Torino-Napoli, la partita non guardata: i tifosi, la fantasia di un coro o applicata al calcio, raccontare una partita ragionandoci sopra.
Il gioco del calcio è uno degli oggetti narrativi più difficili, come tutte le cose che stanno in movimento è più complicato da raccontare. È sempre più dura la descrizione di una bicicletta da corsa in gara che quella di uno spaventapasseri.
Lo spaventapasseri
Lo spaventapasseri è statico, fermo. Scriveremo dei colori con cui è ricoperto, spiegheremo al centimetro la sua posizione sul campo coltivato, potremo modificare la luce che lo investe – diversa – se trattiamo dell’alba, del sole calante di fine giornata, di una giornata di pioggia. Eppure lo spaventapasseri non si muoverà nemmeno quando il passero impavido gli starà passando accanto.
Calcisticamente parlando lo spaventapasseri è un Inler; un gruppo di spaventapasseri è – per esempio – il Palermo di quest’anno. Undici spaventapasseri immobili intanto che i corvi arrivano planando e beccano indisturbati da tutte le parti.
La bicicletta da corsa
Prendiamo la bicicletta da corsa, prendiamola mentre il ciclista sta in gruppo, in una di quelle tappe che vengono chiamate di trasferimento; descriviamo la bicicletta e il suo colore, che si differenzierà leggermente dalle altre, vediamo la postura del ciclista, il suo caschetto, le gocce di pioggia che si appoggiano sul manubrio, queste nel caso in cui il regista della diretta televisiva abbia zoomato al momento giusto.
Prendiamo ora una bicicletta in una tappa di montagna, già solo a scrivere montagna la bici ci appare diversa e infatti lo è. È preparata diversamente a cominciare dai rapporti, forse è un modello più leggero, ma comunque sarà sempre proporzionata al peso e all’altezza del corridore. Il ciclista, ma diciamo pure campione, scatta a venti curve dal traguardo, sta piovendo o meno, a ogni curva la bici sarà diversa perché diversa è la luce che la colpisce; su un versante ci saranno alberi e in quello successivo si vedrà lo strapiombo con sotto la vallata.
Un attimo prima il campione starà seduto, le mani sul manubrio, in posizione aerodinamica, magari non perfetta che ci farà pensare a un principio di stanchezza, l’attimo dopo, alla curva successiva, scatterà in piedi sui pedali per prodursi in nuovo scatto, e così via fino al traguardo. In ognuno dei venti tornanti vedremo una bicicletta diversa e così dovremo descriverla.
Il Napoli scatta
Tornando al calcio potremmo dire che la bicicletta in mezzo al gruppo è la Fiorentina, è l’Atalanta, se sta più indietro è il Torino. La bicicletta che emerge dal gruppo per scattare in salita e curva dopo curva incantare, è il Napoli. La bicicletta è più difficile da raccontare di uno spaventapasseri anche se entrambi i soggetti sono letterariamente stimolanti.
Una partita come quella di ieri può essere raccontata in due modi (a mio parere, ma è chiaro che i modi potrebbero essere molti di più). Il primo modo avrebbe i toni dell’esultanza e del trionfo, il secondo quello dell’osservazione e del ragionamento, oggi scelgo il secondo.
Un ragionamento sul primo gol
È una delle azioni che preferisco, perché è figlia di organizzazione e semplicità. È un’azione che avremo visto fare dal Napoli almeno mille volte. Callejón taglia verso l’area di rigore a dettare il passaggio; passaggio che – in questo caso per opera di Allan – arriva. Callejón si allarga, coordina e incrocia il tiro sul secondo palo, tutto molto semplice. Ma perché è così semplice? Perché i difensori del Torino non hanno capito, fatto a tempo, non hanno visto o previsto quello che stava accadendo?
Perché quei movimenti tanto semplici sono preceduti e accompagnati da altri movimenti; movimenti che avvengono in pochi istanti e il difensore al limite dell’area deve pensare al taglio probabile di Mertens, a dove si trovi Insigne, a quello che farà Callejón (verrà incontro o scatterà?), dovrà pensare ad Hamsik (si inserirà dentro l’area o aspetterà al limite?). Direte che il difensore non è uno solo, certo che non lo è, vi rispondo, ma il pensiero difensivo è collettivo, tutta la linea difensiva pensa alle cose che vi ho elencato in quattro/cinque secondi e, contro il Napoli, spesso fallisce. Se sei Bonucci raramente, se sei uno del Torino frequentemente.
Un’osservazione sul raddoppio sfiorato più volte
Osservo che il Napoli ogni tanto, quando capisce che quella partita sarà vinta, si rilassa e cerca il gol bellissimo al posto di cercare il gol, andando in contraddizione. Se il Napoli cerca soltanto il gol, come fa di solito, lo trova e, quasi sempre, è un gol di pregevole fattura (il Napoli quasi mai fa gol brutti). Se non ti sforzi di cercare il pallonetto è probabile che qualche minuto dopo troverai un gol ancora più bello. Segui lo schema, non perdere tempo.
Un ragionamento sulle tifoserie
Ieri un mio amico, lo scrittore Luca Giordano, tifoso del Toro, era in curva Maratona. Luca si è un po’ risentito quando ho scritto sui social – in sintesi, come altre volte –che ci insulta viene distrutto. Luca dice che dalla Maratona a parte i rituali “Napoli Vaffanculo”, più che accettabili, non si è cantato altro e io gli credo. Credo anche a Matteo che era allo stadio e a Benito, che mi hanno ragguagliato e che hanno sentito, per esempio: “Odio Napoli”, dall’inizio alla fine della partita.
Luca mi ha fatto riflettere, dicendo che certi cori si sono sempre fatti e sono la normalità, si riferiva soprattutto al vaffanculo della Maratona. Maratona che alla fine ha anche applaudito il Napoli. Quello che ho tentato di spiegare più volte e che forse non ho spiegato bene è un fatto semplice: cori come “lavali col fuoco” o “odio Napoli” o “noi non siamo napoletani” sono talmente cretini da non riuscire più nel loro intento di offendere.
A me disturba il fatto che non siano divertenti. Allo stadio (penso anche al San Paolo) una volta c’era più fantasia. Se un tifoso rinuncia all’invenzione di un coro divertente sceglie di fare a meno della fantasia e a quel punto gli andrà bene che la sua squadra vinca tutte le partite per uno a zero, giocando male; peggio ancora, tornerà contento dopo uno scialbo zero a zero perché quel punto gli serviva. Ma serviva a cosa? Not in my name, grazie.
Un ragionamento sul secondo tempo del Napoli
Massimiliano Gallo ha scritto “sembrava un allenamento” e, in effetti, è così. Quando l’avversario è annichilito, quando non tira quasi mai in porta, quando non supera il centrocampo, quando svanisce dal campo si può dire che ci è parso un allenamento, ma il Torino è una buona squadra, organizzata, con bravi centrocampisti e ottimi attaccanti, con un fenomeno tra questi ultimi. Svanisce dal campo perché il Napoli la fa svanire. Passaggi fitti, scambi rapidi, accelerazioni, tagli, spunti di classe, velocità di pensiero e di esecuzione e pluff il granata sbiadisce, la partita finisce.
Come vedete non è un fatto semplice raccontare il gioco del calcio, è sempre un racconto in divenire, scriviamo per tentare di capirlo, di fermare un momento (o un movimento) che fermo non è mai anche quando è già accaduto, rivediamo un’azione al replay ma è inutile, non ci salveremo nemmeno con il fermo immagine, come nella vita.
Notizie dall’Inghilterra
Non possiamo non fare i complimenti ad Antonio Conte, simpatico o meno è un grande tecnico e ha trionfato in un anno di transizione. Stamattina, tra i ricordi che propone Facebook, mi è comparsa la poesia che scrissi quando Benitez se ne andò. Mister ti voglio sempre bene.
Note a margine
- Non sprecherò un solo minuto del mio tempo su cosa ha detto Sarri e su cosa gli ha poi risposto De Laurentiis, quello che dicono o non dicono non cambia niente. Quando il rapporto finirà lo farà in silenzio, non lo farà per qualche frasetta.
- Mi dicono che ieri sera all’Olimpico si è disputata una partita amichevole, ma come ho scritto prima di quella partita a un amico romanista: “Non seguo il calcio minore”, e non dovreste nemmeno voi.
- Adora Callejón tuo come te stesso.
- Questo pezzo è dedicato a due amici che tifano Torino: Luca Giordano e Giovanni Amateis, sportivissimi e intenditori di pallone.
- #IoStoConSarri come da accordi.