di scivolamento orizzontale, i giocatori si dispongono dal lato su cui si trova il pallone, accorciano le distanze e alzano il pressing. Come si vede dopo l’immediato recupero del possesso, i giocatori della catena di sinistra (Insigne, Zielinski e Mario Rui) sono praticamente all’altezza del centro sull’asse orizzontale. Anzi, Zielinski è addirittura al di là di un’ipotetica linea divisoria, perpendicolare a quella di centrocampo, che taglierebbe il campo di lungo, in due metà.

Con questo posizionamento, il possesso palla può essere più rapido, quindi imprevedibile. In questo caso specifico, il Napoli sfrutta il movimento a tagliare dentro di Callejón (servito da Fabián Ruiz, anche lui molto largo), Milik si fa trovare tra le linee e poi imbuca immediatamente per Insigne. Tutti i movimenti sono concertati perfettamente. Sono armonizzati, anche se l’azione è casuale, cioè non segue uno schema predefinito – come, per esempio, il cambio campo Insigne-Callejón. Sono automatismi indotti, che nascono e si concretizzano grazie a queste distanze brevi. E che inevitabilmente creano scompensi sul lato debole. Insigne, infatti, entra nello spazio che si apre tra il centrale di destra e il terzino destro del Parma. Laddove ci sono meno giocatori, per effetto del pressing del Napoli e del contropressing degli avversari. L’errore a porta spalancata è clamoroso, ma la manovra è stata preparata e rifinita in maniera perfetta.

Milik

Nell’analisi tattica di Napoli-Genk, avevamo raccontato quanto Milik fosse mancato al Napoli «come giocatore di calcio, più che come centravanti». Nel video in alto, così come riguardando la sfida di Champions contro i belgi e altri momenti di Napoli-Parma, ci si rende conto del perché. A prescindere dallo schema scelto dall’allenatore, Milik ragiona sempre come un attaccante associativo: quando assume la posizione centrale in un tridente, ma anche quando affianca un altro attaccante, il polacco si muove molto a ritroso per giocare con i compagni e sostenere l’azione offensiva fin dalla costruzione a centrocampo – a volte anche più indietro.

Un po’ di azioni in cui Milik costruisce il gioco

Come si vede in questo video, pure Gattuso ha subito assecondato lo stile dell’attaccante polacco. Lo schema del nuovo allenatore del Napoli prevede ovviamente che Milik offra presenza continua in area di rigore e in fase di conclusione – il gol di testa realizzato su cross di Mertens è una giocata da attaccante puro –, ma gli affida pure dei compiti tattici di raccordo e rifinitura. Milik ha la capacità di determinare delle distanze ridotte perché i suoi movimenti accorciano la squadra, lega i reparti perché si lega, nel senso che si avvicina, ai suoi compagni. È un giocatore perfetto per interpretare un modo di attaccare che diventa un modo di difendere. Attraverso il pressing – garantito dalle spaziature brevi – e la sensibilità nel possesso palla – che permette alla squadra di riposarsi tenendo il pallone tra i piedi e di continuare a cercare spazi da attaccare.

Una differenza di intensità

Entrambi gli aspetti trattati in questo articolo – per quanto siano ovviamente poco più che teorici – rimandano a un tema centrale che influenza a cascata anche alcuni aspetti extracampo: la ricerca di una maggiore intensità. Nelle intenzioni di Ancelotti, il Napoli avrebbe dovuto evolversi, diventare una squadra completa, in grado di praticare un gioco di selezione. Ovvero, avrebbe dovuto comprendere ogni partita e ogni momento di ogni partita, e poi scegliere quale atteggiamento tenere in campo – in fase offensiva, in fase difensiva, per quanto riguarda la gestione delle energie come le scelte puramente tecniche. Un’impostazione di questo tipo prevede una maggiore attenzione agli sviluppi di gioco piuttosto che ai principi di gioco – per intenderci: cosa fare in campo piuttosto che come farlo –, prevede che i giocatori alternino momenti di pressione alta a segmenti di gestione. Di conseguenza, cambia anche l’allenamento, che diventa situazionale più che tattico. Diventa meno intenso, appunto.

Con Gattuso, le cose sono cambiate fin da subito. Non è una questione di applicazione e/o foga da parte dell’allenatore, è un discorso di atteggiamento in campo. Di gioco. Di tattica. Il Napoli che abbiamo intravisto è una squadra che vuole tenere sempre alta la velocità del proprio calcio, in fase offensiva e difensiva. È una squadra che potrebbe diventare meno “meccanica” nelle sue azioni rispetto a quella di Sarri, ma che in partenza cerca di rispettare principi di gioco simili – il pressing ultraoffensivo e il possesso palla. E, soprattutto, è una squadra determinata a imporre la qualità tecnica dei suoi giocatori aumentando la frequenza del proprio gioco.

Ritorno al passato

Anche i dati confermano queste considerazioni: contro il Parma, il Napoli ha effettuato un totale di 731 passaggi riusciti su 800 tentati, mentre la sua media stagionale in Serie A è di 564 (record del campionato); di questi, 769 sono stati corti, quando la media stagionale in Serie A è di 521. È solo l’inizio, ma certi numeri sono autoevidenti. E segnano la strada.

Non sarà facile portare a termine quello che è a tutti gli effetti un ritorno al passato – almeno temporalmente, e per alcuni aspetti. Servirà tempo per capire se Gattuso sarà in grado di riattivare certi meccanismi che Ancelotti aveva dato per scontati, pensando più ad ampliare il ventaglio delle alternative piuttosto che concentrarsi – e concentrare il proprio lavoro – su alcuni punti.

Evidentemente, i giocatori del Napoli avevano bisogno di questo tipo di approccio al gioco e al lavoro in allenamento. L’anteprima col Parma è stata promettente e sfortunata, ora c’è solo da aspettare per capire quali saranno i prossimi passi di Gattuso e di una squadra che ha scelto di non cambiare la sua identità.

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