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Sensi, Barella e la svolta culturale della Nazionale italiana

Mancini sta indicando una strada nuova, sta creando un contesto (tattico e ideologico) in cui i giovani possono esprimersi. I club dovrebbero seguire il suo esempio.

Sensi, Barella e la svolta culturale della Nazionale italiana

Gli uomini della rivoluzione

Qualche giorno fa abbiamo scritto della rivoluzione culturale avviata da Roberto Mancini sulla panchina dell’Italia. Ieri sera la Nazionale ha battuto gli Stati Uniti per 1-0, gol al 93esimo di Politano. E abbiamo visto qual è l’estensione di questa rivoluzione, o meglio su quali uomini sarà fondato il nuovo corso. Di Barella e Verratti abbiamo già parlato nel pezzo linkato sopra, in questi termini: «Se gli elementi più talentuosi del centrocampo sono Verratti, Jorginho e Barella, si va in campo senza un incursore, senza un interdittore, si va in campo per imporre le doti del palleggio di questi tre signori. Barella ha 21 anni e gioca nel Cagliari? No problem, la qualità vale più dell’esperienza. Anzi, la seconda si costruisce a partire dalla prima».

Poi ieri stata la volta di Stefano Sensi, 23enne centrocampista del Sassuolo. Ha giocato nello slot di Jorginho, abbiamo usato la dicitura slot e non ruolo perché l’interpretazione di Sensi è stata diversa rispetto a quella dell’ex regista del Napoli. Il punto, però, non è questo: Sensi rappresenta al meglio il senso del progetto di Mancini per l’Italia, è l’elemento in continuità rispetto a Barella che è più giovane di lui ma ha già una dimensione diversa. Questione di talento, ma il punto è provare certi calciatori. In Nazionale, sì, senza paura. Senza farsi condizionare dal diktat dell’esperienza, soprattutto quando si tratta di un’amichevole.

Mancini sta lavorando per il futuro, non solo per il presente. Sta costruendo una squadra titolare per le partite ufficiali, e poi sta integrando altri elementi meno reclamizzati – non meno forti, attenzione – per capire se ci si può fidare. Il fatto che siano giovani non conta, o conta solo fino a un certo punto. La convocazione di Tonali e l’ingresso di Kean, i primi millennials nella storia della nazionale italiana, rientrano in quest’ottica. Poi magari col Portogallo giocano comunque Jorginho e Verratti, Insigne e Immobile, ma intanto il ct sperimenta. Offre un palcoscenico, chi è bravo può prenderselo. Sensi l’ha fatto. L’ha fatto bene.

Alimentare la qualità

La prestazione di grande personalità del centrocampista del Sassuolo è uno spot per tutte quelle cose che funzionano a singhiozzo, nel nostro calcio. Certo, gli Usa non sono la Francia, però resta sempre il fatto che parliamo di un match internazionale. E allora Sensi ha giocato bene a livello medio-alto, si può pensare che il Milan lo prenda e lo faccia giocare, magari non sempre ma all’interno di una concorrenza meritocratica. Come quella che Spalletti ha garantito a Politano, calciatore di qualità e ieri sera in gol. Un altro esempio politico calzante: Bernardeschi è più forte dell’esterno dell’Inter, giocherà lui nello slot di laterale destro del tridente offensivo, ma intanto Mancini ha testato un’alternativa. Anzi, due: Politano è subentrato a Berardi. Un 25enne al posto di un 24enne, che non insidiano un altro 24enne titolare.

Far giocare questi profili serve ad alimentare la loro qualità. Quindi, a sviluppare le potenzialità del movimento. Come detto sopra: Mancini sta lavorando per il futuro, solo che non si tratta solo della Nazionale. No, anche il movimento potrebbe essere influenzato dalle sue scelte. Se davvero il Milan aveva pensato di prendere Sensi (una notizia degli ultimi giorni), ora sarà un po’ più convinto. Se il Napoli, la Juventus, la Roma o l’Inter avevano dei dubbi su Barella, ora ne hanno di meno. L’hanno visto a suo agio contro il Portogallo, per dire.

Oltre il risultato

È il senso della Nazionale di calcio. O meglio: è un nuovo senso per la Nazionale di calcio che sarà giudicata (giustamente) solo attraverso i numeri, i risultati. Ma va anche letta, interpretata come uno specchio del movimento che rappresenta, come un codice di orientamento per i club. Come dire: il coraggio di Mancini potrebbe diventare anche il coraggio della Juventus, dell’Inter, del Parma o del Bologna.

Il ct sta costruendo un modello (di gioco, filosofico e progettuale) sostenibile e con un grande potenziale migliorativo per tutte le entità manageriali del nostro calcio. Magari la sua Italia dovrà vedersela contro la Germania nelle imminenti qualificazioni europee, e allora saranno due sconfitte su due. Solo che nel frattempo avrà creato le condizioni perché i Sensi, i Barella, i Politano – o anche i Kean e i Tonali – possano crescere. L’auspicio è che anche i club seguano gli stessi principi – anche se le dinamiche sul mercato Italia-Italia sono più complesse e costose rispetto ad un’operazione con un club estero. Così Mancini vincerebbe due volte, perché sarebbe un successo culturale. Quello di cui avremmo bisogno, di cui abbiamo bisogno.

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