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Zeman: «Juve e Napoli davanti a tutti, i procuratori vanno da chi ha più soldi»

Intervista di Zdenek Zeman al Corriere della Sera: «Il calcio è diventato un’industria, dove si cerca solo di acchiappare più soldi».

Zeman: «Juve e Napoli davanti a tutti, i procuratori vanno da chi ha più soldi»

L’intervista al Corriere della Sera

Sono giorni di interviste mai e non banali. Dopo quella di ieri, con Walter Sabatini (risposte da leggere, che vanno molto al di là di “scudetto al Napoli”), ecco Zdenek Zeman. Sul Corriere della Sera. Il solito Zeman, verrebbe da dire. Forse, ancora meno banale. Si parla della sua carriera, del nuovo tentativo a Pescara. Ma anche di tutto il calcio, ed è un discreto piacere anche solo leggere le parole del boemo su quanto accade nel mondo del pallone. Immaginare certi concetti pronunciati con la sua voce dà un senso di pace interiore e tranquillità.

Tipo questa sulla Serie B: «Si dice che le retrocesse siano favorite per la promozione, ma se poi in serie A arrivano Benevento e Spal. Significa che non è vero». Inappuntabile. I giocatori padroni del calcio, quelli lanciati da Zeman (Insigne, Verratti, Immobile): «I giovani possono crescere, sui vecchi ormai che fai? Il talento conta, ma tutto dipende da loro, se seguono. Decidono loro sul futuro? No, dipende dai procuratori. Gestiscono interessi extracalcistici, vanno da chi paga di più. Una volta l’allenatore contava, oggi i giocatori parlano con il presidente». Pulito, chiaro.

Il calcio secondo Zdenek

Bonucci e Totti: «Se Bonucci va dalla Juve al Milan, è successo qualcosa nello spogliatoio. Di gente che bacia la maglia ne vedo tanta, ma tranne Totti è tutto teatro. Totti, appunto: non ha scelto lui, lo hanno fatto smettere, è diverso. Altri hanno deciso che non doveva giocare più, purtroppo».

La prossima Serie A: «Juve e Napoli davanti. La Roma ha cambiato troppo, però ho fiducia in Di Francesco, sempre che lo lascino fare. Perché Roma ha un ambiente stupendo, ma manca la società. Il presidente non c’è. Anche Inter e Milan avranno problemi in questo senso. La rosa dell’Inter l’anno scorso non era da 7° posto. All’Inter non si capisce chi decide, il magazziniere o chi? L’Inter è mancata in costruzione e gestione. Sul Milan: ha fatto un buon mercato, ma sembra quello dell’Inter dell’anno scorso, bisogna vedere se diventa squadra. Alcuni giocano con 11 stranieri, ma il gruppo deve capirsi, non è importante il singolo. Oggi invece si gioca sulle individualità, si prende il campione».

Il Real Madrid: «È un brutto esempio per gli altri: mettono Cristiano Ronaldo e vincono. Però Ronaldo è uno, l’unico che fa la differenza con Messi. Gli altri sono bravi, ma non spostano. Sacchi con il Milan ha esaltato il concetto di squadra. Aveva Van Basten e anche Colombo».

Il Var: «Non mi piace. Il calcio deve rimanere uguale. Ci sono gli errori dei giocatori, ci possono stare quelli degli arbitri, se non sono comandati dall’alto».

La nemica storica

Si parla anche di Juventus, altroché. Le dichiarazioni del 1998 sul doping, quelle che hanno influenzato – si dice – la sua carriera: «Il sistema era sbagliato e l’ho detto. Anche chi la pensava come me si è schierato (giustamente per loro) con il sistema. Sono stato penalizzato sicuro, ma non mi pento. Avevo offerte da Real e Barcellona, ho deciso di fare altro. France Football mi ha messo tra i 30 allenatori più importanti nella storia del calcio: mi basta».

Su Luciano Moggi: «È tornato in Albania, ma anche in Italia nonostante la squalifica ha a disposizione radio, giornali e televisioni. Non capisco chi lo cerca. Pensano risolva i problemi. Ma per me ha fatto fallire tanti club».

Gli scudetti esposti dalla Juventus allo Stadium, anche quelli tolti dalla giustizia sportiva: «Sarebbe normale intervenire, non giocare lì. Io sono uno che cerca di rispettare le regole e le decisioni degli altri, anche io sono stato squalificato per tre mesi, ho accettato. Tutta la gestione del sistema non mi piace, comunque. Il calcio non è più sport, ma un’industria dove si cerca di acchiappare più soldi e basta. Quando allenavo Lazio e Roma gli stadi erano pieni, oggi c’è poca gente. Si sono accorti che il calcio così non è interessante. Se uno sta a casa a vedere la partita dopo cinque minuti cambia canale e guarda i cartoni animati. Le partite non sono gradevoli».

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