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Dopo una sconfitta, Ancelotti prosegua con la sua politica del cambiamento

Dopo lo 0-3 di Genova, Ancelotti ha cambiato l’identità tattica del Napoli. La sconfitta di Torino può e deve portare una logica nuova nella scelta degli uomini.

Dopo una sconfitta, Ancelotti prosegua con la sua politica del cambiamento
Ancelotti (Carlo Hermann/Kontrolab)

L’ultima volta

Seconda sconfitta stagionale per il Napoli, se vogliamo la terza partita negativa considerando anche lo 0-0 di Belgrado. Ebbene, se c’è una buona notizia è quella della svolta in arrivo, quantomeno potenziale. Basta riavvolgere il nastro di questo inizio di stagione per rendersi conto di come Sampdoria e Stella Rossa – anche se con impatto diverso – hanno portato a un cambiamento in positivo del Napoli.

Ecco, la sensazione è che il 3-1 dello Stadium possa portare a qualcosa di nuovo e diverso, come auspicato ieri da Massimiliano Gallo in un pezzo sul coraggio come valore fondativo del Napoli di Ancelotti. Ieri ha scritto così:

L’allenatore emiliano ha accettato un lavoro complicato: cambiare pelle alla squadra senza cambiarne i calciatori. E comprendiamo che Juventus-Napoli può essere paragonata alle prime tre partite di questo campionato. Ancelotti ha stravolto il Napoli, ma lo ha fatto al momento opportuno. Quando ha ritenuto che fossero maturate le condizioni per proporre uno schema di gioco e una visione diversi. In casa Juventus la formazione azzurra era scontata. L’abbiamo indovinata tutti. È stata una formazione che ha risentito del passato. Delle gerarchie pregresse. Che non a caso hanno evidenziato limiti pregressi, che potremmo definire storici. Ha fatto bene Ancelotti, non stiamo contestando la formazione. Ma Juventus-Napoli ha detto e mostrato situazioni che non possono essere trascurate: in mezzo al campo, ma non solo. Da questa partita deve sbocciare un nuovo Napoli – sia pure in tempi più medio-lunghi, dipende – come accaduto dopo la Sampdoria.

I nomi del cambiamento

E allora Ancelotti prosegua con la sua politica del cambiamento, valuti la costruzione del suo Napoli 2.0, oppure 2.1. Malcuit e Verdi potrebbero segnare il sorpasso su Hysaj e Zielinski, almeno per il match di dopodomani contro il Liverpool. E poi ci sono Fabian Ruiz, Diawara, Maksimovic e tanti altri. Sì, perché se il Napoli deve essere una squadra varia e variabile nell’approccio e negli uomini – o almeno è su questo terreno che Ancelotti sta costruendo il suo presidio rivoluzionario -, allora tutto deve partire da una gerarchia zero, paritaria per tutti. E le scelte devono premiare i calciatori che, di volta in volta, sono più in forma e/o aderenti alla partita che il Napoli vuole giocare.

Ancelotti ragionerà ancora su quelle benedette fasce laterali, croce tecnica a Torino e delizia tattica in questo primo scorcio di stagione. L’allenatore emiliano ha voluto potenziare la spinta esterna del Napoli di Sarri, e allora ha controbilanciato la scelta con due centrocampisti centrali fissi davanti la difesa. Anche in questa zona abbiamo qualche dubbio, soprattutto in merito alla consistenza di Hamsik – ne abbiamo scritto ieri, qui.

È un discorso di cambiamento in via d’attuazione, sono le famose gerarchie pregresse di cui parlavamo prima: se Fabian Ruiz ha una condizione migliore, e assicura un surplus di tecnica e personalità che in questo momento Hamsik non riesce a garantire, allora deve giocare lo spagnolo. Anche a Torino, soprattutto contro la Juventus. E contro il Liverpool. È il suo turno, sia per valorizzare l’investimento del Napoli che per capire quali possano essere le strade del futuro. Del resto, parliamo del quinto acquisto della Serie A per valore dell’investimento dopo Ronaldo, Cancelo, Nainggolan, Higuain. Ci sarebbero Caldara e Bonucci, valutati 35 milioni, ma lì camminiamo sul filo sottile della finanza creativa. Lo stesso discorso vale anche per un giovane, per Piotr Zielinski: il punto non è cancellare il passato in maniera acritica, piuttosto capire che il presente e il futuro devono essere liberi da vecchi condizionamenti psicologici e gerarchici.

Oltre la tattica

Ancelotti sta lavorando al (suo) Napoli in maniera radicale ma graduale, in poco più di un mese e mezzo ha cambiato i riferimenti tattici e ha trasformato la percezione del turn over. Il nuovo percorso è iniziato dopo la Sampdoria, da lì in poi sono stati tagliati i fili delle vecchie zavorre ideologiche e si è andati oltre una certa dimensione tattica.

Giusto così, ed è giusto continuare così. Ora gli resta da fare l’ultimo step: ragionare sulla formazione iniziale in totale libertà, come ha scritto ieri Massimiliano Gallo: «Deve germogliare l’idea di un altro Napoli. Che poi sarà il Napoli che verrà. Il suo Napoli. Fabian Ruiz, il primo esempio da fare, è stato l’acquisto più costoso della campagna acquisti del Napoli. Trenta milioni di euro. Un investimento importante, fatto con cognizione di causa. Non stiamo dicendo che avrebbe dovuto giocare lui e non Hamsik. Stiamo però dicendo che dovrà giocare, che dovrà giocare sempre di più. Che il Napoli del futuro deve – con i tempi stabiliti di Ancelotti – prendere progressivamente forma. Del resto, parliamo di Ancelotti. Uno che a Milano mise in panchina Cafu per far giocare Massimo Oddo».

Ecco, questo deve essere il nuovo riferimento. Niente paura del cambiamento, anche perché non c’è nessun motivo di essere timorosi. Perché siamo a inizio ottobre, e il Napoli si è già trasformato più di quanto non si potesse ipotizzare in estate. Ha metabolizzato le nuove istruzioni, e una nuova identità, senza perdere troppi punti di riferimento e rendimento. Il Liverpool è la prima grande occasione per completare un passaggio essenziale, per chiudere definitivamente con il passato, per cancellare l’ancient regime, e completare la rivoluzione. È un discorso di gerarchie ed emotività, è una storia che va oltre la tattica ed entra nel territorio minato della gestione del gruppo.

La metamorfosi dopo Sampdoria-Napoli ha permesso alla squadra azzurra di scrollarsi di dosso alcuni dubbi, ora serve farlo ancora, di nuovo, confermando la scelta politica del cambiamento radicale. Che sia una trasformazione senza compromessi e/o nomi fissi, o meglio basata su un tourbillon di nomi, che possano e sapranno essere sempre diversi, pur essendo uguali. Ancelotti ha mano libera, e la personalità per cambiare anche questa parte del nostro approccio al calcio.

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