ilNapolista

Mazzarri, Sarri e quell’Empoli-Napoli di trent’anni fa con Maradona

Il Napoli arrivò un po’ stanco a quella partita. Abbiamo provato a immaginare i pensieri di Mazzarri (che era in panchina) e Sarri (chissà, forse era sugli spalti).

Mazzarri, Sarri e quell’Empoli-Napoli di trent’anni fa con Maradona
Maradona a Empoli nel 1987

Davide contro Golia

La sfida era di quelle che sanno di storia, di prime volte importanti, di quelle che ti fanno sentire tra le sedici grandi del calcio italiano. Erano ormai giorni che “Il Tirreno” e “La Nazione”, edizione di Empoli, parlavano di quella gara che vedeva contrapposti la squadra di casa e il Napoli di Maradona al “Castellani”. Nei bar e nei circoli sportivi era un monologo, Davide contro Golia, la battaglia epica da raccontare un giorno ai nipotini. Anche il gruppo dei Rangers, gli storici supporter empolesi, aveva fatto più di un incontro nelle sedi ultras per preparare una coreografia degna di questo nome, per non sfigurare nel confronto a distanza con i supporter napoletani, attesi numerosi come sempre.

Il primo campionato dell’Empoli in Serie A era iniziato giocando le gare in casa al “Franchi” di Firenze per l’adeguamento del proprio stadio ai nuovi parametri della massima categoria. Con la Juventus si erano superate le 40mila unità, il cassiere aveva gongolato per giorni. E quando lo vedo più un incasso del genere? Col Napoli, invece, non si correva più il rischio del pienone poichè lo stadio era omologato per 20mila presenze e, tra tifosi toscani e napoletani in trasferta, quel giorno i dati ufficiali parlarono di 18875 presenze. Si giocava alle tre ed era una splendida giornata di sole, la primavera più che alle porte, aveva bussato ed era già entrata, la colonnina dei gradi sfiorava il numero 20. Si attendeva, quindi, un bel colpo d’occhio anche perché il Napoli era al comando della classifica e sentiva odore di tricolore sebbene nessuno nominasse la fatidica parola scudetto.

Il Napoli arrivò stanco

L’Empoli, dal canto suo, era in piena bagarre per la retrocessione, lottava con i denti e mostrava l’orgoglio di chi stava costruendo la sua salvezza con un punticino alla volta. Gli azzurri erano in una fase poco brillante, mostravano un po’ di stanchezza, la settimana precedente avevano battuto la Juventus al San Paolo per 2 a 1 e con non poca fatica. Si era vista una squadra a tratti un po’ “bollita” e solo la grande volontà dopo il gol del vantaggio definitivo di Romano aveva fatto sì che i due punti andassero nelle tasche del Napoli. L’Empoli, la settimana precedente, era incappato in un falso passo a Verona e sembrava pagare ancora il dazio dell’inesperienza nella massima serie.

Empoli-Napoli 0-0

Maradona a Empoli nel 1987

Sarri e il Napoli di Vinicio

Quel giorno, il 5 aprile del 1987, Maurizio era abbastanza euforico, non erano state tante le occasioni di vedere il suo Napoli dal vivo, dopo il battesimo al “Franchi” di Firenze dove nel 1976 era andato a tifare per la spettacolare squadra di Vinicio che pareggiò per 1 a 1 con la Viola, rete di Massa. Chissà, forse quel giorno si innamorò del bel calcio propositivo e d’attacco e ripudiò il vecchio sistema italico del “prima non prenderle”. Non era ancora maggiorenne ma, dopo le femmine e la lettura, aveva un solo amore. Il calcio e la maglia azzurra uniti in un indissolubile connubio. Ricordava poco della sua infanzia a Bagnoli ma il papà, gruista all’Italsider, gli aveva detto cose fantastiche di Napoli. Fu inevitabile attaccarsi la maglia color del cielo e del mare sulla pelle.

Da Figline ad Empoli, del resto, non ci sono che 60 km, cosa vuoi che sia per andare a vedere Maradona, Bagni, Giordano e compagnia ad un’ora di macchina? “Si va” disse agli amici, senza fregarsene del posto che avrebbe occupato al “Castellani”, dopo una snervante settimana di lavoro in banca. Lui voleva vedere il Napoli. Daniela gli preparò una merenda, il tempo di passare a prendere Giorgio e Marco, gli amici di sempre, e si partì in direzione Empoli con la Fiat Uno. Felice, spensierato, si coccolava il panino col prosciutto e pensava cosa avrebbe potuto apprendere da quella partita, da Bianchi, il condottiero di quella squadra, o da Salvemini, un maestro delle provinciali.

I grandi fumatori in panchina

Forse stava già prendendo in considerazione l’idea che da lì a poco avrebbe fatto l’allenatore. O almeno ci sperava visto che la carriera di giocatore era durata ben poco, finita a 25 anni per un infortunio. Ne parlava con gli amici e confessava che la sua più grande aspirazione era quella di sedersi su una panchina, prima o poi. Avrebbe accettato anche l’alternanza lavoro-sport pur di fare quello per cui si sentiva portato, avrebbe barattato anche il posto in banca se si fosse presentata la grossa occasione. Prima Categoria, Eccellenza o Serie B, non importava, non faceva differenza. Lui voleva respirare l’odore dell’erba, insegnare il calcio e fare qualche bella boccata di nicotina ad ogni vittoria della sua squadra. Del resto fumare in campo non era vietato, tutti lo facevano, da Rocco a Scopigno, da Pesaola a Trapattoni e davanti alle panchine spesso si notavano cimiteri di sigarette.

Alle 13.30 in punto Maurizio e i suoi amici arrivarono nel parcheggio dello stadio e si precipitarono ai botteghini per accaparrarsi un biglietto per la gara. I napoletani erano tantissimi, forse anche lui si sentiva un pò figlio di Partenope sebbene l’accento rimanesse marcatamente toscano. Addirittura comparvero manifesti di benvenuto ai napoletani sulle mura dello stadio, una bella accoglienza da parte dei toscani. La fila fu ordinata e composta e, tra una battuta in fiorentino e una disamina tecnica della partita, il tempo sembrò scorrere velocemente. Si sa, in fila siamo tutti mister e commissari tecnici. E chi poteva esserlo più di lui?

Mazzarri con l’Empoli

Maradona che palleggiava

Quando entrò e prese posto sugli spalti si riempì il cuore di gioia vedendo il Napoli fare il riscaldamento sul verde perfetto dello stadio. Maradona saltellava e faceva giravolte, Garella volava tra un palo e l’altro per respingere i tiri di Giordano e Carnevale, Romano e De Napoli facevano scatti ed allungamenti, Sola e Volpecina erano concentrati come non mai. Il Napoli sembrava un tutto armonico e riusciva bene a mascherare la presunta stanchezza col rush finale del campionato alle porte. Maurizio sorrideva da sotto gli occhiali e gli batteva il cuore, cominciò a contare i minuti che lo separavano dalle 15, ora d’inizio della partita.

In campo, poi, entrò anche l’Empoli, accolto dagli applausi dei suoi tifosi, dal sostegno continuo di una torcida piccola ma rumorosa. Iniziarono a scaldarsi Gelain, Lucci, Carboni, la chioma bionda di Ekstroem svettava sul resto della squadra e la sua tecnica, anche nel palleggio pre gara, non era più un mistero. Drago parava tutto il possibile, sapeva che gli assi del Napoli lo avrebbero bombardato da tutte le posizioni. Del resto Salvemini negli spogliatoi li aveva ben catechizzati : “Ragazzi, voglio che lottiate col coltello tra i denti, dobbiamo tornare a casa con almeno un punto, costi quel che costi!”. Ah, vecchio, antico e romantico calcio all’italiana.

C’era anche Mazzarri al Castellani

Tra coloro che correvano e si riscaldavano sul prato del “Castellani” c’era anche lui, Walter, un centrocampista di buona tecnica ma forse un pò incostante, chiuso da Casaroli ed Urbano. Scuola Fiorentina, il ventiseienne era passato all’Empoli dalla Reggiana con la speranza di giocare e di trovare continuità. È vero, prima del riscaldamento, Salvemini aveva già dato la formazione con il solito centrocampo e Walter era stato ancora una volta escluso dall’undici titolare ma anche lui fece scatti e palleggi, tiri in porta e accelerate. Forse la speranza di giocare almeno qualche minuto contro il Napoli di Maradona c’era. Chissà.

Sarri ai tempi della Sansovino

Dei 18mila spettatori almeno diecimila erano napoletani, lo stadio di Empoli, seppur piccolo, era un catino ed i cori rimandavano direttamente al San Paolo. All’inizio fiori per Maradona, mimose e gladioli per la nascita di Dalma, la sua primogenita. Proprio la nascita della figlia di Diego aveva creato non poche polemiche a Napoli poichè il campione argentino voleva andare a tutti i costi a Buenos Aires ad abbracciarla ma il Napoli gli negò il permesso. L’aut aut della società fu: “Andrai in Argentina ma solo dopo la partita con l’Empoli!”. In quella occasione Maradona ubbidì a malincuore, combattuto tra il non lasciare la squadra e l’amore per la prima figlia.

Arbitro Casarin

Tutti agli ordini di Casarin, si parte. Si vede subito che Salvemini ha disposto bene la squadra e riesce spesso ad ingabbiare i big del Napoli anche se la pressione de ragazzi di Bianchi appare costante. La prima parte del match è quella giocata con più vivacità. Dopo 3 minuti Drago sventa in tuffo, oltre la traversa, un tiro bomba di Romano, fioccano gli applausi. Maurizio in tribuna si porta le mani alla bocca in segno di disappunto mentre Walter in panchina tira un sospiro di sollievo. E’ poi la volta di Garella che sventa una trama tra il napoletano Baiano ed Ekstroem, pericolo scampato per il Napoli.

Maurizio capisce che Salvemini sta imbrigliando il Napoli, intuisce che sarà una gara di sofferenza, non semplice. Stavolta è, però, Walter che impreca, seduto e col 14 sulle spalle. Giordano fa tutto da solo e tira un bolide verso la porta toscana, la conclusione è alta di poco. Maurizio capisce che la gara può essere sbloccata solo da un gol dei solisti del Napoli mentre Walter è nervoso, vorrebbe entrare sul terreno di gioco per poter mettere un po’ di ordine a centrocampo. Alla fine del primo tempo due episodi dubbi in area dell’Empoli, un atterramento di Renica ed un fallo su Giordano. Gli azzurri protestano ma Casarin nicchia. Forse in cuor loro sanno che questa gara la possono sbloccare solo con un tiro dagli undici metri.

Il Napoli in maglia bianca

Maurizio, tra il primo ed il secondo tempo, addentò il suo panino e poi comprò una bottiglia di acqua minerale, la giornata era calda e quei primi 45 minuti non lo avevano entusiasmato. Però gli occhi si erano riempiti di felicità quando aveva visto Maradona ricevere quei fiori prima della partita, è lì che aveva capito che Diego Armando era nato solo per caso in Argentina. Nel secondo tempo il Napoli, in maglia bianca, sembrò entrare in campo con un piglio più autoritario, Bianchi si sarà fatto sentire negli spogliatoi. Ed anche i giocatori avranno pensato che sarebbe stato fondamentale vincere in Toscana.

Finalmente il Napoli segna dopo un’azione Giordano, Carnevale, Maradona e Carnevale. Andrea conclude a rete ma Casarin, su segnalazione del guardalinee, annulla per fuorigioco. Strozzato in gola l’urlo di gioia di Maurizio, sospirone di sollievo per Walter che si sta pian piano abituando all’idea che neanche stavolta entrerà in campo. Ormai Salvemini ha già sostituto Casaroli con Calonaci e Ekstroem per Osio. Sembra finire così la gara ma ancora lui si prende la squadra sulle spalle e fa l’indomito. Lui è Maradona, ovviamente. La sua punizione è magistrale ma Drago fa il…drago e vola a deviare in corner. Era scritto forse, finisce a reti inviolate. Il punto va benissimo agli azzurri di casa mentre il Napoli mette fieno in cascina in vista della volata finale.

La panchina nel destino

Alla fine della gara Maurizio e gli amici si avviarono verso la macchina commentando la gara con una precisa disamina delle cose viste in campo e con la convinzione che una panchina un giorno l’avrebbe trovata. Walter, nel frattempo, si fece la doccia, si asciugò la lunga chioma e si rimise il completo in doppio petto dell’Empoli. E pensò che forse, visto che lo facevano giocare poco, anche lui avrebbe potuto fare l’allenatore di calcio. Nella vita mai dire mai.

Ovviamente la storia ha delle attinenze con la realtà ma, per certi aspetti, è totalmente inventata. Noi non sappiamo se Maurizio Sarri quel giorno andò a vedere il Napoli ad Empoli ma sappiamo che tre anni dopo era sulla panchina dello Stia in Seconda Categoria e che il suo sogno stava diventando realtà. Sappiamo anche che Walter Mazzarri, in quella partita, era veramente in panchina con la maglia azzurra della squadra toscana e che dieci anni dopo era a fare il vice di Ulivieri a Bologna. Quando si dice “la panchina nel destino”.

ilnapolista © riproduzione riservata