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Napoli 10 maggio 2017: l’autobus rosso simbolo dell’improvvisazione

Il trentennale del primo scudetto del Napoli è stato organizzato male e si è chiuso peggio, con l’immagine del cancello sprangato del San Paolo.

Napoli 10 maggio 2017: l’autobus rosso simbolo dell’improvvisazione

Un’occasione

Premessa: sono sempre stato favorevole alla liturgia delle celebrazioni. Un po’ come tutti i bambini mai cresciuti veramente, ma solo invecchiati, ho sempre messo in relazione la celebrazione con un evento gioioso o di festa. In realtà, l’etimologia della parola celebrare richiama come significato l’affollare, il frequentare. E quindi più che festosa, una celebrazione è qualcosa di solenne nel suo cerimoniale. L’esatto contrario di quanto accaduto ieri in città durante una giornata che avrebbe potuto essere un inno alla gioia.

A Napoli il 10 maggio c’era la possibilità di celebrare il 30° anniversario del primo scudetto. La naturale propensione cittadina verso il festoso ricordo si è trasformata in un caos sospeso tra la drammatica caccia al colpevole sabotatore e i tipici siparietti da sceneggiata. Le tappe degli appuntamenti sono apparsi privi di una regìa e quindi la negazione dell’essenza che si intendeva celebrare. Napoli e il Napoli hanno vinto il primo scudetto per due motivi principali: la classe inarrivabile di Maradona e la capacità di costruire intorno al più grande calciatore di tutti i tempi una società seria ed organizzata. Ieri mancavano entrambe le motivazioni.

Improvvisazione

Seguendo in tempo reale, grazie ai siti dei quotidiani, alcuni tra gli appuntamenti che hanno caratterizzato questa giornata di ordinaria follia. È apparsa subito chiara la mancanza di un programma della celebrazione. Alcuni calciatori che facevano parte di quello storico Napoli, dopo essersi dato appuntamento presso un bar di Mergellina, sono stati poi ricevuti dalle istituzioni civili e da quelle religiose. Essendo un fan dei festeggiamenti e delle celebrazioni, ho “giustificato” il doppio appuntamento istituzionale, al Comune e alla Regione, con il fatto che quel successo del Napoli – allo stesso modo del Cagliari degli anni Settanta – ha rappresentato un vittorioso riscatto per il capoluogo, per la Campania e per l’intero Mezzogiorno d’Italia.

Fin qui la parte civile. Passiamo a quella religiosa. Lo scioglimento del sangue di San Gennaro live di fronte al grande Bruscolotti, ha invece richiamato alla mente quell’episodio che Dumas descrisse ne Il corricolo, allorché il Martire compì il miracolo della liquefazione nei tempi supplementari “per espresso ordine” del generale Championnet, comandante delle truppe francesi che sostenevano la Repubblica Napoletana nel 1799.

Al San Paolo

E a proposito di “corricolo”, quello usato ieri per gli spostamenti era di colore rosso e non azzurro. Il bus turistico a due piani che ha portato in giro per la città la comitiva di calciatori e giornalisti si è bloccato davanti al San Paolo, lo stadio che avrebbe dovuto essere un po’ il sancta sanctorum della giornata celebrativa. Su quel verde prato, trent’anni prima, cominciò l’apoteosi. Sul nero asfalto è cominciato uno sketch che a tratti è parso degno di un film di Totò, giusto per volere citare un Principe più o meno degnamente celebrato in questi giorni.

Non sappiamo se la colpa del portone dello stadio chiuso, chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare, sia una colpa del Comune, della Società sportiva o magari è solo merito di un custode che in assenza di permessi superiori non ha giustamente aperto.

Resterà nell’indelebilità del web l’immagine del cancello sprangato con relativa conferenza stampa arrangiata come un po’ tutta la giornata. Poteva essere una festa per la squadra e per la città, un modo per rendere quel ricordo vivo, operante, in grado di trasmettere nello stesso tempo conoscenza storica e senso di appartenenza alla stessa città e alla stessa squadra. Non è stato così.

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