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Il ritorno di LIBERATO: «Grazie a tutto il Napoli, a chi ci ha creduto e ci crede ancora»

Oggi è uscita la nuova canzone di LIBERATO (Intostreet), e nei ringraziamenti c’è spazio anche per il Napoli. Per l’unità, per la riconoscenza.

Il ritorno di LIBERATO: «Grazie a tutto il Napoli, a chi ci ha creduto e ci crede ancora»

Titoli di coda

Ho ascoltato l’ultima canzone di LIBERATO. In realtà dovrei scrivere “ho guardato l’ultimo lavoro di LIBERATO”, perché come scrissi un anno fa si parla di una cosa trasversale, musica, immagini, parole. Vanno “sentiti” i video di Francesco Lettieri, soprattutto. Comunque, dopo aver fatto un po’ di domande in giro su questa INTOSTREET (anzi, chiedo anche a voi: ma com’è questa benedetta storyline?), ho letto i titoli di coda. E il Napoli c’è. Come sempre. Sotto, il frame dell’ultima immagine del montaggio, con i ringraziamenti.

Ecco, io non mi sono esposto in prima persona sull’ultimo week-end calcistico. Non ho scritto la mia consueta analisi tattica, le contingenze (di campo, si intende) sono state tante e tali – e talmente tanto pesanti – che non mi sembrava un articolo utile. Però ora scrivo questo, parlo di LIBERATO e del Napoli perché c’è tutto quello che dovrebbe esserci – almeno secondo me. Non disquisirò di musica, tra l’altro non ne sarei nemmeno all’altezza. Parlo delle parole utilizzate al termine del video, in cui c’è il mio esatto sentimento. C’è una continuità rispetto a quello che è stato, a quello che è. C’è un ringraziamento trasversale, che non risparmia nessuno. Che investe tutti, nessuno escluso.

Grazie (a tutti)

È un bel segnale, per me “ha parlato bene”. È quello che ci voleva, insieme al probabilissimo pienone al San Paolo per Napoli-Torino. Ecco, magari qualcuno ci andrà per fischiare De Laurentiis (è già successo prima della rimonta col Chievo, e a Firenze), ma credo che a questo punto sia più forte e più giusto stare vicino a tutte le componenti del Napoli. Come scrive LIBERATO, del resto: «A TUTTO IL CALCIO NAPOLI». E non passino inosservati (come dall’immagine sopra) i riferimenti alla cultura ultras partenopea, tra l’altro sempre presenti nei suoi video. Magari non tutta la tifoseria organizzata del Napoli è critica o severa con la presidenza, almeno LIBERATO sembra andare in questa direzione. Ci sarà tempo per le analisi, per le accuse, per i “potevano far meglio”. C’è sempre tempo per queste cose.

Ora no, ora si celebra il lavoro. Si deve celebrare il lavoro di «CHI SI È IMPEGNATO, CHI CI HA CREDUTO, CHI CE CRER’ ANCOR’». Al di là di una grafia napoletana moderna – anche questa non deve passare inosservata, è il codice in via di trasformazione di una lingua che sta cambiando, perché oggi i ragazzi scrivono così -, LIBERATO si fa interprete della riconoscenza nei confronti di chi ha permesso al Napoli di giocarsi lo scudetto. Di essere lì, lontanissimo dalla Juventus eppure in grado di vincerlo ancora. A maggio. Non succedeva dal 1990.

INTOSTREET

«A CHI SI È IMPEGNATO» potrebbe spingere in una direzione di esclusione verso chi “non si è impegnato”, ma la frase precedente («A TUTTO IL CALCIO NAPOLI») cancella questa lettura. Si percepiscono unità e gratitudine, si capisce come questa squadra abbia tenuto insieme gli equilibri sottili e delicatissimi di una città e di una tifoseria che fanno sempre per dividersi. È un invito all’ottimismo, perché magari il testo dei titoli di coda è pronto da mesi e quella frase «”A CHI CE CRER’ ANCOR’» è roba vecchia. Eppure è perfetta in questo momento.

È perfetta sempre, perché questa è l’essenza dello sport. Napoli, il Napoli e LIBERATO hanno lanciato dei messaggi positivi in queste ore di frustrazione. Magari non l’hanno fatto apposta, magari non volevano proprio. Magari si odiano tra di loro, ma non è questo il punto. Oggi, 2 maggio 2018, c’è qualcuno che ha acquistato i biglietti del San Paolo per Napoli-Torino, c’è qualcuno che rifiuta le polemiche arbitrali e qualcuno che dice “Grazie a tutti”. Anche senza lo scudetto.

Poi magari domani cambiano opinione e allora abbiamo scherzato, allora siamo tutti divisi e allora ci odiamo a morte. Così, però, è più bello. Almeno, a me piace di più.

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