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Il Napoli e Napoli sono pronti per le regole di mercato di Mendes?

Il rapporto con l’agente portoghese ridurrebbe di molto l’autonomia di De Laurentiis, come abbiamo già visto in occasione del rinnovo di Ghoulam

Il Napoli e Napoli sono pronti per le regole di mercato di Mendes?

Il mercato di Mendes

L’altro ieri, conversando con un mio amico su Facebook, si parlava del possibile rapporto di lavoro tra il Napoli e Jorge Mendes. Una cosa di cui si è scritto due settimane fa sul Napolista, e che oggi è entrata a pieno titolo nella narrazione del calciomercato azzurro, in Italia e all’estero. Insomma, è una cosa che sta succedendo. E io mi sono espresso in questo modo: «Al Napoli, da qui in avanti, servirebbe un consulente internazionale che acquistasse o comunque “consigliasse” calciatori in giro per il mondo. Mendes può essere una strada bellissima in questo senso. Ma l’intero ecosistema calcistico di Napoli e del Napoli è pronto a recepire, ad accettare, persino a comprendere, quali sono i meccanismi che regolano il calciomercato secondo Jorge Mendes?».

Ci sono un paio di passaggi da chiarire, in questo senso. Al di là degli aspetti etici – e perfino “legali” – non proprio limpidissimi del sistema-Mendes, vanno definiti i confini del controllo che l’agente portoghese esercita sui calciatori di cui ha la procura. E sui club di cui è “consulente”. Personalmente, mi sono occupato delle dinamiche del calciomercato di Mendes in un pezzo per Rivista Undici, in cui si raccontavano la crescita e l’esplosione (ancora non completa) dell’ultima generazione di talenti portoghesi. Un estratto da cui bisogna partire:

La sensazione è che la ritardata o mancata affermazione ad alti livelli dei calciatori lusitani più promettenti sia legata a un percorso di sviluppo troppo accelerato, temporizzato esclusivamente sulle dinamiche di mercato. Non c’è materialmente il tempo per coltivare e definire il talento, i club portoghesi sono ansiosi di cedere i migliori giocatori alle squadre più ricche, e questo discorso riguarda i trasferimenti interni come quelli internazionali.

Ecco, per dirla semplicemente: Jorge Mendes vende, vuole muovere il mercato, vendere per comprare.

Il Napoli e Ghoulam

A questo punto, torniamo all’inizio. Il Napoli è pronto per questo tipo di politica? Sì, è un club che si autofinanzia attraverso i calciatori e il loro lavoro. Il bilancio in attivo del Napoli passa dalle cessioni degli elementi più appetiti e/o dai risultati delle partite, dalla qualificazione alla Champions League. Da un punto di vista puramente teorico, Jorge Mendes rappresenterebbe un acceleratore e un’accelerazione, permetterebbe al Napoli di acquistare/vendere più agevolmente degli uomini importanti su palcoscenici di medio-alto livello, sempre e comunque su scala internazionale.

Qualcosa, però, cambierebbe rispetto al passato. La vendita dei calciatori non sarebbe più libera, nel senso di autogestita, il Napoli sarebbe comunque costretto a sottostare a nuove tecniche commerciali. Il caso di Ghoulam, primo punto di contatto tra il Napoli e Jorge Mendes, è perfettamente esplicativo rispetto a questa nuova condizione. Il rinnovo del terzino algerino, curato dalla Gestifute di Jorge Mendes, prevede una clausola da 35 milioni di euro. Una cifra abbordabile per un grande club – si pensi per esempio al Manchester City o United.

De Laurentiis

Il Napoli e De Laurentiis entrerebbero in questo mercato ma non avrebbero più la possibilità di autodeterminarsi. I 35 milioni di Ghoulam, ripensandoci, sono decisamente sottodimensionati rispetto ai 50 di Hysaj, eppure il Napoli e De Laurentiis hanno dovuto accettare. Per non perdere Ghoulam a zero, per avere la virtuale certezza che il prediletto Grimaldo possa sostituire l’algerino in caso di addio – immediato o meno. Una doppia operazione condotta tutta da Mendes, perché i calciatori fanno quello che dice Mendes, perché se non è il Napoli potrebbe essere il Monaco. E Grimaldo lo sa, lo sa fin dal momento in cui ha concesso la sua procura alla Gestifute.

Siamo lontani dai semplici buoni uffici di Quillon/Benitez che ti permettevano di arrivare a certi calciatori e poi la gestione è solo tua. Qui siamo al player trading vero e quindi selvaggio, ad un sistema di controllo assoluto che non ammette deroghe, ad una rete di influenze e potere ramificata in tutti i campionati europei. E che ha come obiettivo finale l’approdo nei club più importanti (e ricchi, soprattutto) al mondo. De Laurentiis è sempre stato – giustamente – affascinato dal grande calcio internazionale, ma il grande calcio internazionale ha certe regole. Ha queste regole. Si fonda su certi meccanismi, secondo cui il pesce grande è destinato prima o poi a mangiare quello più piccolo. E in cui, proprio per questo, le gestioni paternalistiche e onniscienti dei contratti dei calciatori sono fortemente anacronistiche.

L’ambiente

La Ssc Napoli che stila – vuole stilare – il contratto matrimoniale con Jorge Mendes dovrebbe preparare delle promesse nuziali chiare, rivoluzionarie rispetto al suo modo di concepire il calcio(mercato). Il rapporto con il superagente portoghese deve partire dalla comprensione del sé, dalla consapevolezza rispetto a una dimensione intermedia rispetto al Manchester City, al Manchester United, al Real Madrid. Persino i Red Devils, nel 2009, hanno dovuto cedere Cristiano Ronaldo. In uno scenario del genere, l’addio di Koulibaly deve essere visto e percepito come un avvenimento quasi inevitabile. Anzi, addirittura propedeutico alla crescita del Napoli.

Contemporaneamente al Napoli, i suoi tifosi devono comprendere questo set di condizioni. Il mercato con Mendes ha una doppia porta, può entrare tanta buona merce a patto che i pezzi migliori del campionario finiscano nelle mani dei commercianti ricchi, quelli disposti a enormi investimenti. Non si parli di modello-Udinese o di altre amenità varie, semplicemente perché il vecchio calcio dei mecenati non esiste più. Esattamente come le bandiere, esattamente come i calciatori legati ai territori o alle proprie origini. Certo, ci sono le eccezioni. Ma sono rare, effimere.

Oggi, tanto per dire, il club più ricco del mondo non vince il titolo nazionale da cinque anni e non arriva in una finale di Champions dal 2011. Parliamo del Manchester United, che quest’anno solleverà al massimo la Coppa d’Inghilterra. Ma deve ancora vincere la finale. Mentre il Monaco ha vinto il titolo francese nel 2017 e ha giocato due semifinali di Champions.

È un’altra piccola diapositiva del football degli anni Duemilaventi ormai alle porte. La dimensione romantica del mercato per fare i risultati è solo una parte del racconto. Anzi, è solo una parte del successo di un club che in realtà è un marchio planetario. Che ha giocatori riconoscibili in tutto il mondo, e un tecnico-brand: José Mourinho, uno degli assistiti di Jorge Mendes. Tutto torna. E tutto spiega che entrare in questo grande gioco planetario significa sacrificare una certa idea del calcio, ormai superata. Siamo tutti pronti?

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