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Il Comune istituisce una tassa per la refezione scolastica (che ancora non c’è)

La delibera è del 30 marzo, la comunicazione alle scuole e del 2 ottobre. Ad oggi, non si ha ancora una data certa per l’inizio del servizio

Il Comune istituisce una tassa per la refezione scolastica (che ancora non c’è)

“Contributo per l’organizzazione generale del servizio”. Il Consiglio Comunale di Napoli, il 30 marzo del 2017, inserisce nella delibera numero 20 questa frase. La butta lì, con quel linguaggio rarefatto che le amministrazioni usano quando vogliono far cassa senza renderne troppo conto. Scrivendo una pagina di burocrazia kafkiana che a Napoli, passati ormai sette mesi, ha ormai scatenato la reazione di migliaia di genitori che dopo un mese dall’inizio dell’anno scolastico si ritrovano il “tempo pieno” svuotato, per mancanza di cibo.

Sette mesi di silenzio

Al 13 ottobre il servizio di refezione scolastica del Comune di Napoli non è ancora partito. I bambini iscritti al tempo prolungato tornano a casa per ora di pranzo, il bando di appalto che scadeva il 28 luglio non ha ancora un vincitore ufficializzato. Ma è appena qualche giorno fa che sui siti delle scuole primarie e secondarie napoletane viene pubblicata la delibera n. 20, quella del 30 marzo, che prevede “il versamento – all’atto dell’iscrizione – dell’importo di Euro 15 quale contributo per l’organizzazione generale del servizio”.

Quale organizzazione? Quale servizio?

Piccolo avvertimento: le domande “quale organizzazione?” e “quale servizio?” resteranno inevase in quest’articolo. D’altra parte ad oggi il Comune non è ancora in grado di fornire una data certa di partenza, figurarsi ulteriori dettagli. E non sorprende, visto che una decisione presa 7 mesi fa – e che prevede un pagamento all’atto dell’iscrizione dei figli a scuola – viene comunicata ai genitori un mese dopo l’avvenuta iscrizione.

La tassa frutterà circa 450mila euro alle casse comunali

Ma il prolasso delle tempistiche è nulla al confronto della genialità sottintesa nella circolare, protocollata il 2 ottobre. Ve la spieghiamo bene, ché merita.

Il Comune di Napoli chiede ad ogni famiglia, che già – va rimarcato – aveva iscritto i propri bambini al tempo prolungato includendo l’adesione al servizio di refezione scolastica, un ulteriore balzello: 15 euro una tantum.

Moltiplicati per i circa 30.000 bambini che il servizio sfama parliamo di 450.000 euro. Così, senza ulteriori spiegazioni. Come quando ti fermano per strada e ti chiedono un euro perché gli manca giusto quello per comprare un panino… In questo caso, stando alle tariffe da delibera, è come se ognuno regalasse ad inizio anno un pasto completo al Comune di Napoli.

La procedura in capo al genitore

Ma non basta farsene una ragione, no. Se vuoi pagare i 15 euro c’è tutta una procedura “in capo al genitore” da seguire. Dunque: vai alla pagina dedicata sul sito del Comune, fai una registrazione inserendo dati anagrafici, codice fiscale e indirizzo mail (nota bene: è obbligatorio possederne uno, sennò ti tocca vedertela direttamente con la segreteria della scuola).

Il sistema manda via mail la password di accesso, con la quale tornando alla pagina principale puoi finalmente cominciare a compilare la domanda online. Meno male che il Comune ci tiene a sottolineare che la compilazione è “agevolata” da pratici “menù a tendina”, eh. Ci tengono, a renderti la vita facile. Peccato che alcuni dei genitori che finora hanno ingoiato il boccone amaro senza farsi troppe domande, a un paio di giorni dalla prima fase di registrazione non abbiano ancora ricevuto la password…

Gli Isee, questi sconosciuti

Ma andiamo avanti. Per accedere alle tariffe agevolate devi inserire i dati ISEE, che molti Caf non hanno ancora fornito. Altrimenti accetti la tariffa massima, come da prassi. Inviata la domanda, poi, il sistema provvede ad inviare il bollettino postale per pagare il contributo.

Ad ottobre il Comune deve ancora percepire i pagamenti arretrati

In un contesto in cui il Comune sta ancora – ad ottobre – facendo pervenire alle famiglie i bollettini per il pagamento  della mensa del maggio scorso.

Il meccanismo geniale

La genialità dell’operazione salta all’occhio un attimo dopo. “Il servizio di refezione – si legge nella circolare – verrà attivato esclusivamente a seguito della verifica del corretto inserimento dei dati nel sistema”, “dell’acquisizione del pagamento di 15 euro”, e “dopo aver incrociato i dati ISEE con la banca dati dell’INPS”.

Considerati i tempi di avvenuta comunicazione, quelli di accettazione da parte delle famiglie, dei tempi tecnici di registrazione, dei pagamenti e soprattutto del controllo individuale del pagamento avvenuto… beh, a occhio, i bambini di prima elementare dovrebbero ricevere il primo pasto ormai grandicelli, sui banchi di quinta.

Se non pagheranno i 30mila non mangerà nessuno?

Attenzione, “individuale” è una parola chiave per la comprensione del sagace meccanismo ideato dal Comune. Perché pur “trattandosi di un servizio a domanda individuale”, “la distribuzione dei pasti non potrà avvenire fino alla definizione completa della procedura” da parte della scuola.

Traducendo: se il piccolo Marco ha pagato il balzello, dovrà comunque attendere che anche il resto dei suoi compagni di scuola lo abbia fatto. Nel frattempo, niente: si esce alle 13. Pregiudicando la didattica organizzata in base al previsto numero di ore del tempo pieno e gestita invece in non più di 4-5 ore giornaliere, e il ménage delle famiglie costrette a ricorrere ad aiuti esterni durante l’orario di lavoro.

Il no al panino in classe

È fisiologico che, in questo panorama di incertezza totale sulla risolvibilità della situazione ancor prima che sui tempi, sia riesplosa nelle famigerate “chat delle mamme” l’invocazione al “panino in classe”. Sì, proprio quello che nell’ordinanza della X sezione del Tribunale di Napoli, nella sua infelice lettura, venne bandito dalle scuole.

refezione scuola napoli

Peccato che quella decisione fu presa nell’ambito di un procedimento di urgenza, intervenuta a seguito di una domanda cautelare volta ad ottenere il riconoscimento del diritto a consumare un’alternativa alla refezione, in uno scenario nel quale il servizio era regolarmente erogato. Tanto è vero che a seguito del reclamo lo stesso Collegio della X sezione abbia poi chiaramente affermato che il singolo istituto scolastico potrebbe dotarsi di regole e modalità per il consumo del pasto domestico in classe.

Proprio perché il “panino” non si porrebbe come alternativa alla refezione, ma come unico modo di perseguire il tempo pieno in assenza del servizio prestato dal Comune.

E chi non paga?

In funzione della natura “individuale” della richiesta al servizio, inoltre, gli scenari di sviluppo sono poco prevedibili. Cosa succede, ad esempio, se un genitore decide di non pagare il contributo? Vedrebbe suo figlio sradicato dalla sua classe e spostato d’ufficio al tempo ridotto? O la scuola si prenderebbe la responsabilità di tenere il bambino in classe per otto ore a digiuno?

Resta a far da sfondo a questa buro-storia una certezza: il Comune deve far cassa, altro che “contributo per l’organizzazione”. E lo palesa, in sostanza, nella delibera stessa, quando scrive che “per effetto dei recenti e ulteriori tagli” del Governo, il Comune deve decurtare risorse essenziali per i servizi destinati alla comunità”.

E aggiunge: “L’amministrazione si impegna a condizionare la cancellazione dell’introduzione dell’importo di euro 15 allo sblocco dei trasferimenti o all’eventuale intervento del Governo sul Cr8”.

Il Cr8 è il consorzio che ha chiesto il pignoramento di 120 milioni dei conti del Comune per un debito che risale al terremoto dell’Irpinia, 1980. Ovvero: gli alunni del 2017 vengono usati, nella logica dell’amministrazione di De Magistris, come leva sul governo per ammorbidire debiti di 40 anni fa.

Appena un anno fa, l’autunno caldo delle chat scolastiche era inaugurato dal problema della qualità del cibo offerto ai bambini, della trasparenza delle società appaltatrici, e dei menù troppo poco “bio”. Il Comune di Napoli è riuscito, non era facile, a rilanciare: l’eterna lotta tra merluzzo e pangasio è ormai solo un piacevole ricordo.

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