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Hamsik il capitano che urla e tace allo stesso tempo

Un bambino di undici anni ha avuto Marek dal primo minuto della sua prima partita. È rimasto solo lui, il simbolo del Napoli post-fallimento

Hamsik il capitano che urla e tace allo stesso tempo

Sedici gol in una partita

Si andava su e giù per il lungo fiume a rincorrere una pietra dopo scuola fino al tramonto, quando calava dietro al Grande Fatra. Il freddo era freddo, ma eravamo una nazione giovane, eravamo indipendenti e fieri quando a soli quattro anni lo videro entrare in una scuola calcio, Jupie Podlavice. Era il 1992 l’anno in cui la Cecoslovacchia si salutò per tornarsene con due nazioni, per conto proprio, ognuna sui rispettivi fiumi. Lì lo videro realizzare sedici goal in una gara a soli otto anni e quel record nessuno lo ha mai battuto.

Si continuava ad andare su e giù per il fiume, con la neve, con la voglia e la grande chance a Brescia, dove l’Italia lo accolse e lo notò, lo vedeva e se ne innamorava, la faccia da bambino e quei capelli strani che gli crescevano sulla testa con pacifica ribellione. Il 28 giugno del 2007, undici stagioni ed un mese fa, il fiume sfociò nel Golfo di Napoli e la città gli andò incontro tenendolo per mano in quella nuova vita che il pallone stava assaporando.

È rimasto solo lui

L’uomo della rinascita, è rimasto solo lui. Il simbolo del calcio Napoli del dopo-fallimento. È rimasto ancora lui, unico e indiscusso. Se il Napoli fosse una Bibbia sarebbe il Messia del Nuovo Testamento azzurro, quello che “venne dopo Diego ” e lo superò nelle statistiche. Mai un ripensamento, mai un dubbio, mai un accenno, solo incondizionato attaccamento. E al diavolo i top-team, i trofei facili, le scorciatoie e la fame dell’ego. Lui è qui a rincorrere su e giù per quanto è lungo il fiume della passione dei tifosi, i loro stessi sogni.

La diciassette, quel numero che da queste parti è sconsigliato lo ha reso benedetto e simpatico. Urla e tace allo stesso tempo, ringhia e accarezza con lo stesso portamento, ha dichiarato guerra ai mercenari e si è seduto accanto all’idea romantica della bandiera. Una generazione ormai è cresciuta con lui nella squadra del cuore, con la sua figurina negli album, con il suo avatar alle consolle, con la sua cresta.

La forza romantica

Un bambino di undici anni ha avuto Marek dal primo minuto della sua prima partita e lo ritrova ancora, anche quest’anno, pure quando sembrava ad un passo dalla Cina dove avrebbe sistemato in pochi mesi le sue generazioni per un anno, ma non sarebbe stato Marek, non sarebbe stato quel bambino lungo il fiume a rincorrere sassi, che poi ha reso macigni da poggiare sulla tenda issata sulla terra partenopea.

Buon Compleanno Marek, uomo dei record, immagine perfetta del calcio che amiamo, forza romantica di quell’idea di pallone che per forza vogliono cambiare ma che resiste attaccata ai tuoi capelli, quelli che si alzano fieri a difesa di una città. Auguri mio Capitano, sventola ancora dal fiume al mare, dal Grande Fatra al Vesuvio con la leggerezza e la semplicità di un uomo vero.

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