Al di là di stranezze e complottismi, il rifiuto di Verdi spiega la situazione di mercato del Napoli. Un club con un organico e un rendimento sovradimensionato rispetto alle sue capacità economiche.
Lo spettro della panchina
Siamo a 24 ore dall’intervista di Simone Verdi, dal suo no al Napoli. La botta è stata forte, un po’ tutti eravamo certi che alla fine l’operazione sarebbe stata completata, finalizzata, perfino ufficializzata (o quasi) già nella giornata di ieri. Ora, cosa resta? Intanto, gli interrogativi su una trattativa nata strana e gestita (mediaticamente) peggio. Sì, perché il problema non è stata ingaggio raddoppiato (se non triplicato) al calciatore. Tutto quello che doveva essere fatto, in maniera lineare. Da grande club, che arriva fuori la vetrina di una squadra media, apre la porta, entra nel negozio e compra ciò che vuole. Ciò che gli serve. Verdi era perfetto per il Napoli perché univa tutti i puntini del disegno, come la Settimana Enigmistica: buona qualità, ingaggio basso da trasformare in medio, potenziale in via di sviluppo. E poi l’adattabilità tattica, certo. Anche Deulofeu risponderebbe a tutti questi requisiti.
Però, mettiamoci nei panni di Verdi – facendo finta, ovviamente, che la sua scelta non sia legata ai soldi, anche se non soprattutto ai soldi, ma a questo famoso processo di crescita. Che, tradotto, vuol dire: io non ci vado al Napoli, perché mi dà uno stipendio medio-alto, non top, per giocarmi le mie chance con Callejon, Mertens, Insigne e Milik. In pratica, io posso crescere davvero solo in allenamento. E/o negli spezzoni di partita che riesco a ritagliarmi. Perché chi viene prima di me si trova in quella posizione, e non è un caso. Perché chi viene prima di me è fortissimo. E io vivrò lo spettro della panchina.
Qualità
L’avevamo scritto anche qui, quando prendemmo le difese (preventive) di Simone Verdi che dice no al Napoli: «Quando parliamo del Napoli, raccontiamo di una squadra che vive una situazione di sovra-rendimento tecnico rispetto alle sue possibilità finanziarie». Sissignori, il Napoli è fortissimo. Mertens, Milik e Insigne sono fortissimi, giusto e appena Milik può pensare di entrare nel loro club ristretto. Ci stava provando e riuscendo, poi si è infortunato.
È una questione di qualità e di equilibri interni, il Napoli non ha la forza economica per acquistare un calciatore dall’ingaggio alto – neanche top, perché i 3 milioni che Bernardeschi percepisce alla Juventus non sono top – e metterlo in panchina. Non può farlo, è arrivato a certe cifre solo con calciatori di livello assoluto (Cavani, Higuain, oggi Insigne e Mertens). Sta alzando il suo budget per gli stipendi, ma non ha ancora certe disponibilità. Ergo, non si può andare molto oltre Simone Verdi o Gerard Deulofeu, per qualità e quindi prezzo – parliamo sempre degli ingaggi, ovviamente.
Al di là delle stranezze e delle ipotesi laterali, il punto è semplice: se Verdi accetta Napoli, è cosciente del fatto che avrebbe potuto giocare, ma non avrebbe potuto pretendere di più. Come Bernardeschi alla Juventus. Che, giusto per fare un esempio, ha un minutaggio complessivo leggermente più alto rispetto a quello di Rog (590′ contro 450′). Solo che Bernardeschi è Bernardeschi, e costa un certo ingaggio. È così semplice, eppure è complicatissimo.
Il paradosso
Il Napoli vive questa situazione, sul mercato. Fa fatica a rivolgersi all’estero, e quindi riduce ancora di più lo spazio di manovra. Basti pensare al nome che si fa adesso come post-Verdi e in alternativa a Deulofeu: Matteo Politano. Buon giocatore, per carità. Ma sicuramente non al livello di Verdi, quindi figuriamoci rispetto a Insigne, Mertens, Callejon. Solo che Politano ha un ingaggio abbordabile, una riconoscibilità commisurata a un talento buono ma non eccezionale, dimensionato alla panchina del Napoli. Ma alla panchina di Sarri, che ragiona sul concetto di alternativa e non di rotazione scientifica. E che, al posto di Politano, schiera giustamente Insigne, Mertens e Callejon.
È un paradosso enorme: il Napoli gioca benissimo, ha una buona possibilità di spesa sul mercato dei cartellini, ma non riesce a trovare profili migliorativi e al tempo stesso disposti ad accettare certe condizioni. Le condizioni imposte dai campioni che ci sono, che stringono il turn over più di quanto non facciano già le idee del tecnico. Che portano il Napoli al primo posto, che lo rendono fortissimo ma anche poco appetibile sul mercato. Non che sia colpa loro, ma per farvi capire cosa intendiamo ci autocitiamo, con una frase scritta due settimane fa. Eccola, che può bastare:
Il Napoli abita vicolo cieco del mercato, dal quale si viene fuori solo con le scommesse vinte o parzialmente vinte. Oppure con Verdi o con Inglese che accettano una situazione scomoda, dietro Insigne, Mertens e Callejon.