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Gustaw Herling, lo scrittore polacco che considerava Napoli la sua seconda patria

Raccontò il Gulag e lottò contro le tirannie. Fortemente osteggiato e dimenticato per anni, Napoli gli dedica un festival

Gustaw Herling, lo scrittore polacco che considerava Napoli la sua seconda patria

A Napoli, dal 24 al 26 ottobre, si terrà un festival dedicato allo scrittore Gustaw Herling-Grudzinski. Organizzato dall’Istituto di cultura polacco in Italia con diverse istituzioni partenopee, celebra un uomo che, costretto a lasciare la Polonia da giovane a causa dell’invasione nazista, ha vissuto per la maggior parte della sua vita a Napoli.

Il Corriere della Sera ne traccia la storia.

Il rapporto strettissimo con Napoli

Con Napoli Herling ha avuto sempre un rapporto strettissimo. Qui ha sposato la figlia di Benedetto Croce, Lidia.

Sua figlia Marta racconta:

«Era affascinato dalla città con le sue luci e le sue ombre, amava esplorarne i segreti e le tradizioni. E più in generale ammirava l’arte e i paesaggi del nostro Paese, che era divenuto la sua seconda patria».

Il Gulag

Herling nacque nel 1919. E’ morto il 4 luglio del 2000. Quando Hitler e Stalin si divisero la Polonia, lui fondò un’organizzazione patriottica per combattere le tirannie.

Fu arrestato dai russi nel marzo 1940 e finì in un campo del Gulag all’estremo Nord della Russia, nella regione di Arkhangelsk.

Rilasciato dai sovietici nel gennaio 1942 dopo l’aggressione tedesca all’Urss e dopo un duro sciopero della fame per ottenere la libertà, aveva raggiunto i territori controllati dai britannici e aveva combattuto i nazisti in Italia. Poi aveva scelto l’esilio e l’opposizione al regime comunista di Varsavia, fondando con altri l’importante rivista «Kultura».

Il polacco come una pelle

Per anni è stato osteggiato perché testimone diretto del Gulag e delle analogie tra il regime nazista e quello sovietico, anche in Italia.

La figlia Marta ricorda che

«Solo negli anni Novanta la sua opera è stata riscoperta e valorizzata, soprattutto per merito di Francesco M. Cataluccio».

Nonostante l’esilio, Herling ha mantenuto sempre un rapporto strettissimo con la sua patria e ha continuato a scrivere tutti i suoi testi in polacco, lingua che per sua stessa definizione era come una “pelle sottile e tesa sul palmo della mano”.

Il festival napoletano rimedia in parte alla scarsa attenzione rivoltagli per anni, scrive il Corriere della Sera.

La figlia ricorda che era un patriota polacco

«ma estraneo al nazionalismo etnico. Anche per via delle sue origini ebraiche, insisteva sulla vocazione pluralista ed europea della Polonia: un richiamo che mi pare molto attuale»

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