Il coast to coast contro il Milan, i sei palloni d’oro slovacchi e i cori del San Paolo. Marek Hamsik, il percorso di un giovane campione oggi maggiorenne e temprato.
In principio fu Marek, poi venne la luce. Sbarbato, faccia d’angelo slovacca, con i capelli ancora timidi, atteggiati a malapena a crestina, indifesi. Pronti via, subito bullizzato da zio Paolo, “Marekiaro”, e lui si veste di quel soprannome fino a somigliargli. Già, simile a quella finestra, amata per inerzia dai napulegni, dove “a passione ce tuzzulea” e lui si affaccia beato e lucido per ammirare il suo popolo, quel popolo che lo ha adottato, lo ha sorretto e si è attaccato ad ogni suo numero, come in fila alla cassa dell’amore. Marek è quell’amico che viene a cena da te, mangia, suona e canta, e poi ritorna, non toglie il disturbo, non ti seduce e poi ti abbandona, come ad un falò sulla spiaggia, ubriaco con le credulone.
Marek è quell’amaca che dondola al San Paolo e ti fa dormire sonni tranquilli, perché quando lui non gioca, un paio di fari si spengono e tutto sembra più scuro. Ricordiamo, quando il bimbetto, tutta sfrontatezza e energia, strappò palla a Gattuso, si involò verso la porta rossonera, finta, rientro, e goal. Il Napoli giovane in serie A umiliò quel Milan che venne a cercare il punto Champions. Ricordo la corsa, ed il cuoricino sotto la tribuna. All’epoca li faceva Pato, quel giorno lo fece lui, quel giorno tanto storico in cui segnò persino, Garics!
Il coro
Quel giorno in cui, si alzò il coro “Ale, ale, ale Marek, Marek” e non è mai una cosa banale. Quel coro era l’Alleluja per Sua Divinità, e non a caso, un altro paio di preghiere e lui sarà per sempre li, in alto, nella storia, per la storia con sette numeri di avanzo, ma carichi come quel dieci tolto per rispetto. Marek è quel bimbetto, che ormai maggiorenne e temprato, ha alzato i primi trofei della nuova era, in faccia a quelli li, quelli che tutti sanno ma nessuno parla, sì insomma, quelli che di finestre ne hanno, ma aperte in un baratro oscuro, vuoi mettere sul golfo?
In principio fu Marek, poi venne la luce, dal Panionios al Real Madrid, ai sei palloni d’oro slovacchi, alla consacrazione, al periodo in cui, Don Raffaè non aveva compreso la ricetta di Cicerenella e lo aveva quasi lasciato, triste a cucire dietro la finestra, come le nonne. Il Marek intristito e solo, guardava in alto il suo popolo, e quegli occhi che lo avevano allevato con la classica devozione ma imbronciato, il suo angelo custode rigorosamente partenopeo, gli suggeriva” puorte pascienza” e aspettò, il condottiero che lo avrebbe di nuovo erto a riovluzionario, al Che dei Quartieri, a “guardaporta” di una città, che non aspetta altro che quel giorno, dove la storia farà il suo corso, dove Diego sarà Diego ma Marek sarà sempre la finestra da cui il Napoli ha vissuto, da spetttaotre, il Rinascimento.