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I problemi offensivi del Napoli

Milan-Napoli, l’analisi tattica: la squadra di Sarri soffre della scarsa brillantezza in fase di costruzione e finalizzazione. Partita equilibrata a San Siro.

I problemi offensivi del Napoli
Foto Ssc Napoli

Una bella partita

L’analisi di Milan-Napoli deve andare al di là della contestualizzazione del risultato. È ovvio che lo 0-0 finale finisca per “bocciare” il Napoli in chiave scudetto, così come i rossoneri non possono essere soddisfatti per il passo falso in chiave europea. Il peso di questo pareggio è enorme per le ambizioni della squadra di Sarri, ma ripetiamo: se parliamo di analisi tattica, non si può che avere lo stesso atteggiamento dei due tecnici a fine partita. Ovvero: essere quantomeno soddisfatti della personalità messa in campo da entrambe le squadre.

Bisogna evitare di confondere il termine “personalità” con “spavalderia offensiva”. Gattuso, infatti, può e deve essere felice per come la sua squadra ha interpretato la partita in entrambe le fasi. Il Milan, infatti, ha limitato il Napoli ad una sola big chance (quella di Milik nel finale) e a poche altre mezze occasioni; dall’altra parte, Sarri può recuperare gli appunti di una squadra che non è stata in grado di essere dominante contro il Milan, se non per alcuni frangenti. Eppure, ha concesso davvero pochissimo ed ha avuto concrete possibilità di portare a casa il successo. I numeri, come al solito, vengono in soccorso per capire, per spiegare: 4 tiri nello specchio della porta per il Napoli, appena 2 per il Milan; i rossoneri hanno centrato l’area delimitata dai pali solo con due tiri da fuori, nel primo tempo.

La mappa dei tiri delle due squadre.

Abbiamo assistito a una delle poche partite in cui il Napoli ha dovuto far fronte a un equilibrio tattico reale. Il Milan ha messo in pratica un modello di gioco chiaro, riconoscibile, costruito in maniera funzionale sugli uomini a disposizione; Gattuso ha cancellato tutta la retorica intorno alla sua figura e ha impostato una squadra tecnica, che gioca sempre il pallone, che prova a farlo attraverso la qualità. Viene quasi da dire che Napoli e Milan si somiglino, se non ci fossero delle evidenti discrepanze in alcuni principi di gioco.

Il primo riguarda la fase difensiva: il Napoli tiene alte le linee e attacca i portatori di palla; il Milan preferisce tenere i reparti corti in baricentro variabile, alto o basso a seconda dei contesti. Ieri, la posizione media dei rossoneri in campo si è attestata sui 48 metri; in un altro match di campionato in casa, contro la Sampdoria per esempio, la squadra era rimasta molto più alta (55 metri di baricentro medio). È una questione di adattabilità, un settaggio iniziale reso possibile dalla versatilità dei calciatori a disposizione.

Il 4-5-1 in fase difensiva del Milan: copertura degli spazi piuttosto che aggressione sui portatori di palla; squadra corta e copertura delle linee di passaggio.

In una situazione del genere, il Napoli avrebbe avuto bisogno della massima intensità per creare un numero maggiore di grandi occasioni; oppure, di qualche movimento in più di Mertens per muovere i centrali avversari, sia sull’asse orizzontale che su quello verticale. La prestazione oscura dell’attaccante belga è stata una delle chiavi negative della partita del Napoli, come si evince dalla sua heatmap sotto e dalle cifre statistiche: appena 26 palloni giocati, meno anche di Reina (32) e appena tre eventi offensivi, la conclusione (in fuorigioco) nel primo tempo e due occasioni create, tra il 40esimo e il 41esimo minuto. Troppo poco.

Ne abbiamo scritto sopra: Mertens avrebbe potuto essere molto più pericoloso, o comunque efficace nella manovra del Napoli, se fosse riuscito a farsi trovare in zone di campo più arretrate o differenti. Non a caso, la zona in cui è stato maggiormente servito è a ridosso del lato sinistro; al centro, nei mezzi spazi tra difesa e centrocampo, il suo contributo è quasi nullo.

Nel postpartita, Sarri ha spiegato come la scarsa brillantezza di alcuni elementi, degli attaccanti su tutti, abbia finito per depotenziare il suo Napoli. Al di là degli episodi singoli e quindi incidentali, le 2 conclusioni totali di Callejon e Mertens ci spiegano che il tecnico azzurro ha individuato il problema. Un problema di costruzione più che di finalizzazione, dato che Milik ha tentato appena due volte il tiro in 24′, tra l’altro in condizioni particolari.

Il Napoli è apparso molto più sicuro e puntuale in fase difensiva. In questo caso, ci riferiamo alla prestazione della linea a quattro Maggio-Albiol-Koulibaly-Hysaj più che della squadra. Il Milan, infatti, ha spesso superato il dispositivo di pressing del Napoli grazie a due strumenti: la costruzione bassa, coinvolgendo molti uomini; e il cambio di gioco, soprattutto sulla direttrice Cahlanoglu-Suso (per i due esterni, tre occasioni costruite a testa). Gattuso ha impostato una squadra dai meccanismi semplici ma efficaci, grazie alla buona qualità media dei suoi titolari.

La costruzione bassa del Milan, che arriva a coinvolgere anche Donnarumma, e il pressing alto del Napoli. La squadra di Gattuso, al termine di quest’azione, avrà cambiato gioco per quattro volte, l’ultima da Cahlanoglu a Suso. È un esempio perfetto dei meccanismi che ormai caratterizzano il gioco dei rossoneri.

Torniamo al punto di partenza. In condizioni normali, una partita del genere, con questo risultato, dovrebbe essere salutata con maggiore ottimismo. Perché il Milan ha espresso un’ottima prestazione, perché il Napoli è riuscito a concedere pochissimo e ha avuto anche la possibilità di portare a casa i tre punti. Però, contro un avversario a distanza che tiene certi ritmi, un pareggio (il terzo nelle ultime sei giornate di campionato) diventa un risultato negativo, soprattutto se al termine di un ciclo difficile.

Il Napoli ha problemi di tipo offensivo, e basta un solo dato a far capire che il momento è complesso: nelle ultime sei partite, la squadra di Sarri è stata in vantaggio per 20 minuti totali: 18 minuti contro il Genoa, uno e mezzo contro la Roma, qualche secondo contro il Chievo. Anche per questo, uno 0-0 “giusto” come quello di ieri finisce per essere visto e percepito come un risultato negativo, anche se tatticamente è assolutamente legittimo.

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