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Sarri è un politicamente corretto, il resto sono chiacchiere

Si è fatta confusione tra la maleducazione in sala stampa e la voglia farlocca di far saltare il banco della comunicazione. Un non-tema cui tutti si sono abbeverati

Sarri è un politicamente corretto, il resto sono chiacchiere
Maurizio Sarri (Photo Matteo Ciambelli)

La political correctness

Prima che impazzi il calciomercato vorrei spendere qualche parola su questa favola del politicamente (s)corretto, per fare un po’ di chiarezza.

La political correctnesscome molto ben spiegato da John Cleese – ha una origine nobile: evitare di essere particolarmente cinici nei confronti di chi non sa o non può difendersi, anche per motivi meramente numerici. Negli ultimi anni tale concetto ha finito per estendersi e degenerare al punto che qualunque critica con qualsivoglia contenuto satirico sia messa al bando per evitare che gruppi più o meno vasti di persone possano sentirsi feriti nei sentimenti, provocando una fastidiosa omologazione del comportamento degli individui. In risposta, per controbattere questa tendenza, in nome della lotta a questo isterilimento culturale, sempre più spesso si commettono inutili crudeltà o più semplicemente banali atti di maleducazione ammantandoli di rivoluzione culturale, finendo col confondere la giusta volontà di non irreggimentare le idee con una più povera e banale mancanza di maniere. Si è miscelato, insomma, il più prosaico e antico non saper campare con la capacità intellettuale di uscire dal coro col giusto guizzo e con un po’ di coraggio.

Un non-tema

Questa favola ha una valenza alquanto trasversale – sociale, culturale, politica ed anche calcistica. Negli ultimi tre anni non c’è stato niente di più politicamente corretto della discussione sulla presunta scorrettezza politica di Maurizio Sarri. Un non-tema al quale si sono abbeverati tutti sfruttando i classici simboli della materia: i network sportivi principali, per montare il caso del buzzurro senza maniere che insidia i degustatori di champagne; i difensori dell’assalto al palazzo, per proseguire nel viaggio illusorio e senza tempo dell’uomo antisistema che viene dalle periferie.

Nel mondo del professionismo, in senso lato, il politicamente scorretto non ha nulla a che vedere con questi teatrini. Nella politica di gestione della leadership, esso ha molto più a che fare con la capacità, da parte di chi gestisce ed insegna, di saper veicolare un messaggio corretto al singolo – spesso facendo da pungolo, focalizzandosi sugli errori, in un rapporto onesto e a tratti duro – rispettando l’equilibrio complesso tra l’interesse suo e quello del gruppo. La scorrettezza politica, dunque, è uno strumento didattico, oltre che un terreno fragile ma fertile, su cui costruire un rapporto di fiducia ed una storia di successo collettiva. Su cui, in ultima analisi, innestare il senso della leadership.

Il resto sono chiacchiere

Su Maurizio Sarri si può discutere. Di certo la serietà di Koulibaly e la sua crescita tecnica sono figli di una maturazione costante anche perché “scorretta”. D’altra parte, scegliere di far giocare una stagione intera il capitano della squadra che mostra evidenti limiti di tenuta fisica e mentale, è una scelta legittima ma profondamente conservatrice – dunque molto “corretta”. Il resto sono chiacchiere – i palazzi, gli assalti, gli scandali per i gestacci così come la confusione tra la solita maleducazione in sala stampa e la voglia farlocca di far saltare il banco della comunicazione. Maurizio Sarri è stato, sinora, un allenatore da 10 tecnico, come dice in queste ore Maggio, ma del tutto medio per quel che riguarda la correttezza politica. Per il futuro, attrezziamoci contro qualche illusione di troppo.

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