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Dalla parte di Inglese e di Verdi, del loro diritto di dire no: un discorso sul mercato del Napoli

Perché i dubbi di Inglese e il (presunto) no di Verdi stanno nella realtà delle cose: una questione di dimensione economica e tecnica, per il Napoli.

Dalla parte di Inglese e di Verdi, del loro diritto di dire no: un discorso sul mercato del Napoli

Le parole di Sarri

Partiamo dal concetto espresso pochi giorni fa da Maurizio Sarri. Ovvero: «Il Napoli è una squadra difficilmente migliorabile negli undici titolari». È una verità assoluta, specie in combinazione con la gestione dell’organico cui fa riferimento il tecnico toscano. Per lui, questo ci sembra abbastanza chiaro, esistono un gruppo di calciatori inamovibili, degli uomini da poter ruotare in base alle esigenze e dei giocatori che rivestono il ruolo di alternativa. Non è un tecnico da rotazione continua, da turn over scientifico, da minutaggi distribuiti. Utilizzate la definizione che volete, ma è un puro esercizio dialettico, il senso e la sostanza sono chiari.

Bene, torniamo al possibile miglioramento dei titolari. In questo momento, per capacità di spesa sul mercato (soprattutto su quello degli ingaggi), il Napoli non ha la possibilità di acquistare calciatori per un salto di qualità immediato, istantaneo. Per farci capire: qualche calciatore di Serie A (e non solo) potrebbe permettere al Napoli di escludere Jorginho dai titolarissimi? Stessa domanda per Albiol, oppure per o Callejon. Insomma, in tutti gli slot il Napoli ha un calciatore di valore internazionale e internazionalmente riconosciuto. Forse solo Hysaj e Allan hanno una dimensione inferiore rispetto ai compagni, ma per esempio il brasiliano è fondamentale per gli equilibri di squadra di Sarri – al di là del suo valore assoluto.

Cntestualizzare il mercato

Insomma, il Napoli vive una situazione molto difficile sul mercato. Quello di gennaio che sta arrivando, quello che arriverà nelle sessioni successive. Per questioni di possibilità economiche, il Napoli difficilmente potrà andare oltre gli Zielinski, i Rog, i Diawara, gli Ounas, i Maksimovic. Con tutti le possibilità (Zielinski, Diawara, Rog) e i rischi (Ounas, Maksimovic) del caso. Al massimo, potrà rivolgersi a calciatori non titolari in club medio-grandi (Chiriches o Mario Rui, giunti da Tottenham e Roma) per puntellare il parco alternative. È una questione di ingaggi, non di cartellini. Il Napoli avrebbe la liquidità per acquistare calciatori pagando cifre importanti, ma ha un monte salariale ancora lontano da quello delle big. Anzi, il primo posto in classifica è una specie di prodigio tecnico in proporzione alle differenze di budget con altri club del campionato.

È anche una questione di opportunità. L’esempio classico è quello di Federico Bernardeschi, acquistato dalla Juventus per 40 milioni. L’ex viola, in bianconero, guadagna circa 3 milioni di euro l’anno. Alla sua prima stagione nella nuova realtà. Insigne ha dovuto aspettare quattro stagioni da protagonista per raggiungere quota 3,6. E il suo rinnovo è stato laborioso, segnato da una trattativa complicata, estenuante. Insomma, il Napoli avrebbe potuto anche prendere Bernardeschi, aveva e ha l’opportunità di pagare 40 milioni alla Fiorentina. Ma poi quale stipendio gli avrebbe riconosciuto? E nel caso dei 3 milioni di cui sopra, Insigne come avrebbe dovuto reagire? Questa è contestualizzazione, economica e perfino “sociale”. Una dinamica cui non possiamo opporci.

Inglese e Verdi

Partendo dall’esempio di Bernardeschi, “scendiamo” fino a Verdi e Inglese. Che, secondo i dati di Panorama, guadagnano entrambi 600mila euro a Bologna e Verona. Partendo da questo presupposto, e considerando che difficilmente il Napoli potrebbe offrirgli più di 7-800mila euro di ingaggio (più o meno la cifra incassata da Diawara), quanto ci sentiamo in diritto di criticare il loro (presunto) “no” al Napoli?

È la combinazione dei fattori: io, Roberto Inglese o Simone Verdi, lascio una squadra in cui sono protagonista per… scaldare la panchina del Napoli? Per entrare alla bisogna per far rifiatare Mertens, Insigne, Milik o Callejon? Potrei anche dire sì, sacrificando un possibile upgrade tecnico della mia carriera, “scambiandolo” con la possibilità di giocare in una squadra che compete per il titolo, probabilmente anche in Europa. Ma devo avere anche lo stimolo giusto per non lamentarmi. E lo stimolo, campo a parte, può essere identificato solo con i soldi. Con uno stipendio nettamente più alto, diciamo almeno doppio rispetto a quello che percepisco ora al Chievo e al Bologna.

Torniamo ancora a Bernardeschi. L’ex numero dieci della Fiorentina ha un minutaggio stagionale inferiore del 50% a confronto con quello di Zielinski. Più basso di quello di Diawara e superiore di appena 100′ rispetto a quello di Rog. La differenza non la fa il progetto vincente della Juventus, il fatto che si alleni con Dybala o Cuadrado o Pjanic o Higuain, né tantomeno la fanno Allegri o la Champions. No, la differenza sta nei soldi.

Solo i top player (e neanche)

C’è un modo per superare questa problematica composita? Sì, certo che c’è. Acquistare un top player vero, che potrebbe spodestare tecnicamente i vari Insigne, Mertens, Hamsik. E potrebbe anche “zittire” le eventuali proteste dei compagni per un ingaggio alto, sproporzionato. Però, ci e vi chiediamo: di chi stiamo parlando? Occorrerebbe un nuovo Higuain, grande campione in uscita da una big da acquistare per un prezzo lontano da quello di Neymar e con uno stipendio non (ancora) da star assoluta. Ma sarebbe un cane che si morde la coda: a quel punto, con Insigne in panchina o in concorrenza con Salah (primo nome a caso), perché Insigne non potrebbe accettare la corte di un club di Premier League? Anche perché questo club gli offrirebbe almeno un milione in più rispetto a quello che percepisce oggi al Napoli.

Noi comprendiamo Verdi e Inglese. Anzi, per il ragazzo del Chievo abbiamo un occhio di riguardo quasi paterno. Ha confessato le sue paure per il trasferimento al Napoli, non è riuscito a garantire di essere all’altezza. Il suo arrivo è stato bollato preventivamente come inutile, l’hashtag è #servealtro. Possiamo anche essere d’accordo, tecnicamente il Napoli avrebbe bisogno di Verdi (l’abbiamo scritto qui). Ma Verdi esprime una posizione legittima, economica e di autovalutazione. Il suo no, indiscrezione che circola nelle ultime ore, è tecnicamente sacrosanto. Perché questo è il Napoli, una squadra che vive una situazione di sovra-rendimento tecnico rispetto alle sue possibilità finanziarie. Un vicolo cieco del mercato, dal quale si viene fuori solo con le scommesse vinte o parzialmente vinte. Oppure con Verdi o con Inglese che accettano una situazione scomoda. Solo che possono anche dire no. Anzi, ne hanno il sacrosanto diritto.

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