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Possiamo aspettare giovedì prima di abbandonarci ai deliri funerei sul Napoli?

Sì, il Napoli continua a non saper distinguere tra le partite importanti e quelle decisive. Sì, forse Ancelotti ha sbagliato ma – come disse quel tale – sbagliando si insegna

Possiamo aspettare giovedì prima di abbandonarci ai deliri funerei sul Napoli?

Comprendo il ritmo frenetico della vita moderna, ma credo che si possa, con un filo di pazienza, attendere giovedì notte per capire qualcosa in più della stagione calcistica azzurra, senza abbandonarsi ai consueti deliri funerei.

Una cosa è chiara e non è ancora mutata: il Napoli continua a non saper distinguere tra le partite importanti e quelle decisive. Le prime galleggiano nel mare di impegni dell’inizio dell’anno pallonaro, sono incontri intensi nei quali, tuttavia, nulla è totalmente vinto o definitivamente perso. Le seconde richiedono la dose necessaria di gastriti per attraversare un tunnel spaventoso di sensazioni e sentimenti e uscire alla luce del sole senza troppi acciacchi, ancora in carreggiata o fuori strada per sempre. Non c’è nessuna novità rilevante, a riguardo. La squadra in passato ha addirittura vinto due gironi d’andata perdendo poi quelli di ritorno e, nella sua storia recente, solo in tre occasioni è riuscita a concentrare totalmente il suo impegno nei tempi e nei luoghi giusti, vincendo due finali di Coppa Italia e una di Supercoppa – i famosi trofei inutili, a dire dei medesimi tifosi e addetti ai lavori oggi sconcertati dalle recenti prestazioni partenopee e improvvisatisi vattienti con qualche giorno di anticipo.

Finora neppure Carlo Ancelotti ha saputo invertire la direzione di questa psicosi napoletana, per quanto non tutto mi sembri buio pesto. Con Mazzarri un trofeo giunse in uno spogliatoio giovane, con Benitez i risultati arrivarono in un ambiente fresco e sostanzialmente rimodernato, in cui moltissimi erano chiamati a provarsi capaci di mettersi in gioco, trascinando verso questa evoluzione anche i senatori. Il Napoli di oggi è nuovo quanto a metodo di lavoro e schemi di gioco, ma non negli uomini. Non è infatti un caso che il più nuovo di tutti, Meret, sia stato un autentico gigante nella scorsa partita di giovedì sera.

La mia età mi vieta ormai di nutrire irragionevoli speranze ma potremmo provare, una volta nella vita, ad avere qualche ora, se non qualche mese, di pazienza. Ancelotti – che rimane il migliore in circolazione, con o senza questa avventura – può senz’altro aver sbagliato ma, come diceva qualcuno discretamente intelligente, sbagliando si insegna. Proviamo quindi a berci una cosa forte, un rosolio o un goccio di limoncello rimasto, evitare le classiche sceneggiate di cui ci innamoriamo e vivere quello che va vissuto. È tutto appeso ad un filo, ma se ci concentriamo a fare il tutto esaurito, magari, rischiamo di imparare qualcosa.

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