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La doppia morale del giornalismo tra la Juve post-Madrid e il Napoli dopo Firenze

Non si parla mai del miracolo economico-calcistico che rappresenta il Napoli. Il racconto segue un canovaccio superato e risente del capitalismo di relazione

La doppia morale del giornalismo tra la Juve post-Madrid e il Napoli dopo Firenze

Fatturati e analisi di corte vedute

Ebbene, tra confusione, silenzi, pagliacciate (il sindaco alla finestra di palazzo San Giacomo con la maglia del Napoli), il dibattito sullo snodo decisivo del campionato – dopo le partite da considerarsi risolutive tra Inter e Juventus e Fiorentina e Napoli – ha imboccato una strada, a suo modo chiara, sull’asse Gazzetta-Repubblica. La rosa, attraverso una sua autorevole firma, imputa al Napoli inadeguata “tenuta mentale” altro che fatturato; Crosetti, su Repubblica, inneggia alla “ferocia” della Juventus (nel DNA di una città tempratasi nel duro lavoro dell’avvitare da sempre bulloni: quando l’epopea calcistica si incrocia con la storia genera “mostri” perché poi quelle mani sappiamo bene da dove provenivano e a costo di quali sacrifici… va beh).

Ora, per carità, tutte le opinioni sono legittime e ancor di più queste, così autorevoli, che colgono una parte di verità. Appunto, una parte. Per restare a quella della Gazzetta: certo che è stato per il Napoli a Firenze un problema di tenuta morale e non di fatturati. Ma si sbaglia se si dice che, in generale, è anche un problema di fatturati?

A me sembra di no. Ecco quando si interpreta il ruolo di “analisti” (vale per il calcio come per la politica, la storia, l’economia e che più ne ha più ne metta), lo dice la parola stessa – avrebbe detto il saggio Catalano – si deve spaziare a 360 gradi, mettere in fila tutti gli aspetti della situazione oggetto di studio e di riflessione e, semmai, se se n’è capaci, alla fine prendersi la responsabilità sulla base di ragionamenti convincenti di definire un quadro di priorità (vengono prima, per restare al caso della Gazzetta, il fatturato o la tenuta morale? e poi, chessò, organizzazione societaria, contesto sociale, e così via).

A parte il fatto che tutte queste opinioni sembrano riproporre una vietissima chiave di lettura, e cioè la squadra-società del nord, dotata di “tenuta morale”, di “ferocia”, che, giustamente, vince su chi ne è privo, guarda caso una squadra-società del sud.

Se il Napoli si fosse chiamato Atalanta

Siamo alla storia scritta dai vincitori o della doppia lettura a seconda delle circostanze e delle convenienze (di cui spiegherò il senso più avanti per chi ha la pazienza di seguirmi). Perché dico storia scritta dai vincitori? Ma non sembra ad un osservatore appena appena distaccato che queste letture siano un filino ingenerose e, quindi, incomplete (soprattutto quella di Cerruti sulla Gazzetta) se viste dal punto di vista di chi soltanto qualche anno fa era sull’orlo del fallimento e si è ritrovato, con i mezzi che tutti conosciamo, a competere con l’indiscussa corazzata del calcio nazionale? E se il “caso” si fosse collocato a qualche parallelo più in su della nostra penisola, non avrebbero gridato per anni ed anni al “miracolo”? Basti pensare al trattamento mediatico benevolissimo accordato all’Atalanta.

Il capitalismo di relazione

Qualche tempo fa su questo sito (un’eccezione nel panorama nazionale perché tratta il calcio come fenomeno complessivo, depurandolo dalle scorie negative del tifo: un “piccolo miracolo”, a suo modo, di fronte ad un sindaco- clown) discutevamo con Massimiliano del capitalismo di relazione, ossia di quel caso tutto italiano dove industria, media e calcio costituisco un intreccio di interessi e relazioni che si influenzano a vicenda. E sempre lì si torna, anche in questo finale di campionato.

La stampa di fronte al precedente Madrid

A dimostrazione, per concludere, della volatilità delle opinioni degli opinionisti c’è il caso Madrid. Li non si è parlato di “tenuta morale”, né di “ferocia”del Real che ci ha creduto fino a quell’ultimo pallone. E di fronte alla gazzarra di Buffon con l’arbitro (la spazzatura al posto del cuore), a Chiellini che mimava fantasiosi passaggi di denaro, ad Agnelli che accusa il designatore, non abbiamo visto quel fronte della “fermezza”che, invece, avrebbe dovuto deprecare qualcosa che è stato molto di più di un semplice coro di lamenti (con la lodevole eccezione di qualcun tipo Del Piero). Pensate se a San Siro o nei commenti del Napoli qualcuno avesse accennato ad una reazione solo un poco assimilabile a ciò che abbiamo visto a Madrid. Eppure la stridente contraddizione si è consumata a qualche giorno di distanza e sotto gli occhi di tutti.

Ecco, a me sembra che è questa doppia morale, questa doppia lettura degli stessi fatti, avvertita da tutti coloro che non sono seguaci juventini, ad avvelenare il clima del calcio nazionale. Tutto ciò dovrebbe interrogare e preoccupare i media e lo stesso gruppo dirigente della Juventus che a Madrid ha commesso un errore madornale, soprattutto in chiave nazionale. A mio avviso la dirigenza bianconera non ha ancora metabolizzato calciopoli che ha vissuto come un’ingiustizia. Ed è andata avanti come se niente fosse. Ma qualcosa era successo ed un profilo più basso, soprattutto in chiave comunicazione, avrebbe giovato alla “ pacificazione”. Poi arriva Madrid, e a San Siro succede quel che succede. Che riaccende il fuoco sotto la cenere.

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