Due vittorie in due giorni in Coppa del Mondo. Nel suo libro, l’ex direttore tecnico della Valanga Azzurra spiega l’importanza della concorrenza interna
Due vittorie in due giorni
Ieri Federica Brignone, oggi Sofia Goggia. Due vittorie consecutive in Coppa del Mondo del sci. La prima in Super G, la seconda in discesa libera proprio davanti alla rivale e a Nadia Fanchini: tre italiane sul podio. Brignone e Goggia, due atlete molto forti e ovviamente in concorrenza. Rivalità sancita da una dichiarazione di Federica – la figlia di Maria Rosaria Quario – lo scorso anno ai Mondiali a St. Moritz. Sofia Goggia cadde nella manche di slalom della combinata, e sfumarono le importanti chance di medaglia. All’arrivo, Federica Brignone dichiarò: “Hanno vinto le migliori” e “Un grosso applauso alle svizzere che hanno festeggiato davanti al proprio pubblico come io e Marta Bassino avevamo fatto dopo la doppietta nel gigante di Plan de Corones”. Il giorno dopo, l’atleta milanese cercò di rimediare.
Thoeni e Gros
Come se la rivalità fosse un aspetto negativo. I risultati stanno dimostrando l’esatto contrario. Come conferma un brano del libro di Mario Cotelli, padre della valanga azzurra ai tempi di Thoeni e Gros, nel suo libro “L’epopea della Nazionale di sci” (New Press Edizioni).
In verità ogni giorno crescevano le rivalità e l’antagonismo tra atleti. Si esasperava l’individualismo, in quanto, all’aumentare della concorrenza interna, ognuno era consapevole che per essere i migliori del mondo bisognasse essere primi nella squadra italiana. Nello sci, sport individuale in cui ognuno si batte contro il cronometro, la motivazione è rappresentata soprattutto dalla rivalità che si genera tra gli atleti che appartengono allo stesso team e che moltiplica la determinazione per battersi a vicenda. Questo a differenza degli sport di squadra nei quali il risultato dipende dalla capacità dei singoli di fare sistema aiutandosi l’un l’altro da buoni amici o passandosi la palla, come nel calcio per esempio.
Difficile gestire un gruppo in cui gli atleti non sono “amici” ma concorrenti e dove la situazione di rivalità costante e continua funge da acceleratore per risultati sempre più importanti. Come dimostra la vera storia della Valanga Azzurra e soprattutto la forte rivalità agonistica dapprima tra i cugini Thoeni, Rolly e Gustavo, iniziata fin dalle prime gare da bambini, e poi tra Thoeni e Gros. Le più esaltanti performance di Gustavo, che non accettava di perdere nemmeno a briscola, sono state fortemente motivate dalla volontà di riuscire a sopravanzare Pierino. Come quando Thoeni, dopo la prima manche chiusa all’ottavo posto (St. Moritz 1974 e Sun Valley 1975) con un distacco apparentemente incolmabile, oltre un secondo e 70 centesimi da un Pierino saldamente in testa, sfoderò nella seconda manche una prova magistrale motivata solo dalla determinazione di non farsi battere dal compagno di squadra.
Molto più facile gestire un team di atleti “amici” che non si sentono avversari uno contro l’altro. Ma in queste condizioni vengono meno le motivazioni per battersi vicendevolmente facendo diminuire lo spirito di rivalsa e quindi le possibilità di un buon risultato.
D’altro canto il mondo dello sport è sempre vissuto sulla rivalità che in certi periodi storici ha caratterizzato i duelli tra atleti, coevi e della stessa disciplina, appartenenti alla stessa nazione o allo stesso team. Rivalità irrinunciabili per sviluppare e sostenere l’epopea dello sport. Perché la rivalità, all’interno della stessa nazione, favorisce la crescita degli stimoli e le motivazioni che sono alla base di ogni vittoria: Coppi e Bartali, Binda e Guerra, Adorni e Gimondi, Moser e Saronni, Mazzola e Rivera, Sailer e Molterer, Schranz e Messner, Killy e Perillat, Russi e Collombin e, perché no, Thoeni e Gros. Se l’Italia, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta avesse saputo creare un forte alter ego per Tomba, è molto probabile che sarebbe esplosa una seconda Valanga Azzurra.