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Il Napoli è adulto (lo dicono i numeri e i record). Ne prenda atto e non si atteggi più da outsider

Il secondo campionato ad altezze siderali certifica la forza del Napoli. Che non è mai stata così vicino allo scudetto, e sta imparando la consapevolezza.

Il Napoli è adulto (lo dicono i numeri e i record). Ne prenda atto e non si atteggi più da outsider

I numeri

Il Napoli ha sei possibilità di punteggio finale: 80, 81, 82, 83, 84 e 86 punti. Quattro di queste possibilità, le quattro più alte, rappresenterebbero la quota record per un terzo posto. La sesta significherebbe una quota da primato anche per la seconda posizione. Solo la prima Roma di Garcia, anno di grazia 2014, ha chiuso al secondo posto con 85 punti.

E poi ci sono i numeri del confronto: 86 gol già segnati contro gli 80 dell’anno scorso, i 42 punti nel girone di ritorno – a 2 giornate dalla fine, quindi con la possibilità di arrivare a 48 in 19 incontri: media 2.5, proiezione 96 su un intero torneo, il +4 con un Higuain in meno e una Champions in più. Insomma, tanta roba. Tantissima roba.

Le conseguenze dei numeri

Quando sei al secondo campionato di questa fattura, puramente matematica, è semplice se non obbligatorio parlare di conferma. Di una conferma ad alti, ad altissimi livelli. Al di là del rammarico per i punti persi in determinate partite, solo i punteggi record della Juventus 2016 e della Roma di quest’anno hanno tolto al Napoli il primo posto e la qualificazione diretta in Champions. Che poi i ragionamenti sulle partite buttate lasciano il tempo che trovano. La Juventus ha perso punti contro Torino, Udinese e Genoa, la Roma contro Empoli, Fiorentina e Torino. Della serie: non si può vincere sempre. Nessuno può.

Per tutta questa serie di motivi, e per il fatto che il Napoli non aveva mai avuto un distacco tanto risicato dalla prima posizione (il record alla 38esima è il -9 del 2013 e del 2016), la conclusione è semplice. Semplice quanto netta, chiara, precisa. Il Napoli è diventato adulto. La Juventus resta più forte, è prima in classifica, questo basta a dimostrarlo. Ma l’atteggiamento della squadra azzurra non deve essere più quello dell’invitata, dell’outsider seppure di gran lusso. No. Il Napoli è una squadra che lotta pienamente per lo scudetto. Che può farlo. Che ha dimostrato di essere in grado di farlo. Nell’anno in cui ha perso Higuain, capocannoniere record nella storia della Serie A.

Atteggiamento dovuto

Il Napoli non può più nascondersi. Se la squadra di Sarri non è più realmente in corsa (formalmente è ancora così, ma siamo nel campo degli unicorni e dei bianconigli e dei cappellai matti) per lo scudetto, lo si deve ad alcuni risultati negativi. Alcuni di questi sono fisiologici nel corso della stagione. Lo dimostra la Juventus, che nella totalità di due campionati vinti alla grande come questo in corso e quello scorso, ha collezionato alcuni risultati negativi. Tutti all’inizio lo scorso anno, più distribuiti oggi. Quindi, come dire: Napoli-Palermo o Atalanta-Napoli rientrano in una possibile quanto antipatica normalità. Del resto, la Juve ha perso contro il Genoa in lotta per non retrocedere e la Roma ha fatto 0-0 a Empoli.

Sono (stati) decisivi, per il Napoli, gli scontri diretti di ottobre. Lo abbiamo scritto già qualche giorno fa, quella disamina assume ancora più validità oggi. Oggi che la squadra in testa alla classifica ha certificato matematicamente che non potrà migliorare i 91 punti dell’anno scorso. Oggi che la squadra in testa alla classifica ha palesemente rallentato la sua corsa, è entrata in modalità di gestione ma intanto è distante solo cinque punti. Che avrebbero potuto essere tre, uno. Ma anche sette. Non è questo il punto. È la forza del Napoli ad essere oramai certificata. È la sua pericolosità ad alti livelli. Che costringe tutto l’ambiente a sentirsi in piena corsa per i massimi traguardi. L’abbiamo scritto qualche giorno fa. Se facciamo birdwatching e guardiamo intorno a noi, nessuno può essere definito contender come il Napoli. Non manca nulla, a questa squadra. Solo la forza, soprattutto mentale, di essere all’altezza di se stessa nei momenti decisivi. Quello che fa la differenza con la Juve, oggi. Anzi, l’ha fatta ieri, nel senso di mesi fa.

Crescere, tutti

Da questo presupposto mentale deve partire la nuova stagione. Le domande e le risposte ai media, del tecnico e del presidente e della squadra. Noi siamo qui per giocarci il titolo, lo possiamo fare. L’abbiamo dimostrato. Consapevolezza di essere diventati grandi, in senso di risultati come di età, di approccio, di atteggiamento. Si parte e si parta da qui, si arriva e si arrivi al campo. Non perché poi maggio porta sottobraccio i rammarichi per quello che siamo e non siamo stati, ma perché è ora. Il Napoli di quest’anno ha pochi rimpianti veri, del resto partiva con tante incognite. Prima di tutto interne, cioè del Napoli e dell’ambiente verso il Napoli stesso. Ora questo diktat non può più esistere. Possiamo essere bellissimi, l’abbiamo dimostrato.

Anche per questo c’è un dato: nelle ultime 6 partite, tre gol subiti. Di cui due a Reggio Emilia. Quattro match con Reina senza subire gol. Il problema dei gol incassati risolto, o quantomeno tamponato. L’altra rete subita al 93esimo, contro il Cagliari. Sul 3-0. Ci incazzammo tutti, quel giorno. Si incazzarono tutti. Sarri, Reina. Consapevolezza. Vuol dire questo. Forse l’abbiamo scoperta. Speriamo, almeno.

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