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Lo scarso turn over del Napoli è parte del dna di Sarri

La scarsa attitudine alle rotazioni di uomini è uno dei lati negativi del tecnico del Napoli. Dati e risultati del suo triennio, però, hanno messo in luce la bontà del suo lavoro.

Lo scarso turn over del Napoli è parte del dna di Sarri

Pregi e difetti

Questa mattina, la pagina della Gazzetta dello Sport dedicata al Napoli ha portato alla luce i differenti numeri del turn over tra Juventus e Napoli. Il nostro pezzo è qui, e il senso è estremamente semplice: Allegri è molto più avvezzo di Sarri alle rotazioni scientifiche. I minutaggi del campionato sono il primo indizio che fa una prova, il secondo sta nel dato ampliato a tutto il resto delle competizioni. Finora, la Juventus ha giocato una partita in più in questa stagione (la Supercoppa, mentre la doppia semifinale di Coppa Italia è controbilanciata dal preliminare di agosto contro il Nizza), e Allegri ha un solo calciatore oltre i tremila minuti (Higuain) contro i sei del Napoli (Reina, Koulibaly, Callejon, Hysaj, Mertens e Insigne). Inutile andare oltre questo dato grezzo, l’approccio dei due tecnici è chiaro e chiaramente differente.

Il punto è proprio questo: ci sta che La Gazzetta dello Sport proponga un’analisi di questo tipo. Ma non è una sorpresa, non rappresenta uno stravolgimento rispetto a quello che sapevamo già. Ce ne siamo accorti nella scorsa stagione, e in quella precedente: Maurizio Sarri è questo. Ed è lo stesso Sarri a porre l’aut aut assoluto: io sono questo, prendere o lasciare. Il Napoli ha preso, e nei limiti delle sue possibilità ha sposato il dna di un tecnico ormai inquadrato e inquadrabile. Un tecnico che ha tanti, tantissimi pregi; che ha qualche lato negativo, chiaro perché evidente. E che porta certi risultati, in linea con le aspettative della società, forse oltre il reale valore in scala della squadra.

Lo scudetto e la Champions

Al di là del trend topic “record di punti”, che è effettivamente un dato laterale, basta scorrere la storia del Napoli per rendersi conto della bontà del lavoro di Sarri. Proprio andando al di là dei punti e del posizionamento in classifica, nell’era De Laurentiis il Napoli non è mai arrivato per tre volte consecutive in Champions League. In realtà non aveva mai centrato nemmeno le due qualificazioni in fila. Sarri e il suo orizzonte (tecnico, tattico, di uomini) sono riusciti a rompere questo tabù, e ci hanno messo vicino due record di punti nella storia del club. Forse tre, ma è prematuro parlarne ora. In più, il Napoli è ancora in corsa per lo scudetto. Con la seconda squadra migliore di tutti i tempi, per punteggio, nella storia del campionato italiano (solo la Juventus 2013/2014 è stata migliore di quella 2017/2018).

Il resto fa parte del discorso, ma certi dati e certe considerazioni soggettive vanno necessariamente messe da parte. Chi prende e/o sposa Sarri sa che non può aspettarsi il turn over scientifico. Lo sa perché lo ha già visto. Il suo profilo genetico di allenatore di calcio fatica a contemplare questa possibilità, esplora altre strade, si fonda su altre teorie. Come per quasi tutte le cose della vita, è una questione di bilanciamenti e contrappesi: i risultati sono dalla parte del tecnico, che ha provato ad ottenerli, li ha ottenuti e li sta ottenendo attraverso il suo modo di lavorare, di concepire il calcio, di costruire e gestire una squadra.

La critica al suo lavoro fa parte del gioco delle parti, e ognuno di noi è libero di giudicare la realtà in base alle proprie convinzioni. Un Sarri più aperto al turn over avrebbe vinto lo stesso numero di partite o qualcuno in più? L’eventuale secondo posto dietro alla Juventus è da imputare solo alle scarse rotazioni? E può “bastare” per definire come fallimentare la stagione in corso? Non ci sono risposte certe, non esiste controprova. Allegri e la Juventus sono un altro mondo, le regole che funzionano qui potrebbero non funzionare lì. E viceversa.

Il futuro

La stessa cosa avverrà per la prossima stagione, per le prossime stagioni. Il Napoli ha una dimensione economica chiara, potenzialmente in crescita ma solo a lunghissimo termine. Difficile immaginare grandi rivoluzioni d’organico in senso migliorativo, i famosi “top player” sono inaccessibili a meno di vere e proprie rivoluzioni di base, di concetto. Quindi, l’organico sarà costruito più o meno allo stesso modo.

Esattamente come abbiamo fatto noi sopra, i dirigenti del Napoli dovranno chiedersi se questo tipo di partita doppia tra approccio al calcio e risultati (dove per “approccio al gioco” intendiamo tattica, gestione della rosa, dialettica, comunicazione) possa ancora essere funzionale agli obiettivi da raggiungere. Sarri ha un dna preciso, chiaro, riconoscibile. È questo, prendere o lasciare. Finora è andato tutto in un certo modo, ognuno ha la facoltà per poter pensare “bene” o “male” di questo triennio in via di conclusione. E di fare le proprie valutazioni per il tempo che verrà.

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