E’ accaduto davvero, in un torneo Pulcini 2008. Quanta strada ancora c’è da fare nel calcio femminile?
“Noi un solo problema teniamo: il portiere. Si è fatto segnare da una donna”.
Non avrei mai pensato di ascoltare una frase del genere nel 2019, per giunta pronunciata da una donna, mamma di un piccolo calciatore di appena dieci anni.
Torneo di Pasqua, categoria Pulcini 2008. Due squadre in campo, tutti maschi, tranne una femmina. La femmina segna (un gran bel gol, tra l’altro) e i mugugni tra le mamme della squadra che ha subìto gol iniziano. Una, in particolare, dà addosso al portiere, reo della più grande onta al mondo, secondo lei: essersi fatto fare gol da una calciatrice con lunghi e fluenti capelli castani.
I ragazzi in campo sentono il commento della mamma ‘medievale’ e, quasi tutti, colgono al volo l’assist che li rende esenti da ogni colpa. Tutto risolto: la colpa è del portiere.
Al gol della piccola calciatrice ne seguono altri e i piccoli perdono. Non è dunque il gol in gonnella il responsabile della debacle, eppure quel gol è l’unico su cui si punta l’attenzione.
La diatriba continua dopo, al bar, dove i piccoli sconfitti attendono il turno successivo del torneo. Entrano buttando a terra sedie e dando calci al tavolo. Sono incazzati neri: “Non si può prendere gol da una donna”, continuano a ripetere.
Eppure, le donne, nelle categorie Pulcini ed Esordienti, accade spesso che vincano. Entrano in campo con una grinta superiore, una prepotente e affascinante fame di affermazione e di gol. Portano con sé, sul terreno di gioco, una battaglia per la parità dei sessi che va avanti da decenni. Forse è proprio questo il segreto.
Certo è che le vedi correre come se non ci fosse un domani, puntare caviglie e polpacci degli avversari maschi, affermare, in campo, che la superiorità fisica dei maschietti è tutta un’invenzione, che nulla, nella realtà, è impossibile, per loro. È la potenza delle femmine, soprattutto quando giocano in una o due categorie sotto, per una convenzione imposta da un mondo tutto al maschile che le ritiene incapaci, fisicamente, di giocare contro loro pari di età.
Vincono perché non hanno paura, perché sanno fare squadra, perché a livello di testa, questo è fuori discussione, sono superiori. Perché si allenano meglio, perché sanno che nella vita, in qualità di femmine, dovranno sempre lottare per affermarsi. Perché non si scoraggiano, fanno corpo, con tutte le morbidezze del loro fisico femminile. Spesso non mancano di umiliare gli avversari, che quando le hanno viste in campo, a inizio gara, hanno pensato “queste le battiamo in un nanosecondo”, perdendo però, poi, parecchio a zero.
Tornando ai piccoli pulcini aizzati dalla ‘mamma medievale’. Il mister è intervenuto subito, sulla polemica dei piccoli perdenti. Ha urlato contro di loro vietando di attribuire la colpa della sconfitta a un solo elemento della squadra. Ha ricordato che la palla è rotonda e che nel calcio si può vincere o perdere e che le sconfitte della vita sono altre, ed è su quelle che bisogna concentrarsi, non su queste piccole partite che servono solo a divertirsi.
Mai una volta, però, ha fatto accenno al sesso dell’autrice del gol. Ho interpretato anche questo come un tabù. Come se fosse vietato dire che a segnare quella gran rete fosse stata una donna. Una bellissima decenne con i capelli lunghi vestita con un completino uguale a quello di altri sei compagni maschi.
Perché non sottolinearlo? Perché perdere l’occasione di dire: uomini o donne non fa differenza purchè si giochi bene, con grinta, mettendo in pratica ciò che si impara in settimana durante gli allenamenti?
C’è ancora tanto da lavorare per far crescere il calcio femminile, ma soprattutto per sradicare dalla società la concezione dell’inferiorità delle donne. Il tabù secondo il quale le donne non devono giocare a calcio e neppure parlarne.
Se sono prima di tutto le mamme a considerare una vergogna che una ragazzina possa trafiggere un portiere, quanto ancora c’è da fare?