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13 tiri, solo 4 in porta: i problemi del Napoli con le squadre bunker

L’analisi tattica di Spal-Napoli. La scelta di arretrare Milik ha eclissato Mertens. Il Napoli deve migliorare la fase offensiva in partite come questa

13 tiri, solo 4 in porta: i problemi del Napoli con le squadre bunker

Il ritorno del 3-5-2

Spal-Napoli è stata una partita tatticamente interessante, in cui la squadra di Ancelotti ha palesato (ancora) la sua inclinazione all’assoluta fluidità offensiva. Allo stadio “Paolo Mazza”, infatti, gli azzurri hanno attaccato con posizionamenti diversi lungo tutto l’arco della partita, in modo da provare a disordinare l’attenta difesa della squadra di Semplici. A loro volta, i padroni di casa sono stati estremamente lineari nell’applicazione dei loro principi e dei loro movimenti: difesa a tre che diventava a cinque in fase di non possesso; tre centrocampisti centrali; due attaccanti partecipi anche alla fase difensiva – Petagna, per esempio, ha messo insieme 10 eventi difensivi in 90′.

Il Napoli, come detto, ha alternato diverse opzioni. Se lo schema difensivo è rimasto inalterato (4-4-2), quello offensivo ha oscillato tra il 2-4-3-1 e il 3-5-2. Il primo caso si verificava quando i due laterali bassi si alzavano sulla linea del doble pivote mentre gli esterni alti venivano a occupare gli spazi di mezzo (e nel frattempo Mertens retrocedeva nello slot di sottopunta); il secondo caso si è verificato più frequentemente, grazie alle scalate di Allan nella posizione di terzo centrale difensivo. Si tratta di un cambiamento interessante rispetto allo spartito classico, perché di solito il Napoli utilizza uno dei due esterni difensivi in quella posizione. Stavolta, invece, è toccato a uno dei due componenti del doble pivote – quello meno dotato tecnicamente.

Il 3-5-2 del Napoli in fase di possesso: Allan agisce come centrale di destra, Malcuit e Di Lorenzo sono i quinti di centrocampo. Zielinski è il centromediano, mentre i due esterni offensivi vengono (Insigne e Fabiàn Ruiz) vengono a giocare negli halfspace, nello slot di mezzala.

In questo modo, Ancelotti ha cercato di aumentare gli scambi veloci nelle zone centrali e ha permesso a Insigne ed Elmas di avere maggiore libertà di entrare nel campo, senza però limitare la spinta di uno dei due terzini. Dal punto di vista puramente numerico, questa soluzione ha consentito a Insigne di entrare molto nel vivo del gioco: il capitano del Napoli ha giocato 73 volte il pallone.

Al di là di una prestazione non eccellente da parte di Insigne, il dato sui palloni giocati è significativo, perché sottolinea l’evanescente partita di Elmas dall’altro lato del campo (appena 22 palloni giocati). Il Napoli visto ieri a Ferrara non è stato asimmetrico, non ha utilizzato una fascia più di un’altra per costruire gioco (35% di azioni sulla destra e 36% sulla sinistra secondo i dati di Whoscored); quindi, il fatto che Elmas non abbia minimamente inciso sul match di Ferrara è assolutamente da addebitare al centrocampista macedone.

La mappa posizionale di Elmas: solo 24 tocchi, solo sulla fascia destra e nel mezzo spazio di centrodestra.

La prestazione dell’ex Fenerbahce è negativa soprattutto in relazione al fatto che quello di interno destro è teoricamente il suo ruolo. È come se il Napoli si fosse posizionato in campo per agevolarlo, eppure lui non ha sfruttato l’occasione. Non a caso l’ingresso di Fabían Ruiz, un calciatore più impattante, e che come Elmas si esalta in quella zona di campo – in realtà lo spagnolo ha la qualità per esaltarsi praticamente ovunque – ha contribuito a cambiare l’inerzia della gara nella ripresa. Anzi, ha spinto il Napoli a insistere su quella dinamica tattica.

Problemi offensivi

Al termine della partita, Ancelotti si è detto soddisfatto della prova del Napoli. Ha aggiunto che la sua squadra non è riuscita a creare le occasioni buone per concretizzare una buona prestazione. Il tecnico azzurro ha letto bene la partita, i dati lo confermano: il Napoli ha concesso solo 2 tiri in porta alla Spal, il gol di Kurtic e il colpo di testa su calcio d’angolo di Vicari – su cui Ospina ha compiuto una grande parata. È indice di una buona prestazione difensiva, perché tutte le altre conclusioni sono state ribattute (4) oppure sono nate al termine di azioni casuali o nate da calci piazzati – in questo senso non va dimenticata la traversa colpita da Petagna in avvio direttamente su punizione.

Le mancanze del Napoli sono state puramente offensive. Anzi, di finalizzazione. Gli azzurri hanno tentato 13 volte la conclusione e solo per 4 volte hanno centrato lo specchio della porta. Il palo di Fabían Ruiz è l’occasione più grande costruita a parte il gol di Milik, solo che la conclusione dell’ex Betis va considerata come un tiro fuori dallo specchio, almeno a livello statistico. Ecco, il punto è proprio questo, e Ancelotti l’ha centrato benissimo nel postpartita. Dopo aver fatto sfogare la Spal nel primo tempo e aver preso possesso della partita nella ripresa, il Napoli ha fatto fatica a costruire azioni da gol pulite. Ripetiamo, il dato dei tiri in porta del Napoli si ferma a 4. Espandiamo il dato, però: tutti questi tiri sono opera di Arek Milik.

Il gol di Milik.

Questa cifra, la posizione del centravanti polacco e la sua interazione con Mertens rappresentano l’altro tema tattico di Spal-Napoli. Il gol nasce dal suo particolare modo di intendere e interpretare le attribuzioni della prima punta: come si vede sopra, in occasione del suo gol, Milik lascia sguarnito il centro dell’attacco, riceve il pallone da Allan in posizione da trequartista e poi spara verso la porta col sinistro, da fuori . Una bella realizzazione, che però va incrociata con gli altri dati, soprattutto quelli riferiti a Mertens, e con la mappa posizionale (sotto) dell’ex attaccante dell’Ajax.

Come si evince dal campetto, Milik ha toccato molti palloni (50, Mertens si è fermato a 28). E l’ha fatto soprattutto nella zona a ridosso dell’area di rigore avversaria. In pratica, Arek ha agito come seconda punta, come attaccante associativo, mentre Mertens ha avuto il compito di muoversi alla ricerca della profondità, per creare spazi che i compagni potessero aggredire e/o per contribuire al gioco in maniera creativa. Uno scambio di ruoli e prospettive che ha contribuito a sbiadire la prestazione di Mertens.

Posizione media e palloni giocati da Arek Milik: centravanti, ma a modo suo.

La sensazione, confermata anche dai dati, è che questa scelta di Ancelotti non sia stata del tutto giusta. O almeno, ha messo Milik al centro della scena, ma ha finito per eclissare Mertens. Il belga non ha mai tirato in porta, ma soprattutto ha messo insieme solo 2 passaggi chiave e addirittura zero dribbling tentati in tutta la partita. Di fatto, è stato penalizzato. È come se Dries si fosse visto occupare entrambe le zone in cui sa essere determinante dal compagno di reparto: l’area creativa a ridosso dell’area di rigore e poi gli spazi di conclusione – in cui Milik si muove con una fisicità molto più spiccata.

Non a caso, nel finale, Ancelotti ha inserito Llorente al posto di Mertens e non di Milik. Certo, c’entra anche la stanchezza accumulata dal belga a Salisburgo nel match di Champions, ma su questa valutazione ha inciso anche un accoppiamento che ha un po’ svuotato l’area, una strategia non proprio funzionale contro una difesa come quella della Spal – tre uomini fissi in linea, mentre le scalate sono appannaggio dei due interni e degli esterni a tutta fascia. L’inserimento nel finale di Llorente, di nuovo, cercava proprio di “coprire” questa lacuna. Ma il tempo non è bastato.

Conclusioni

Il Napoli torna da Ferrara con il rammarico di non aver vinto una partita gestita bene, soprattutto nella ripresa. Il risultato è abbastanza casuale, ma come detto alcune scelte non hanno pagato, quindi il pareggio non deve sorprendere più di tanto. La squadra di Ancelotti ha ormai acquisito una forma definita e solida quando deve difendere, e ha l’ambizione di cambiare pelle in fase offensiva rispetto al contesto – dove per contesto si intende la combinazione di diversi fattori, per esempio la forma e l’impostazione degli avversari, il turn over e varie modifiche al piano partita. Solo che questa filosofia di riferimento rende più difficile venire a capo di avversari che si chiudono. Che sono strutturati solo per inibire il gioco avversario.

Non a caso, il Napoli non ha portato a casa il risultato pieno contro Cagliari, Genk, Torino e Spal, oltre alla Juventus. Tutte squadre che hanno affrontato gli uomini di Ancelotti con un sistema puramente speculativo. Questo non è un alibi per il Napoli, piuttosto sottolinea su cosa deve lavorare il tecnico azzurro: migliorare ancora la fase offensiva per alcune partite, quelle in cui gli episodi non sorridono e/o il talento dei giocatori non determina positivamente il risultato.

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