Franchi nella sua rubrica parte dai messaggi social contro Sarri alla Juve e spiega che con questa filosofia Sacchi, Guardiola e Mourinho non avrebbero avuto una panchina per dimostrare quante buone idee avessero
Arturo Franchi nella sua consueta rubrica sulla Gazzetta dello Sport, “Porto Franco”, si sofferma sulla pressione mediatica che viene fatta tramite i messaggi sui social
Messaggi come
FINOALLAFINE…#NOsarriNO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
che esprimono “la sfiducia preventiva, che si spinge fino al disprezzo e oltre, nei confronti di ipotesi di nuovi allenatori (accade meno frequentemente anche per giocatori). Il motivo è che le scelte dei club, spesso nemmeno annunciate, ricadono su tecnici ritenuti impuri perché contaminati da precedenti rapporti di lavoro con società rivali oppure colpevoli di dichiarazioni polemiche non dimenticate o, infine, perché ritenuti non vincenti.
Porta diversi esempi tra cui Ancelotti che fu accolto alla Juve con un bello striscione «Un maiale non può allenare». Mentre oggi, ricorda Franchi, non basterebbe un’intera rubrica per citarne i titoli.
Stesso trattamento riservato anche a Conte e Allegri accolto dall’hashtag #noAllegri, anche loro qualche trofeo lo hanno poi vinto.
Guai a inserire la parola professionismo in questi discorsi di pancia: si rischia di fare la figura degli ingenui, se non degli scemi.
Singolare la vicenda di Maurizio Sarri, il cui documentario realizzato sul periodo a Napoli potrebbe essere addirittura ritirato qualora approdasse sulla panchina della Juve.
Che cosa vuole il tifoso medio italiano dal suo allenatore? Che vinca. E chi vince secondo lui? Chi l’ha già fatto altrove, meglio se ripetutamente: questa è la risposta, confezionata con un unico ingrediente, il conformismo. Con questo criterio, non solo Conte, ma nemmeno il Sacchi post Parma o il Guardiola esordiente, e nemmeno il Mourinho portoghese, avrebbero mai meritato una panchina per dimostrare quante buone idee avessero.