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La partita di giovedì non si può sentire

Siamo tutti Tonelli che alla fine prova il gol qualificazione. All’andato abbiamo giocato più alle figurine che alla playstation

La partita di giovedì non si può sentire

È un orario finto

La partita alle sette di giovedì è sempre una cosa strana forte. Cioè alle sette di giovedì non si può giocare una partita perché non è un orario vissuto, è un orario finto dove ci sei ma non ti trovano. E comunque prime impressioni: “Azz Mertens e Insigne?”. Il Napoli gioca il Lipsia risponde, Marianella ci spiega come si pronuncia Hamšik e ci mangiamo un goal. Tutto apposto, Tonelli piglia una traversa (la sua) e si atteggia a Chiellini e colpisce Poulsen che si atteggia a juventino e sviene continuamente ogni volta.

Mentre proviamo a capire a che serve sta partita, segna Piotr all’improvviso; di giovedì succedono spesso le cose “bell ‘e buono” tipo che ti chiama qualche amica che è sparita e proprio in quel momento vuole andare al cinema. Ecco, cosi bell ‘e buon segna Zielinski.

Più figurine che playstation

Mo’ il Lipsia comincia a pensare che forse all’andata il Napoli ha giocato a figurine più che alla playstation e inizia ad avere paura. Finisce il primo tempo e si sono fatte quasi le otto che ti sale la pucundria però poi pensi che domani è venerdì e ti rilassi ma per poco visto che ti viene l’ansia ogni volta che un giocatore azzurro si tocca qualcosa. Mario Rui a terra, proprio ora? e cominciano le prime domande random “Ma ‘a Milic già l’abbiamo tesserato?” oppure “Machach può giocare terzino?” Tutto questo ci riporta alla considerazione dell’idea che poi in fondo di questa Europa League non ce ne frega più di tanto.

Sarri e Zielinski

Sarri massacra il filtro in bocca, Maggio viene servito talmente in profondità che ad ampi gesti ricorda a tutti i compagni che non ha più vent’anni. Non succede nulla, il Napoli gioca a Subbuteo colpendo gli avversari, e quando proprio capisce che forse davvero può riaprila, il designato è Diawara che riapre, come all’andata, il contropiede ai tedeschi che stanno tanto impauriti che lasciano la palla. Rispetto.

Entra Callejon, ma l’ansia risale quando si vede Mertens a terra, e poi Albiol che rischia un tackle troppo ruvido (questi siamo eh, scusateci tanto) e mentre preghiamo per la salute dei nostri beniamini, Callejon fa sfiorare l’autogoal ad Upamecano. È questione di secondi, Sarri picchia vocalmente Zielinski che non vuole uscire, Jorghinho è costretto ad uscire dalle coperte e Rog è felice di non lasciarle, e segna Insigne. Zero a due. Segna Insigine.

Tonelli

L’arbitro ammonisce chiunque, così senza un valido motivo, Tonelli fa il fenomeno, ferma Poulsen, imposta, con quello sguardo di chi si trova sempre lì per caso senza sapere perché e per come, ma c’è e va applaudito perché l’avevano tutti bollato come numero in una rosa non proprio tanto ampia. Alla fine si fa trovare pure in attacco e sfiora il goal del secolo che avrebbe regalato una qualificazione inattesa e forse nemmeno cercata più di tanto. Per questo, tutti dovremmo indossare la maglia di Tonelli, perché Tonelli è ognuno di noi, lo spirito di chi ci crede e butta il sangue per continuare a farlo. Il Napoli ha dimostrato che se avesse voluto fino in fondo, dal primo momento, forse sarebbe agli ottavi, ma che ci volete fare, la partita di giovedì è una cosa strana forte, proprio non si può vedere, né sentire.

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