Spalletti ha saputo rendere solida, quasi “juventinizzare” la sua Roma. Eppure, “sopravvivono” dei punti deboli: Bruno Peres in difesa, ad esempio.
Decisiva
Senza tema di smentita, la gara di domani a Roma è l’ultimo treno a disposizione del Napoli per il secondo posto. Un risultato positivo lascerebbe ancora qualche speranza, una sconfitta chiuderebbe definitivamente il discorso.
Dal punto di vista mentale, gli uomini di Sarri non affrontano questo match al meglio per via degli ultimi risultati negativi (anche se il primo tempo di Torino ha fornito segnali importanti dal punto di vista del gioco). Oltretutto, si trovano ad affrontare un avversario in un ottimo momento dal punto di vista dell’autostima e della percezione di sé (la sconfitta nel derby di Coppa Italia fa testo fino a un certo punto e più avanti spiegheremo perché). Che si è evoluto nel corso della stagione, migliorando i suoi punti di forza e trovandone di nuovi e limando molte imperfezioni.
La difesa a tre (elastica)
La differenza che salta di più all’occhio è la variante tattica con cui Spalletti, rispetto a inizio stagione, sta schierando i giallorossi. Da un 4-3-3/4-2-3-1 si è passati a un 3-4-2-1. Pure questo abbastanza elastico, perché in grado di diventare difesa a 5 in fase di non possesso o comunque di mutare, sempre in fase passiva, nuovamente in un 4-2-3-1 o in un 4-4-1-1.
La posizione determinante, negli scivolamenti, è data dagli esterni di centrocampo, Bruno Peres ed Emerson Palmieri, che possono abbassarsi sulla linea difensiva a turno o contemporaneamente, per diventare poi praticamente ali (soprattutto Bruno Peres) in ribaltamento dell’azione. In altri momenti, in fase passiva, l’arretramento di Nainggolan dalla posizione di mezzapunta a centrocampo, trasforma il modulo in un 3-5-2 puro.
Che per il Napoli significherebbe andare a sbattere contro una situazione già nota: parità numerica in mezzo al campo e fasce bloccate. Una situazione che abbiamo, ahinoi, dimostrato di soffrire sempre. E se la partita con l’Atalanta non ha finalmente suggerito a Sarri qualche contromisura, si andrà incontro ad ulteriori difficoltà.
Nainggolan si abbassa sulla linea dei centrocampisti e De Rossi contemporaneamente alza la linea del pressing, seguito da Bruno Peres. I giallorossi a portare pressing sull’uscita nerazzurra sono addirittura sei, il recupero palla favorirà una rapida transizione con conclusione verso la porta.
In questo caso, baricentro apparentemente troppo schiacciato, ma la copertura del campo è ottima: linea difensiva a cinque per l’abbassamento dei laterali, i due centrocampisti a protezione e la schermatura ulteriore di Nainggolan e Salah. Letteralmente, non c’è spazio. I nerazzurri proveranno a ricominciare da dietro ma la Roma riuscirà addirittura a recuperare palla per la ripartenza.
Dicevamo di Nainggolan. Che più di tutti rappresenta l’evoluzione e la crescita degli uomini di Spalletti. È diventato davvero un giocatore totale. Il suo tecnico dichiara che può fare qualsiasi cosa in campo e ha perfettamente ragione. Sbagliando quando dice che gli ricorda Perrotta, perché lo strapotere fisico e tecnico del belga sta raggiungendo livelli assoluti, che il campione del Mondo 2006, pur nei suoi picchi di rendimento, non ha mai raggiunto.
Magari deve migliorare un po’ nella gestione del pallone (solo 77,9% di passaggi riusciti), per il resto parliamo di uno dei giocatori più determinanti del campionato. Oggi Nainggolan è a un tempo centrocampista di lotta, di governo, uomo deputato agli inserimenti e persino di fantasia. Del resto cosa vuoi dire a uno che oggi è in grado di segnare anche così:
Oltre Radja
Nainggolan però non è l’unico uomo copertina. L’altro, ovviamente, è Edin Dzeko. Non solo perché al momento è in testa alla classifica cannonieri, seppur in coabitazione, con 19 reti. Nessuno poteva pensare che il vero Dzeko fosse quello dell’anno scorso, anche se, di contro, non era facile nemmeno mettere in conto un rendimento del genere. L’importanza del bosniaco, però, va al di là dei gol, della pericolosità offensiva e dello strapotere fisico (calcia in porta più di tutti in Serie A, 5,1 volte a gara, e dopo Milinkovic-Savic è quello che vince più duelli aerei di tutti).
Lo avevamo detto già all’andata, l’ex Wolfsburg è riuscito a entrare in pieno nei meccanismi giallorossi soprattutto per la sua capacità di partecipare al gioco e di far salire la squadra.
In ripartenza, Dzeko gestisce bene il pallone e propizia il contropiede. In realtà qui non si limita nemmeno a fare un semplice appoggio, ma prima va via, sull’interno, a un giocatore come Perisic, che pure avrebbe gamba e fisico per tenerlo: macché, letteralmente bruciato.
È una Roma, in generale, che ha imparato a ottimizzare le risorse. Spalletti ha una rosa valida ma non lunghissima, che cerca di far ruotare quando necessario senza ricorrere a troppi stravolgimenti. Una Roma, non a caso, che secondo molti ha imparato anche a “juventinizzarsi”, concedendosi meno svolazzi e badando alla sostanza. Q
uesto lo si vede, ad esempio, nei numeri difensivi: nelle ultime 12 di campionato, subite appena 9 reti (di cui tre nella sciagurata partita di Genova con la Samp), con Szczesny che ha totalizzato la ragguardevole cifra di 11 gare senza subire reti. Non male per una squadra che nelle prime 9 uscite stagionali aveva incassato 13 gol. Una Roma oggi anche meno “pulita”, se vogliamo, nella gestione del pallone (82,4% di pass accuracy, solo quinto dato del torneo), ma molto più efficace.
Parliamo infatti di una squadra, che a discapito di numeri offensivi di tutto rispetto (secondo miglior attacco con 57 reti, media di 17,2 tiri a partita, di poco inferiore a quella del Napoli e terza per possesso palla medio con il 55%), in alcuni momenti sceglie deliberatamente di farsi attaccare per poi ripartire. Non sono casuali né i 12,6 tiri a partita subiti (ben 8 squadre fanno meglio), né la terza miglior performance del torneo quanto a palle intercettate (16,6 di media a partita).
Fazio è tra i migliori dieci del torneo per capacità di interrompere le trame avversarie (2,8 intercetti per match), ottimi anche i numeri di De Rossi (2,3) e Manolas (2,2). In particolare, è la posizione del centrocampista, insieme a quella di Strootman, a dare equilibrio alla squadra. I punti deboli però esistono e possono essere sfruttati.
Qualcosa non va
Punto debole numero uno: le amnesie difensive di Bruno Peres. Il brasiliano ha grande corsa che gli consente di essere piuttosto rapido nei ripiegamenti. L’attenzione ai particolari, però, è cosa ben diversa e in tale fondamentale l’ex Torino non eccelle affatto.
L’Inter ha appena battuto a centrocampo dopo aver subito il primo gol. Lancio immediato a cercare Perisic, Bruno Peres è perfettamente sulla linea di corsa del croato e lo anticipa, scegliendo anche bene il tempo. Peccato che lo faccia con un controllo maldestro che di fatto gli regala palla permettendogli di andare pericolosamente al cross. E nel secondo tempo il brasiliano seminerà un altro paio di queste nefandezze.
Punto debole numero due: gli scompensi cui si può andare incontro quando De Rossi cala e il filtro davanti alla difesa non è più così efficace. In particolare lo scompenso va a registrarsi nella zona tra De Rossi, Emerson Palmieri e Manolas, vale a dire sul centrosinistra della difesa giallorossa. In determinanti momenti della partita, la distanza tra i tre non è ottimale. Muovendo bene il pallone, con coraggio nell’uno contro uno e con buona scelta di tempo, ci si può infilare in quella zona grigia e fare malissimo ai giallorossi. Per zona di campo e caratteristiche, lavoro perfetto per Zielinski e Callejon.
De Rossi si fa trovare troppo distante da Kondogbia, che ha tempo e spazio per avanzare. Un movimento di Icardi ha portato Manolas fuori posizione, sull’esterno. Juan Jesus ne ha coperto lo spazio al centro, ma si fa prendere alle spalle da Candreva. Il passaggio di Kondogbia va a tagliare proprio nella zona di cui parlavamo sopra. Una situazione molto simile si ripeterà in occasione del gol dell’Inter.
Punto debole numero tre: le uscite dalla difesa non sempre pulite. Contro la Lazio, l’altra sera in coppa Italia, sono stati i biancocelesti ad aspettare molto bassi i giallorossi. Alzando però improvvisamente il pressing in determinati momenti e mettendo in crisi la male assortita coppia Paredes-Strootman. Il recupero palla, unito alla poca capacità di filtro dimostrata dai due (principalmente dall’argentino), ha permesso alla squadra di Inzaghi di ripartire spesso con efficacia. Qui però sono racchiusi anche i motivi per cui il Napoli difficilmente potrà replicare quanto fatto dalla Lazio. A centrocampo tornerà De Rossi, molto più bravo a gestire transizioni positive e negative. E il Napoli difficilmente sceglierà di stare basso e farsi attaccare, per convinzioni e attitudine. Anche decidesse di farlo, dubitiamo che Spalletti presterebbe di nuovo il fianco. Ma qualche spunto in pressing alto fornito da Inzaghi e company può tornare sicuramente utile:
Manolas fa un buon anticipo, ma l’appoggio non è preciso: Strootman non può intervenire, Nainggolan per una volta è pigro nell’andare sul pallone. Paredes resta piantato ed è a sua volta pigro nella chiusura preventiva su Milinkovic-Savic. Il serbo potrà poi servire Anderson che si gioca un uno contro uno con Fazio. Da lì si arriverà al gol laziale, con i centrocampisti lenti anche a rientrare.
Detto della non replicabile prestazione dei biancocelesti (non ce lo vediamo Sarri snaturarsi e fare una partita di attesa e ripartenza), se vorrà fare risultato domani il Napoli dovrà fornire una prestazione di altissimo livello in entrambe le fasi. La Roma è solida dietro, bisogna muovere il pallone con rapidità e non avere paura di giocare l’uno contro uno. Immobile, Anderson e Keita del resto hanno dimostrato che se attaccati i centrali giallorossi non sono dei fenomeni. Insigne e Mertens hanno le qualità per replicare quanto fatto dagli attaccanti biancocelesti, Callejon ha tempismo e malizia per approfittare di qualche buco.
A centrocampo, ugualmente, non si dovrà temere il confronto dal punto di vista dell’intensità: quella composta da De Rossi, Strootman e Nainggolan è oggettivamente una mediana che può giocarsela almeno alla pari con quella azzurra. La circolazione efficace e rapida del pallone sarà un must. Una volta persa palla, guai a lasciare campo alle transizioni di Nainggolan e Salah. E sarà vitale consentire a Dzeko di giocare meno palloni possibile, per la sua capacità di far salire la squadra. Un Napoli al top può anche vincere la partita. Una squadra che non riesca a tenere standard elevati, rischia invece di soccombere contro un avversario che sembra, diversamente dagli azzurri, compiuto notevoli passi avanti dal punto di vista della mentalità.