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Il dominio assoluto del Manchester City sta riscrivendo il calcio inglese (in attesa dell’Europa)

I numeri incredibili di una squadra praticamente perfetta, ma anche il suo primato estetico: la forza di un progetto ricchissimo ma che nasce e si sviluppa sule idee.

Il dominio assoluto del Manchester City sta riscrivendo il calcio inglese (in attesa dell’Europa)

Conquistare il mondo

Venerdì scorso il Guardian ha pubblicato un longform sul Manchester City, con un titolo bello carico di significati: “Manchester City’s plan for global domination. Ovviamente non si parla solo di calcio, ma anche di strategie economiche, societarie, di marketing del brand e dei calciatori. La suggestione, però, si sposta facilmente anche sul campo. Mai nessuna squadra ha mai dato l’impressione di dominio assoluto che caratterizza la stagione 2017/2018 della squadra di Guardiola. Lo scriviamo sul Napolista andando molto, ma molto al di là dello strapotere tecnico ed emotivo visto nelle due partite contro la squadra di Sarri. Anzi, forse proprio perché siamo stati testimoni diretti di certe prove di forza, ci sembra giusto sottolineare quanto lavoro, quanta bellezza e quanta progettualità ci sia dietro una squadra perfetta, dai risultati perfetti, dal gioco fantastico.

Basta leggere i numeri per rendersene conto: il 4-1 al Tottenham è stata una partita da 20 tiri a 7, da 53% di possesso palla contro una squadra che ama tenere in mano il gioco come quella di Pochettino, con David Silva in panchina e Gundogan al suo posto. E ovviamente, puntualmente in gol.

I numeri incredibile, però, non si esauriscono con il match contro gli Spurs. Guardiola e i suoi ragazzi sono arrivati alla diciassettesima vittoria su diciotto partite, con una serie aperta alla terza giornata e ancora in corso. Miglior attacco (56 gol fatti) e miglior difesa della Premier League (12 gol subiti), 11 punti di vantaggio sullo United e la percentuale più alta di possesso palla di tutta la Premier (66,5%).

Le idee di Guardiola

Abbiamo voluto chiudere il resoconto statistico citando il dato sul possesso palla. L’abbiamo fatto volutamente, e il motivo è semplice. Guardiola è al primo posto, e molto probabilmente vincerà la Premier League, perché ha i calciatori migliori e una squadra fortissima. Questa, però, è solo una parte del discorso. C’è anche il lavoro del tecnico catalano sul gioco del City, c’è un percorso di importazione e sviluppo e miglioramento di concetti, idee e sistemi che non sono cambiati nonostante i risultati negativi dello scorso anno.

Il City è stato integrato con grandi investimenti in estate, ma questo non può bastare per spiegare la sensazione di assoluto predominio degli Sky Blues sulla Premier League. C’è un progetto tecnico organico, ricercato nell’estetica ma tutto teso al risultato. Che nasce con e sulle idee di Guardiola, che è cresciuto proprio perché è stato atteso un anno. E che si è affermato in un ambiente tattico conservatore, che nessuno è quasi mai riuscito a forzare dall’interno con tale forza, tale impatto.

Fiducia, soprattutto. Lungimiranza, certo. Possibilità economica, senza dubbio. Ma pensiamo all’eventualità di Guardiola in Italia, in un club ricchissimo e che punta a vincere tuto. Pensiamo a questo Guardiola che fallisce al primo anno, esattamente come ha fallito l’anno scorso in Premier League (e in Champions, e in Fa Cup, e in Coppa di Lega). Sarebbe rimasto? O la sua rivoluzione tattica sarebbe stata bollata come “non aderente al calcio italiano”? Ecco, riflettiamo su questo punto. E non dal punto di vista della stampa o della narrazione del calcio, quella è uguale dappertutto – e anzi i tabloid britannici, talvolta, hanno uno stile comunicativo peggiore rispetto ai peggiori giornali scandalistici -, quanto piuttosto quello della società e dei tifosi. Loro hanno deciso di aspettare, di seminare quello che potevano (tanto, nel caso del City) per poi vedere che frutti venissero fuori. Niente male, questo raccolto.

Europa

La qualificazione in Champions League è arrivata come sappiamo (purtroppo), la Premier è stata letteralmente divorata. Ecco, ora manca l’ultimo step: la fase finale della campagna europea. Al Bayern, Guardiola non è riuscito a trionfare. Probabilmente il suo impatto culturale sul calcio tedesco vale di più di una Champions, ma questo è un discorso che va molto (troppo?) al di là del campo, e del primato dei risultati nello sport.

Quindi, Guardiola è ancora “il tecnico che ha vinto solo con Messi, Xavi e Iniesta”, e in virtù di qusto può essere discusso. Probabilmente il City sta cambiando questa percezione, ma serve l’ultima certificazione, quella definitiva. Il sorteggio fortunato (agli ottavi ci sarà lo scontro contro il Basilea) ha aperto al City una bella strada verso i quarti. Da lì in poi sarà bagarre, l’ultimo corpus di esami rimasti a Guardiola prima di chiudere il cerchio con la leggenda. Il dominio del mondo, forse, è più vicino di quanto possiamo immaginare.

 

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