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Il Napoli ha perso, ma ha imparato tanto dal viaggio Champions

Non abbiamo varcato le colonne d’Ercole ma non siamo quelli che eravamo all’inizio del viaggio. È stata la forza del Napoli ad accendere l’illusione

Il Napoli ha perso, ma ha imparato tanto dal viaggio Champions

È stato il Napoli a costruire l’illusione

La nottata è passata, non nel senso eduardiano ma è ugualmente passata. Prendiamo atto della realtà: le colonne d’Ercole non le abbiamo varcate. Ma le colonne d’Ercole non sono un obiettivo elementare. Le colonne d’Ercole – termine che non abbiamo utilizzato a caso – sono “il limite della conoscenza”, i limiti che sono a noi noti. Geograficamente, le varcò Cristoforo Colombo con una traversata che ha riscosso un discreto successo storico. Due settimane fa scrivemmo che Liverpool-Napoli sarebbe stata una seduta di psicanalisi. Scrivemmo, tra l’altro:

L’11 dicembre si gioca una partita che è un esame per il Napoli. È la partita in cui la squadra potrà dimostrare di aver aggiunto realmente un tassello al continuo progresso di crescita in corso da anni.

È andata male. Lo abbiamo scritto ieri sera. E abbiamo fornito anche una spiegazione tattica di quel che è successo sul campo. Ora, però, dopo averci dormito, è secondo noi il caso di mostrare anche altre angolazioni.

È il Napoli, è stato questo Napoli, a darci l’illusione di poter varcare le colonne d’Ercole. Nessun tifoso, con le dovute eccezioni, al momento del sorteggio, avrebbe pensato di giocarsela fino all’ultimo secondo con Liverpool e Psg. Perché è andata così. Perché è a loro modo corretto il titolo del quotidiano di Liverpool: “Never in doubt”: la partita ha espresso una supremazia pressoché schiacciante. Ma il calcio è uno sport strano e il Napoli le sue occasioni per piantare la bandierina azzurra ad Anfield Road le ha avute. Le avrà avute perché Mané si è divorato l’impossibile, ma le ha avute. Il what if non deve valere per noi – con l’espulsione che sarebbe stata sacrosanta a Van Dijk – e quindi neanche per loro.

I limiti mentali

È il Napoli, dicevamo, ad aver acceso l’illusione. E lo ha fatto con la vittoria al San Paolo sul Liverpool. Vittorio sui vicecampioni d’Europa e sulla squadra che oggi è in testa alla Premier League. Ha giocato alla pari col Psg. Liverpool e Psg, per capirci, sono due squadre che la Juventus non saluterebbe con entusiasmo nel caso dovesse trovarsele nell’urna (anche ai turni successivi); la Roma partirebbe decisamente sfavorita contro entrambi.

Il Napoli ha confermato i suoi limiti mentali. Quei limiti storici di cui parliamo da anni sul Napolista. Ieri tremavano le gambe a tanti, non sapevano cosa fare col pallone tra i piedi. Hamsik ha perso palle sanguinolente; Albiol – che pure è stato commovente  nella ripresa – non ha mostrato l’autorevolezza che da lui ci si sarebbe aspettato, soprattutto in fase di costruzione; è scomparso Mertens; è evaporato Insigne; non si è visto Fabian Ruiz. Potremmo proseguire. Il migliore dei nostri è stato Ospina che pure ha commesso a nostro avviso un errore sul gol di Salah, ma che poi ha mostrato un coraggio e un tempismo felini: l’uscita sui piedi di Salah, nella ripresa, è un gesto tecnico che sbalordisce; e non è la prima volta che lo compie.

Guardare avanti ma anche indietro

Limiti che conoscevamo e che conosciamo. Ma il Napoli ha acquisito anche tanta consapevolezza. Consapevolezza di poter giocarsela contro due squadre che possono vincere la Champions. Non dimentichiamolo.

Siamo portati, anche noi del Napolista, a voler guardare avanti. Ed è giusto. È fisiologico, è umano. Ma dovremmo anche considerare questa dimensione, queste partite, come un premio per il Napoli. Conosciamo l’ambiente che ci circonda, ma non tutti la pensano allo stesso modo. Non sono pochi coloro i quali hanno ben chiaro che il Liverpool e il Psg sono superiori a noi e che il Napoli viaggia a una dimensione che va decisamente al di là della nostra storia. Ad Anfield si cresce, anche se si perde, anche se il Liverpool ci asfissia in ogni parte del campo.

Qualcuno potrebbe obiettare: ma quanto tempo ci vuole? Ce ne vuole, ce ne vuole. Il Chelsea, parliamo del Chelsea, il club di Abramovich uno dei presidente più spendaccioni nella storia del calcio, finì col vincere la Champions nove anni dopo aver acquistato il club e aver speso l’impossibile. Non parliamo di Moratti e della sua Inter. Potremmo citare il Psg che ancora non è riuscito a superare i quarti di finale.

No al “grazie lo stesso”

È giusto, secondo noi, evidenziare che ieri è stata una battuta d’arresto. Perché il senso di Ancelotti a Napoli è quello di abbandonare la retorica del “grazie lo stesso”, di tendere sempre al miglioramento e di guardare in faccia la realtà. Realtà che ieri Ancelotti ha fotografato perfettamente quando ha dichiarato: «Se avessero dovuto segnare due gol, ci avrebbero segnato due gol». È la frase dell’uomo di sport. Di chi sa che alla fine il risultato del campo non mente. Un risultato apre una strada. Anche lo 0-o di Belgrado. E si giudica la strada tracciata da quel risultato. Sarebbe stata un’altra storia con un altro risultato. È come se fossero tante sliding doors.

Il Napoli ha cullato il sogno di una impresa, perché di impresa si sarebbe trattato. Deve tornare a studiare. Non è ancora il tempo di quel salto di qualità, quello più complesso: migliorarsi quando sembra di essere già al massimo delle proprie possibilità. Ma deve anche essere consapevole di aver scoperto qualità di sé che non sapeva di avere. Con questa Champions il Napoli ha compiuto progressi importanti in Europa. Ha battuto il Liverpool e ha pareggiato due volte col Psg. Risultati non banali e che segnano un netto miglioramento rispetto al passato. È doveroso soffermarsi su quel che manca; è altrettanto doveroso notare i passi in avanti che sono stati compiuti.

La stagione del Napoli non è affatto terminata. È una delle tante sciocchezze sesquipedali che purtroppo ascoltiamo e leggiamo in queste ore. Figlie soprattutto della malafede, ben più dell’incompetenza. Ma dobbiamo osservare la realtà, non occuparci della fantascienza. Il Napoli ha una stagione importante davanti. È secondo in campionato. Ha l’Europa League da giocare al meglio delle sue possibilità. Europa League che negli ultimi due anni è stata vinta da Manchester United e Atletico Madrid, per chi parla di coppetta (davvero non ci sono parole). Oltre alla Coppa Italia e soprattutto oltre ai miglioramenti che sicuramente saranno compiuti. Grazie anche e soprattutto alle partite giocate in Champions. Che è una palestra intensiva.

Non abbiamo varcato le colonne d’Ercole, ma non siamo come eravamo a settembre. Non siamo quelli che eravamo quando siamo partiti. Non possono non venirci in mente Kavafis e la sua Itaca.

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.

Poi, del resto della poesia, ne parleremo un’altra volta.

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