ilNapolista

Il turn over non cambia il Napoli (che prova a essere cerebrale)

Verona-Napoli, l’analisi tattica: il Napoli di quest’anno sta studiando un modo per essere multiforme. Nel ritmo, negli uomini, nelle attribuzioni.

Il turn over non cambia il Napoli (che prova a essere cerebrale)

La partita che ci aspettavamo

Verona-Napoli non è stata molto diversa da ciò che prometteva di essere. Forse, l’unico cambiamento reale è arrivato grazie alle scelte sorprendenti di Pecchia che, pur di tenere compatta la squadra, ha deciso di rinunciare a Pazzini. La scelta del tecnico gialloblù è stata chiara: allungare lo schieramento sul terreno di gioco con un centravanti statico non serve a niente contro un Napoli che gioca in un certo modo. E che sta anche meglio fisicamente, retaggio di una preparazione calibrata sul playoff di Champions.

Inoltre, la seconda idea (ribadita da Pecchia nel postpartita) era quella di aumentare il tasso di velocità sugli esterni e in attacco senza dare punti di riferimento. La volontà era quella di mettere in difficoltà il Napoli con palloni alle spalle della linea, con lanci verticali, nati soprattutto dopo una costruzione bassa elementare. Il dato di 79 palloni lunghi contro i 43 del Napoli è esplicativo di questa dinamica. Che però non ha funzionato, perché la qualità di questi tentativi lunghi è stata pessima (sotto, il campetto con tutti i lanci della squadra di Pecchia) e perché il Napoli ha difeso in maniera ordinata, reparti sempre vicini e precisi nel rispettare distanze e movimenti. Non va omesso che il rigore dei veneti nasce da una giocata di questo tipo. Sul 3-0 al minuto 80 è accettabile. Ma si deve comunque migliorare in questo senso.

Causa effetto

La conseguenza di questo doppio atteggiamento si legge nelle cifre del baricentro dei due schieramenti. E nelle scelte di gioco che il Napoli, ovvero la squadra deputata alla costruzione, ha dovuto fare nei pressi dell’area avversaria. Iniziamo dal baricentro, appunto: Napoli altissimo, al solito, fino a 54 metri; Verona più basso, squadra racchiusa in 25 metri ed “alta”, in campo, non oltre i 46 metri. Contro una costruzione difensiva di questo tipo, il Napoli non ha potuto far altro che cercare il gioco di combinazioni strette al limite dell’area per muovere gli uomini di Pecchia e cercare poi la conclusione. Sotto, un estratto della sintesi che ci spiega la necessità di utilizzare questo tipo di giocata.

In quest’occasione, Zielinski – mezzala destra secondo lo schieramento iniziale – attraversa in diagonale il campo per appoggiare l’azione sulla sinistra. Insigne lo trova in verticale, ma in area ci sono sei calciatori di movimento del Verona più il portiere. Impossibile cercare un pallone interno, l’unica soluzione è cercare lo spazio lasciato libero dall’aggressione (tutta orientata al pallone) degli uomini di Pecchia. Insigne occupa la posizione che solitamente è appannaggio di Hamsik, conclusione immediata e bravo Nicolas ad andare velocemente a terra. Sotto, il frame della stessa aziona che mostra il posizionamento della difesa del Verona in questa occasione. Cercare sempre combinazioni di questo tipo è diventata, durante il primo tempo, la modalità principale (se non l’unica) di superare il muro costruito da Pecchia davanti al suo portiere.

Per il Napoli, in questa dinamica di gioco, ha inciso (nel primo tempo) la pessima condizione del terreno di gioco. In molte occasioni, infatti, gli scambi stretti architettati da Milik, Callejon, Insigne & co. erano letteralmente trasformati dai rimbalzi irregolari della sfera. Altri, ovviamente, sono stati intercettati dalla difesa bassa e di grande densità voluta da Pecchia. Sotto, il campetto posizionale con tutti gli errori in appoggio del Napoli nei primi 45′. Sono stati commessi tutti, o quasi, nei pressi dell’area di rigore del Verona.

Tecnica

Non è un caso, non può esserlo: i migliori in campo del Napoli, in questa situazione, non potevano che essere i calciatori più tecnici. E quindi Insigne, innanzitutto, letteralmente sontuoso nella creazione del gioco. Per il numero 24, 4 passaggi chiave, 9 conclusioni verso la porta, e la sensazione di un dominio netto, del pallone e della partita. Accanto a Lorenzo, l’insospettabile Zielinski. Nella probabile formazione di ieriil Napolista aveva scritto così:

 Di certo, il Napoli non perderebbe in qualità con il polacco. Anzi, teoricamente il suo ingresso sarebbe anche giusto: il Verona, rispetto al Nizza, avrà velleità molto meno offensive. Di conseguenza, un calciatore che spacca le linee avversarie potrebbe essere molto, molto utile.

È andata esattamente così. Zielinski ha giocato il pallone 81 volte, con 4 passaggi chiave e 3 dribbling riusciti (quota record in campo). Ma, soprattutto, ha rappresentato un appoggio per la manovra in diverse zone di campo. Nell’azione di sopra, l’abbiamo visto sovrapporsi a sinistra, dal lato opposto rispetto alla sua posizione “nominale”. In ogni caso, sono le sue caratteristiche a non prevedere una sola zona di competenza. Basta vedere la sua heatmap, sotto, per capire che il suo è un gioco di grande movimento, di continuo spostamento. Per correttezza formale, questo dato grafico ha una limitazione temporale: si ferma al momento della sostituzione di Hamsik, “dirimpettaio” del polacco. Quindi, sotto, vediamo tutti gli spazi occupati da Zielinski nella sua partita come mezzala destra. Solo come mezzala destra. Anche se è davvero limitante definirlo così.

Il Napoli attacca da destra a sinistra.

Registi

Il Napoli è una squadra che ha principi di gioco radicati, ormai mandati a memoria. Tanto che il cambio di alcuni interpreti apporta modifiche sostanziali al piano partita. La sensazione rispetto a ieri sera riguarda l’idea di una diversa gestione dei momenti del match: il Napoli tiene altissima l’intensità offensiva in periodi di gioco più brevi, mentre in difesa riesce ad essere preciso solo quando è corto, con le giuste distanze (il rigore per il Verona arriva a fine partita e a risultato acquisito, solo a inizio ripresa c’è stato un altro piccolo momento di sbandamento). Probabilmente, la novità del nuovo Sarri riguarda proprio la volontà di governare il gioco in maniera più cerebrale, meno ossessiva. Il che, teoricamente, permetterebbe alla squadra di avere un controllo del gioco che prescinde dalle scelte di formazione, e che si esprime anche nei momenti di (necessaria) pausa.

Il concetto della gestione nonostante il turn over si è palesato con l’inserimento di Diawara. Che gioca in maniera fondamentalmente diversa da Jorginho, eppure il Napoli non cambia. Nonostante gli appoggi del guineano abbiano un ritmo diverso rispetto a quelli dell’italobrasiliano, i numeri finali sono simili: 105 palloni toccati, precisione negli appoggi del 91%. Un regista vero, anche se differente rispetto a quello cui siamo abituati.

Insigne è l’estensione di questo tipo di regia in attacco. Da lui, inteso come “dal suo lato” e “dai suoi piedi” il Napoli costruisce le sue occasioni in attacco. Secondo la distribuzione percentuale, ieri sera la fascia sinistra è stata usata nel 37% delle azioni. Insigne ha giocato 76 volte il pallone, secondo solo a Diawara in questa speciale classifica. Dietro di lui, Koulibaly e Chiriches, che si sono divisi il compito della prima costruzione in “assenza” di Albiol. 74 palloni giocati il senegalese, 66 il rumeno. Come dire: tutto bene, tutto normale, tutto come al solito nonostante un buon turn over. Difficile chiedere di meglio.

ilnapolista © riproduzione riservata