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Parlare di fallimento è da Tso, ma il Napoli di Ancelotti poteva e può fare meglio

Empoli e Genoa sono state due partite bruttissime in un girone di ritorno deludente. L’Arsenal ci farà capire il reale livello di crescita della squadra

Parlare di fallimento è da Tso, ma il Napoli di Ancelotti poteva e può fare meglio
Salvatore Laporta / KontroLab

Se è preoccupato Ancelotti…

Se è preoccupato Carlo Ancelotti, figuriamoci gli altri. Le dichiarazioni dell’allenatore del Napoli ieri sera a fine partita non possono non essere la stella polare di qualsiasi ragionamento attorno alla squadra. Squadra che, dopo aver vinto in scioltezza 4-1 a Roma, ha giocato probabilmente le due più brutte partite consecutive della stagione. Una dietro l’altra. A Empoli, con la sconfitta per 2-1. E in casa contro il Genoa in un’ora in dieci uomini: punteggio finale 1-1. Con alcuni calciatori chiave apparsi svagati: su tutti Koulibaly ma anche Allan.

È presto per tracciare un giudizio complessivo della stagione. Si può dire, però, che nel girone di ritorno il Napoli ha totalizzato 20 punti in 12 partite. Otto meno rispetto all’andata. Pochini. Una media che porterebbe il Napoli a poco più di 60 punti a fine campionato. Per fortuna, il Napoli ha tenuto complessivamente un altro ritmo e a sette giornate dalla fine ha la Champions in tasca e sette punti di vantaggio sull’Inter.

Lasciamo stare quelli in malafede

En passant, parlare di fallimento è delirante. Escludendo la malafede, serve il trattamento sanitario obbligatorio. Così come parlare di esonero per Ancelotti se si fosse chiamato – chessò – Di Francesco. Solo al Real Madrid il secondo posto è un fallimento. Va bene tutto, ma non esageriamo. E non dimentichiamo quel che è stato fatto in Europa. Che da noi è considerata un’uscita di servizio, ma è un problema nostro. Un limite nostro (e per nostro intendiamo del nostro ambiente).

Però una stagione vive anche e soprattutto di emozioni. E di processi di crescita. Per ora, limitiamoci al campionato e facciamo finta di dimenticare che il Napoli ha giocato una Champions da leoni. Fin qui, nonostante lo zoccolo duro di scettici, il Napoli ha quasi sempre mostrato gioco, anche nelle partite che non è riuscito a vincere. E pensiamo, nel girone di ritorno, a Fiorentina e Torino. C’è stato l’orrore di Reggio Emilia contro il Sassuolo. Le brutture di Empoli e in casa col Genoa. Ma ci sono state anche le scintillanti vittorie su Lazio e Roma. E poi la sconfitta contro la Juventus, partita che è stata coperta dal clamore per le decisioni arbitrali. Ma che andava sviscerata meglio.

Il Napoli in campionato avrebbe potuto e dovuto fare di più. Non ci piove. Non dare l’impressione – spiacevole – di aver mollato anzitempo. Dopo peraltro aver seccamente smentito i pronostici di tifosi e addetti ai livori. E diciamo questo nonostante le assenze di centrocampo. È fisiologico che quando le cose non girano verso per il giusto, emergano i malumori per le cessioni. Financo per Rog fino al giorno prima definito il nulla assoluto.

L’Arsenal

Ora c’è l’Arsenal. Una doppia sfida che va letta sui 180 minuti. Non sui 90. A Napoli si è fatto un dramma dell’inutile sconfitta a Salisburgo. Si può però dire che alla doppia sfida con l’Arsenal ci si poteva arrivare con una diversa condizione mentale. Ovviamente non siamo nella testa dei calciatori. Non sappiamo se loro già avvertono dentro di sé l’importanza del match. Se sanno perfettamente come comportarsi. Se le fibre dei muscoli sentono che faranno faville in quei 180 minuti. In questo girone di ritorno, il Napoli ha brillato contro le romane. Nell’altra partita importante, contro la Juventus, a giudizio di chi scrive ha deluso. Al di là dell’arbitraggio. È quella sconfitta il più importante campanello d’allarme in vista della partita all’Emirates.

Poi ci sono anche Empoli e Genoa. Ma non possiamo stare nella mente dei calciatori. Al Napoli serve un vittoria che spezzi l’abitudine alla sconfitta. Ed è qui che conta, pesa – e tanto – Carlo Ancelotti. Arsenal-Napoli sarà la prima importantissima partita da quel Liverpool-Napoli che ci vide sconfitti e allontanati dalle luci della ribalta. Può essere, potrebbe essere, che il Napoli abbia sofferto il ritorno a palcoscenici peggio illuminati. Non può essere un alibi. Quando si scende di categoria, bisogna mostrare la ferocia indispensabile per tornare su.

Giovedì, sia pure in Europa League, il Napoli torna a giocare una partita con la p maiuscola. Una partita, nel senso di sfida sui 180 minuti, che può valere una stagione. Che può contribuire in maniera determinante a migliorare l’autostima del gruppo. Sarebbe stato preferibile arrivarci con almeno se-sette in più in campionato. E se non è accaduto, la responsabilità è solo ed esclusivamente del Napoli. Che ha sì raggiunto l’obiettivo principale – la qualificazione in Champions (oggi scontata, ad agosto tutt’altro: non dimentichiamo i canti funebri estivi) – con mesi d’anticipo ma che in pochissime occasioni ha realmente scaldato i cuori.

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