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La lunga storia della Verona di estrema destra, dal sindaco ultrà allo stadio nero

Un’inchiesta del Post del 2018 racconta “la saldatura tra neofascismo, leghismo e cultura da stadio al potere in città”. A cominciare dal sindaco-ultrà

La lunga storia della Verona di estrema destra, dal sindaco ultrà allo stadio nero

All’ennesimo ululato Balotelli “s’è rotto” e ha lanciato un pallone verso la curva del Verona. Uno dei capi-ultrà, neofascista dichiarato, non potrà più frequentare il Bentegodi fino al 2030. La Procura di Verona ha aperto un’inchiesta per discriminazione razziale, e il giudice sportivo ha squalificato il settore incriminato per una partita di campionato.

E’ cronaca spicciola, e richiama di sfuggita un mondo nero, estremamente radicato, e per nulla sommerso: la Verona di estrema destra. Una città nella quale “la saldatura tra neofascismo, leghismo e cultura da stadio ha preso il potere e creato un contesto unico e pericoloso”. Quello che è di nuovo – nel 2019! – raccontato come fenomeno marginale, roba di una “quindicina” di razzisti e basta. E che invece è un bubbone enorme, perfettamente ricostruito in un’inchiesta di Giulia Siviero, del Post, del 2018, che va solo aggiornata con l’ultimo episodio.

Nell’inchiesta ci sono anche un paio di protagonisti del caso-Balotelli. C’è il sindaco Federico Sboarina, quello che era allo stadio e dice di non aver sentito gli ululati a Balotelli, e che dice che “la condanna a ogni forma di razzismo e di discriminazione è un punto fermo e irrinunciabile che è nel dna di Verona e dei veronesi”. E c’è il consigliere Bacciga, il promotore della mozione per diffidare legalmente Balotelli per aver diffamato la città. C’è soprattutto la storia di una città di estrema destra, che affonda le sue radici proprio allo stadio, e nella sua curva, quella definita “ironica” dal Presidente dell’Hellas Setti.

Gli anni 90
Una storia che comincia negli anni Novanta, quando la curva del Verona impicca un manichino nero alla balaustra per protestare contro l’acquisto di un giocatore nero. Sono “gli anni delle mozioni omofobe mai abolite e mai sconfessate, della prima edizione delle “ronde padane”, dei riti di riconsacrazione all’interno delle sale pubbliche utilizzate una settimana prima dalla comunità musulmana per celebrare la fine del Ramadan. Dei concerti finanziati dal comune delle band cosiddette “nazirock”, come i Gesta Bellica, e delle fiere della cosiddetta “editoria non conforme” “.

C’è Sboarina
La storia nera di Verona, la cultura di destra che ne pervade le fondamenta sempre più a fondo, cresce e monta fino alla Lega al potere, e fino al 2017, anno in cui viene “eletto sindaco Federico Sboarina. “Ex assessore allo Sport con Alleanza Nazionale durante la prima amministrazione di Tosi, Sboarina è stato sostenuto dal movimento “Battiti per Verona”, dalla lista civica “Verona più sicura”, da “Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale”, e poi da Forza Italia, Lega Nord, partito dei Pensionati e movimento “Indipendenza Noi Veneto”: formazioni trasversalmente attraversate da vecchi nomi che un tempo avevano sostenuto Tosi e, di nuovo, dai movimenti cattolici e conservatori”.

Sboarina, quello che condanna ogni discriminazione e razzismo, la notte della vittoria alle elezioni “ha festeggiato indossando una maglietta che a Verona rappresenta un simbolo e un messaggio ben preciso: la vicinanza alla destra radicale (…). È una maglietta blu con lo stemma delle arche scaligere in giallo, ha un nome (“Old School Verona”) e un marchio: The Firm, un negozio che si trova nella zona dello stadio e che è una Srls. «I soci sono Yari Chiavenato, ex responsabile di Forza Nuova con guai giudiziari per risse e aggressioni (indagato per il manichino impiccato allo stadio, ndr); Andrea Iacona, condannato per l’aggressione di piazza Viviani (un atto di violenza discriminatorio avvenuto nel 2009 da parte di un gruppo di ragazzi legati all’estrema destra e al tifo calcistico, ndr); Nicola Martello, problemi con la legalità per tifo violento, danneggiamento e lesioni; Omar Abd El Rahman, ex responsabile cittadino di Azione Universitaria, organizzazione studentesca di destra».”.

Il sindaco di Verona “è quello che a Verona si potrebbe definire un “butel”: è di destra, va «tutte le domeniche in curva, anche in trasferta», è cattolico e crede fermamente nella divina provvidenza”.

E poi c’è Bacciga, sì, quello della mozione contro Balotelli
Andrea Bacciga è un consigliere comunale, famoso per un saluto romano alzato in faccia alle attiviste di Non Una di Meno che protestavano contro una mozione antiabortista, e ora per la mozione anti-Balotelli. Bacciga è uno che ad un certo punto decide di donare alla biblioteca civica una serie di libri «identitari», “che fanno riferimento all’estrema destra e che sono finiti immediatamente nel catalogo nonostante la biblioteca avesse sospeso ufficialmente le donazioni”.

Ma soprattutto c’è lo stadio
“Lo stadio a Verona è sempre stato un vivaio dell’estrema destra che ha sfruttato, secondo alcuni, «gioventù, ignoranza e testosterone»”. Nonostante ancora in questi giorni si cerchi di vendere un’immagine giocosa della tifoseria dell’Hellas, già appena eletto il sindaco-ultrà Federico Sboarina deve “gestire con equilibrismo una faccenda che riguardava proprio la curva sud e il rapporto, di nuovo, tra le destre che stanno dentro e le destre che stanno fuori. Durante la festa dell’Hellas, infatti, i tifosi hanno cantato: «Siamo una squadra fantastica, fatta a forma di svastica». Poco prima un uomo sul palco, un capo degli ultrà che è anche il coordinatore del Nord Italia di Forza Nuova, Luca Castellini, aveva urlato: «Chi ha permesso questa festa, chi ha pagato tutto, chi ha fatto da garante ha un nome: Adolf Hitler!». Luca Castellini, esatto, quello che ora non potrà più frequentare il Bentegodi fino al 2030, perché tra l’altro va dicendo che “Balotelli non è del tutto italiano”. Lui.

E già all’epoca il sindaco provò ad argomentare che “la ricaduta immediata è quella di dare alla città e alla tifoseria dell’Hellas Verona un’immagine che non le rappresenta. Verona e i tifosi dell’Hellas hanno un alto concetto dei valori, conoscono i fatti che appartengono alla Storia e non meritano giudizi negativi superficiali»”.

La foto qui sotto è del 2014: alla festa dei tifosi della curva sud dei buontemponi pensano bene di parcheggiare le auto in modo da formare una svastica.

Verona auto a svastica

“Lo stadio – continua l’articolo del Post – è il luogo dove le destre hanno trovato un terreno fertilissimo. In uno dei dossier compilati dai gruppi antifascisti veronesi si legge che lo stadio «ha funzionato come un collante: simbolicamente l’attaccamento alla maglia è diventato l’attaccamento alla città, in una retorica che utilizza gli elementi tradizionali locali in forma di propaganda»: lesso e pearà (un piatto della tradizione) con la croce celtica, proverbi in dialetto sulle magliette della squadra, il dente di lupo nelle sciarpe”.

«La tifoseria veronese organizzata ha da sempre un’impostazione di destra, ma fino ai primi anni Novanta la componente politica era superficiale e ambigua. Alle tipiche canzoni e agli striscioni che si rifacevano alla matrice nazifascista si affiancava una forte componente che potremmo definire “nordista”: la tifoseria finì sulle cronache nazionali per i cori rivolti ai meridionali e per gli immancabili tafferugli che connotavano ogni fine partita. Dalla metà degli anni Novanta le cose cominciarono a cambiare: la componente politicamente schierata si fece sempre più forte coinvolgendo i tifosi più giovani, e cominciando ad ottenere il controllo dell’intera curva. Le prime avvisaglie di questo cambiamento sono state documentate dalla stampa nazionale, in particolare quando, nel 1996, venne impiccato in curva sud un pupazzo nero per contestare il possibile acquisto del giocatore olandese e nero Maickel Ferrier». Lo striscione che accompagnava l’azione recitava: «Il negro ve lo hanno regalato, fategli pulire lo stadio».

manichino curva verona

“Quell’anno allo stadio Marassi di Genova i tifosi della curva sud veronese esposero lo striscione con scritto “Gott mit uns”. Due anni dopo, nel 1998, quando l’Hellas stava trattando l’acquisto del calciatore brasiliano Ze Maria, alcuni tifosi raggiunsero in città il figlio del presidente e lo minacciarono perché rinunciasse. Allo stadio erano legati molti dei militanti che negli anni sono stati coinvolti in aggressioni e azioni violente, compreso l’omicidio Tommasoli; e allo stadio sono cominciate – o dallo stadio sono state sostenute – molte rilevanti carriere politiche locali”.

Il sindaco ultrà, appunto
Con tutti gli esponenti di estrema destra citati nell’inchiesta il sindaco ha una frequentazione “sportiva”: “Sono tutte persone che conosco da tanti anni, vado in curva tutte le domeniche, anche in trasferta. Verona non è una città così grande, fai anche presto, conosco tantissime persone, come conosco tantissime persone anche di sinistra e di centro, e con quei tipi di mondi (della destra non istituzionale, diciamo, ndr) ho buoni rapporti»”.

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