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Il vero vincitore dell’affaire Donnarumma è il venditore Mino Raiola

Il procuratore di oggi, ovvero Mino Raiola, pensa ai propri interessi personali. Donnarumma potrebbe però essere penalizzato da una carriera nomade.

Il procuratore, oggi

Una ventina d’anni fa, un’intervista di Luigi Garzya, passò alla storia per la sua affermazione “sono pienamente d’accordo a metà col mister”. Furono i terribili ragazzacci di Mai dire gol a farla diventare il tormentone che rese famoso il malcapitato calciatore più che per le sue gesta in campo. Oggi quella affermazione descrive perfettamente la mia reazione alla lettura del bellissimo articolo di Roberto Procaccini sulla vicenda Donnarumma. Sono, infatti, “pienamente d’accordo a metà” con le sue affermazioni. Sono pienamente d’accordo con tutto quello che scrive Roberto; a metà perché è stato trascurato un aspetto della vicenda: l’evoluzione del ruolo del procuratore.

Wikipedia definisce Il procuratore sportivo come il professionista che negozia, per conto degli atleti, i contratti con le società sportive ottenendo, in cambio, una percentuale dell’ingaggio. In questo senso, il procuratore dovrebbe fare il bene del suo assistito e, se così fosse, non si potrebbe che essere pienamente d’accordo con tutto quanto scritto da Roberto Procaccini.
Il punto di vista cambia però se si considera l’evoluzione che Raiola ha dato al suo ruolo trasformandolo da procuratore a venditore.

Il venditore

Raiola si muove sul mercato non per il bene del suo assistito ma per il proprio. Per raggiungere il suo scopo, ovviamente dovrà illudere il calciatore di turno di fare scelte per il suo bene ma, in effetti, starà pensando esclusivamente al suo tornaconto personale (sebbene spesso i due obiettivi vengano di fatto raggiunti contemporaneamente). Se questo approccio sia giusto o meno non sta a me dirlo. Personalmente lo ritengo più che giusto.

Raiola è un grandissimo venditore. Conosce alla perfezione il mercato nel quale opera e le sue regole scritte e non, è in grado di creare esigenze anche laddove non ce n’erano, è in grado di gestire tutte le parti coinvolte in una trattativa partendo dagli assistiti e finendo ai media passando per le società coinvolte, riesce a gestire alla perfezione i tempi delle trattative, riesce ad avere sempre i prodotti migliori possibili, ha i contatti giusti per piazzarli al prezzo più alto. Insomma Raiola è il venditore che ogni azienda vorrebbe alle sue dipendenze.

Mino vince

In quest’ottica, mentre nel medio periodo il passo relativo a Donnarumma potrebbe rivelarsi deleterio per il giovane Gigio, per Raiola l’obiettivo è già raggiunto: ottenere il massimo possibile nel momento in cui si conclude la trattativa. Al procuratore non interessa la carriera del portiere ma solamente fargli cambiare maglia quante più volte possibile massimizzando, volta per volta, la cifra della vendita allo scopo di massimizzare la sua provvigione. Ovviamente. Giustamente. Il mercato lo richiede, lui glielo dà.

Se Donnarumma potrà essere danneggiato dalla operazione per tutti i motivi già discussi, Raiola ne esce senza dubbio vincitore soddisfatto. Una lunga carriera al Milan avrebbe potuto, probabilmente, aumentare il valore del calciatore ma, senza cessioni, Raiola non ci avrebbe guadagnato un granché. Nelle sue tasche entreranno molti più quattrini facendogli cambiare casacca al momento opportuno, ogni due o tre anni.

Previsioni

Al buon Gigio si prospetta una carriera nomade alla Ibrahimovic: tante maglie e una sola coppa europea, e nemmeno la migliore, vinta a carriera quasi conclusa. Certo con il suo conto in banca potrà commissionare e comprarsi tre o quattro coppe dalle grandi orecchie senza alcun patema. Vincerle però è un’altra cosa.

A Donnarumma, che tutto sommato non mi sta nemmeno antipatico, auguro di poterne vincere qualcuna in più (a meno che il mercato non lo porti in qualche odiata squadra italiana in nostra diretta e permanente concorrenza – in fondo, anche io, voglio solo massimizzare i miei risultati).

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