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Alla Juve il re Sarri è nudo, lui e gli pseudo rivoluzionari che ne hanno fatto Che Guevara

Finisce (se va, ma anche se non va) con l’umiliazione per chi, in malafede, ha giocato a inseguire il mito del Che in tuta, remando tutto l’anno contro il Napoli di De Laurentiis e anche contro Ancelotti

Alla Juve il re Sarri è nudo, lui e gli pseudo rivoluzionari che ne hanno fatto Che Guevara

Non poteva che finire così.

Con l’umiliazione più grande per chi, in malafede, ha giocato ad inseguire il mito del Guevara in tuta, esaltando, ben oltre i pur grandi meriti sportivi, l’immagine di un allenatore divenuto, d’un tratto, eroe, profeta e santo.

Non poteva che finire così, con la più eclatante nemesi e la più incredibile delle giravolte da parte dei proseliti, rivoluzionari di sta cippa, che per un anno intero hanno portato in gloria un allenatore che, titolo in ballo, firmava un contratto “per arricchirsi” con il Chelsea, rifiutando incontri per discutere di rinnovi e senza il coraggio di ammettere una verità palese a tutti, ma celata da molti.

La verità è che Maurizio Sarri, nato a Bagnoli 60 anni fa, è sempre stato questo: un toscano sveglio, sgarbato ed intelligente, il cui unico obiettivo è stata la carriera, la crescita personale e, diciamolo senza ipocrisie, il conto in banca.

Napoli gli ha dato la grande opportunità

La sua grande opportunità di scalare la piramide sociale, il Guevara in tuta l’ha avuta grazie a quella società ed a quel presidente che non ha esitato a rinnegare tre anni dopo: alimentando, forse consigliato da qualche procuratore, un clima surreale dove si recriminava alla società l’addio di un allenatore che da cinque mesi non rispondeva alle proposte di rinnovo.

E così, la vulgata dei social e degli intellettuali dall’indole proletaria (e dal portafogli ben saldo nel taschino) ha completamente rimosso i particolari dell’addio, provando altresì a costruire la fake news dell’esonero saputo in diretta tv; e poi, in un’estate melodrammatica, a minare la tranquillità dell’ambiente Napoli e la professionalità di Carlo Ancelotti con la patetica ossessione del paragone col vecchio ciclo.

A nulla è bastata la VERA signorilità di chi, con la storia personale dell’uomo di sport che non deve dimostrare niente a nessuno, non ha mai rivendicato un curriculum di vittorie, gran calcio ed ammirazione mondiale, entrando in un punta di piedi in un ambiente di un provincialismo, a tratti ridicolo, senz’altro irritante.

E abbiamo perso un anno a contestare la società, colpevole di essersi fatta scippare uno scudetto; un allenatore, che con tre Champions vinte,ha dovuto rispondere per 12 mesi a domande sul 4-3-3 di Sarri e sulla posizione di Tizio o Caio rispetto all’anno prima. E alle vergognose allusioni ad una pensione, al sistemare il figlio e parte della famiglia.

Un anno intero a tramare contro la società

Emuli perfetti del loro idolo di cartapesta, sostanzialmente sconfitto dalla realtà, quando da ottobre ha dovuto fare i conti con l’impossibilità di esportare il suo sarrismo anche oltremanica: ed infatti, checché ne abbiano detto gli adulatori, il Sarriball è stato un esperimento fallito, sacrificabile sicuramente di fronte alla prospettiva di un esonero.

La bravura, certo, di un Sarri maturo non si discute: hai Hazard, fai bene a dargli palla e a dirgli “ragazzo, fa’ tu”. Ma cozza, ed è iconico, con la narrazione di quanti celebravano video di possesso palla sterile in casa contro l’Huddersfield e, d’altra parte, si lamentavano del ‘presunto’ non gioco di Ancelotti.

Ma veniamo ad oggi: sic transit gloria mundi, direbbe qualcuno. Di certo non Sarri, che ancora una volta, dinnanzi alla possibilità del riconoscimento di diventare l’allenatore della Juventus, ha messo da parte tutto quanto lui (in parte) e la sua pletora di adepti avevano costruito.

E ora Sarri andrà alla Juve

Sarri andrà alla Juve, alla quale si è promesso più di un mese fa. Prima ancora di dedicare – che ipocrisia! – la vittoria della Coppa Uefa ai tifosi napoletani: lo si leggeva negli occhi, abbassati come l’anno scorso, quando gli si chiedeva del futuro.

Come si confà ai pavidi. Testa abbassata, dichiarazioni lasciate trapelare tramite giornalisti amici, mezzi sorrisi e trepidante attesa che colui che è stato il tuo rivale per anni oggi ti chiami a lavorare per lui.

Nulla di nuovo: come lasciò Empoli dopo un pranzo a Sorrento con De Laurentiis, come lasciò Napoli dopo una serie di incontri segreti con Marina a Londra, così lascia la Premier (oh, che strano. Mi sembrava di ricordare dichiarazioni sulla bellezza di allenare lì) per approdare alla Juventus, tradendo l’indole capitalista e provinciale di chi prima finge distacco dal potere e poi non vede l’ora di lavorarci.

Guido Clemente di San Luca ha parlato di un Sarri ammaliato dal potere: la realtà è che siete stati voi ad essere stati ammaliati da un’idea troppo comoda, quella di poter essere al tempo stessi contestatori senza perdere l’etichetta di tifosi.

Il Re é nudo

Anche per chi, come chi scrive, ha ammirato Sarri e si è innamorato di quel calcio e di quegli anni

Il Sarrismo, con tutto il suo carico di goliardia spacciata per sacralità, è morto. Non ci sarà più spazio per l’uso strumentale della figura dell’allenatore che ha profetizzato lo smantellamento della rosa. Non ci saranno più i cospiratori, aizzatori d’odio e venditori di verità assolute; né i tanti, in buona fede, che non avevano capito la verità. Cioè che dietro un mito c’è sempre un uomo, con le sue ambizioni ed i propri valori: e che sono pochi quelli che anteporrebbero questi ultimi alle prime.

La distruzione dell’idolo ha in sé un potere salvifico: ce l’avrà a Napoli, dove il 14 giugno potrebbe finalmente rappresentare la liberazione dal sansarrismo e dalle sue storture, incapaci di rendere giustizia ad un triennio magnifico, tirato in ballo al solo fine di distruggere il presente e minare la costruzione del futuro.

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