ilNapolista

Ancelotti ha guidato il Napoli in tempesta e l’ha condotto in porto da squadra vera

In questi venti giorni, ha evitato che il Napoli si schiantasse. Ieri sera ha vinto due volte: la squadra ha giocato per lui e il presidente ha finalmente lanciato un segnale

Ancelotti ha guidato il Napoli in tempesta e l’ha condotto in porto da squadra vera

 

C’è un magnifico proverbio che crediamo sia napoletano: “quanno ‘o mare è calmo, ogni strunz è marenaro”.

È perfetto per descrivere il lavoro che ha compiuto Carlo Ancelotti in queste due settimane di burrasca in casa Napoli. In politica accade spesso che vengano compiute analisi del linguaggio, soprattutto in campagna elettorale. Si va alla ricerca di parole chiave per stabilire su quali direttrici si è svolto il confronto politico, oppure su quali temi uno dei dei candidati ha particolarmente insistito. Le parole chiave per comprendere di cosa si è discusso, qual è stato il terreno su cui si è svolta la sfida. Se lo avessero fatto nelle ultime tr settimane del Napoli, sarebbero emersi quasi esclusivamente termini legati alla giurisprudenza, al diritto del lavoro, al mondo sindacale. Di calcio praticamente non si è parlato, se non per tirare i numeri a sorte – sbagliando – alla ricerca di chissà quali schemi di gioco. Il Napoli ha ovviamente giocato col suo 4-4-2.

In queste settimane caratterizzate da ammutinamenti, liti violenti, lettere di punizione con richieste di trattenute sullo stipendio, Ancelotti ha mostrato ancora una volta che non si vincono tre Champions per caso. Non è per caso che si svolge la propria carriera passando da un grande club all’altro. È in questo clima che Ancelotti ha costruito la straordinaria partita di ieri sera ad Anfield contro il Liverpool che fin qui in casa – tra Premier e Champions – aveva sempre vinto. Con le raccomandate presidenziali in arrivo o per alcuni già arrivate, Ancelotti ha mandato in campo undici calciatori pronti a sorreggersi l’un l’atro, a dimostrare di essere una squadra vera, coraggiosa, maschilmente con gli attributi. Per di più contro la squadra campione d’Europa e che sta dominando il campionato inglese.

Bisogna avere doti non ordinarie di saggezza, solidità, equilibrio, persuasione. Ieri mattina abbiamo proposto per Ancelotti il Nobel per la Pace. Ovviamente è un gioco, è una esagerazione. Ma essenziale per far comprendere la profondità del lavoro svolto dall’uomo di Reggiolo che conosce la terra e i tempi d’attesa. Sa che quando bisogna aspettare e quando accelerare.

Ieri sera, Ancelotti ha vinto due volte. Quando in campo il suo Napoli ha giocato tutti per uno, lasciando fuori dal terreno raccomandate, multe, ammutinamenti. Solo così si può uscire indenni da Liverpool. E al triplice fischio finale, quando è arrivato il doppio tweet di De Laurentiis che per la prima volta è tornato a farsi vivo dopo la serata post-Salisburgo. Ha fatto i complimenti ai giocatori – oltre che al tecnico, ovviamente, e ha chiuso scrivendo: “Non dobbiamo oggi parlare di misure societarie con i giocatori. Queste vicende le risolveremo tra noi senza pressioni o condizionamenti esterni”. «Incontrerà i giocatori – ha detto Ancelotti in conferenza stampa – è un segnale positivo».

Quei calciatori che, per alcuni, avrebbero in questo periodo giocato anche contro l’allenatore. Ieri sera è stata una risposta a tutti. Hanno giocato la partita che voleva Ancelotti, come voleva Ancelotti. Con dedizione, spirito di sacrificio, pronti a dare  qualcosa in più e a debordare dal compito loro assegnato. Sono stati una squadra. Chi un po’ conosce la fragilità dei calciatori in generale, può immaginare la portata dell’impresa e del lavoro che è stato svolto. L’accenno di rissa nei minuti di recupero, dopo la spinta a Di Lorenzo, hanno dato l’immagine di una squadra. Immagine che spesso è mancata.

In campo vanno loro ed è giusto tributare loro i meriti. Ma se in questi quindici giorni il Napoli non si è sfaldato e offerto a tutti i suoi avversari; se il giocattolo non è andato in mille pezzi, frantumato dall’autolesionismo di chi tirava unicamente dalla propria parte, i meriti principali vanno a un uomo solo. A una persona che davvero riesce a non farsi trascinare dall’ira né da altri stati d’animo. Il che non vuol dire essere arrendevoli o deboli. Una persona che, soprattutto, ha fiducia nel prossimo e nel lavoro. Col mare in tempesta, ha portato il vascello del Napoli in porto a Liverpool. Nonostante l’albergo del Napoli si chiamasse Titanic. E nonostante un piano del museo navale sia proprio dedicato al Titanic. In un porto, quello di Liverpool, peraltro splendidamente rivoluzionato, mentre noi a Napoli ancora parliamo di waterfront.

Ancelotti ha portato il vascello in porto nell’unico modo possibile. Coprendosi. Sapeva che questo gruppo aveva innanzitutto bisogno di autostima. Un pareggio a Liverpool vale oro. Fa comprendere nuovamente a questi giocatori che sono forti, che sono competitivi. Oggi bisogna quasi giustificarsi quando ci si difende. Una delle tante assurdità che siamo costretti a vivere a Napoli. Qui, a Liverpool, lo scorso anno cominciò il declino della prima stagione di Ancelotti a Napoli, su quella parata di Alisson a Milik. Questa sera il Napoli ha messo una grossa pietra per blindare la qualificazione agli ottavi di Champions. E forse – lo diciamo sotto voce – ha anche impresso un cambio di direzione nella marcia alla stagione. Sul campo e su Twitter. Non sarà da Nobel per la Pace ma poco ci manca.

ilnapolista © riproduzione riservata