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Napoli e il Napoli sembrano immobili, invece si muovono verso il futuro

Roma-Napoli in treno leggendo “Transiti” di Rachel Cusk: “ma forse il futuro può attecchire solo sulle nostre ferite”. Frase perfetta per noi tifosi

Napoli e il Napoli sembrano immobili, invece si muovono verso il futuro
Hermann / KontroLab

“Ma forse il futuro può attecchire solo sulle nostre ferite, ha detto.” La frase la si legge nella prima parte di Transiti di Rachel Cusk (Einaudi, 2019, trad. Anna Nadotti). Il libro è molto bello (sono quasi alla fine), così come lo è quella frase; lo è per suono, per impatto, per significato e per la sua applicabilità (o inapplicabilità). Tra le altre cose, leggendo, ho pensato a Napoli e poi al Napoli; si dice che nella nostra città si resti ancorati al passato – tra l’altro quasi sempre senza conoscerlo -. Si resterebbe cioè attaccati al passato per via di qualche principio, del profumo della nostalgia, per il fatto che il passato ci renda malinconici e irrimediabilmente romantici. Tutto vero, eccetto per un piccolo dettaglio: Napoli si muove. Si regge sul vuoto e sull’acqua già questo basterebbe a spiegare che si evolve di continuo, che lo si voglia o meno, che ce se ne accorga o meno. Napoli non è mai uguale e non siamo uguali nemmeno noi. Il passato e il futuro sono una cosa sola e si accompagnano.

Se il futuro può attecchire solo sulle nostre ferite, allora farà presa, si manifesterà anche dopo la fine di una storia d’amore bellissima. Dopo Maradona non è accaduto il futuro? Certo che sì, a volte ci è piaciuto, altre molto meno, altre ancora per niente, eppure il futuro era lì, a volte si chiamava Montervino, altre Cavani, altre ancora Hamsik, altre Benitez, altre Sarri. Il futuro adesso si chiama Fábian, si chiama Koulibaly, si chiama Ancelotti. Il futuro viene e fa quel che vuole, se ne importa delle ferite ma anche delle gioie, delle risate.

Pensavo a queste cose in treno, ieri pomeriggio, tornavamo da Milano. Il Napoli stava vincendo 1 a 0. Ho continuato a leggere il libro di Cusk, la partita non mi preoccupava per nulla, Ancelotti mi dà una certa tranquillità e la Roma di questa stagione non è niente di che. Il futuro mi ha detto di controllare verso la fine del primo tempo, 1 a 1, ho detto ad Anna. Ho continuato a leggere. Mi sono detto di non guardare il risultato prima di aver avanzato di un’altra ventina di pagine, non era il caso di perdere tempo. Cusk modifica la struttura del romanzo contemporaneo, anche lei viene dal futuro pur essendo nata nel 1967. Di pagine ne ho lette trenta e poi ho ripreso il telefono. Sulla destra della videata, lato squadra in trasferta, c’erano una serie di nomi, buon segno, il Napoli era già 3 a 1, la partita era nelle nostre tasche. Ho mostrato il telefono ad Anna che ha sorriso; non le interessa il calcio è solo contenta per me.

Vado avanti a leggere, il libro è ambientato a Londra, penso subito all’Arsenal e alla prossima sfida, ma poi accantono quella suggestione con un gesto della mano. Arriviamo a Venezia che il Napoli ha già vinto, ha segnato un altro gol. Scrivo sui social il mio solito saluto e scendiamo dal treno. Il saluto viene ritwittato molto di più se si vince, la gente è prevedibile.

Mentre scrivo mi mancano una trentina di pagine alla fine di Transiti, titolo applicabile anche alla nostra vita da tifosi, questo facciamo, transitiamo da una passione all’altra dichiarando di amare solo la maglia, che è la verità, ma il bello del calcio sta anche nel farcene dimenticare ogni tanto, da queste dimenticanze vengono le cicatrici per le partenze di chi abbiamo amato particolarmente. I campionati, però, proseguono, nostro malgrado; le ferite si rimarginano, il futuro è bello anche per la sua noncuranza.

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