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Gaetano Cecere dal Québec, dove a tifare Napoli sono in cinque

Gaetano Cecere dal Québec, dove a tifare Napoli sono in cinque

Sono in cinque, a Québec, a tifare Napoli: due di questi sono Gaetano Cecere (32 anni) e sua moglie Michela. Originari di Frattamaggiore, dopo un anno a Parigi, nel 2014, si sono trasferiti in Canada per avere più possibilità nel lavoro. Michela è dottoranda in Medicina sperimentale, Gaetano, invece, dottorando presso l’Institut National de la recherche scientifique dell’Università del Québec: si occupa di ecosistemi fluviali, si è trasferito perché in Italia non c’è «una gran politica di tutela e difesa del territorio» e dunque sarebbe stato difficile, da noi, lavorare nel campo. La prima cosa a cui Gaetano e Michela hanno dovuto abituarsi, in Canada, è stato il freddo: «Fa parte integrante della cultura. L’inverno scorso, il nostro primo a Québec, siamo arrivati a -35. Quest’anno sembra più mite: non siamo mai scesi oltre i -15. Basta abituarsi».

Ci racconta del Québec come di una nazione nella nazione, come dimostra la città omonima: «Dal punto di vista storico siamo in una provincia francofona e il francese qui è più tutelato che in Francia. Ma è anche un assurdo storico-geografico, l’unico posto al mondo in cui una persona di lingua francese è suddito della regina d’Inghilterra, che però si guarda bene dal venire da queste parti». Appena 8 milioni gli abitanti di tutta la provincia, il che comporta che ci siano spazi immensi, «dove  la natura esercita tutto il suo potere nelle gelate invernali ed è lussureggiante d’estate». Atmosfere magiche, grazie al castello sul fiume ghiacciato (oggi un albergo), alle carrozze trainate da cavalli che percorrono le vie della città vecchia, fatte di viottoli e case in pietra: in inverno viene persino realizzato un albergo tutto di giaccio. «A venti minuti da casa nostra ci sono delle cascate più alte di quelle del Niagara, e d’inverno senti il rumore dell’acqua che scorre sotto la coltre di ghiaccio: è un incanto. A tre ore da qui, verso nord, puoi vedere le balene. In estate, invece, c’è un festival musicale che dura una decina di giorni: l’anno scorso sono venuti i Rolling Stones, i Foo Fighters e i Deep Purple, il tutto con un biglietto di 60 euro circa, roba impensabile in Italia». E ancora, al Nord grandi parchi, fiumi, laghi e natura selvaggia, mentre a nord est la Gaspésie, una regione alla foce del San Lorenzo dove convivono grandi parchi e spiagge bianche sull’oceano. Tutto questo in una società serena, tranquilla, dove puoi anche lasciare la porta di casa aperta, dove i problemi sociali sono più gestibili e una cura particolare è dedicata all’integrazione, alla salute ed allo sport.  

Pochi gli italiani, in tutto un centinaio, che un paio di volte l’anno si riuniscono per non perdere i contatti. Cinque, in tutta la provincia, i tifosi del Napoli: «Io, mia moglie, un’altra coppia e un napoletano che ha sposato una canadese e qui ha aperto una gastronomia francese molto quotata». Il fatto di essere tra i pochi in città a tifare Napoli inorgoglisce moltissimo Gaetano: «Una volta, in estate, mentre eravamo a fare dei rilievi in un fiume, a Nord, in mezzo al nulla, insegnai ad un canadese ‘‘O surdato ‘nnammurato’ e lui ancora la canticchia quando mi vede». Del resto Gaetano invita spesso i canadesi a non limitarsi a visitare il triangolo Roma-Firenze-Venezia ma a scendere più al Sud: «Chi lo ha fatto è tornato entusiasta. Abbiamo problemi innegabili, ma un realismo magico unico nel suo genere».

Gaetano è nato a Napoli, ma ha vissuto sempre a Frattamaggiore, dove il calcio, dice, è stato sempre sentito in modo molto passionale: «Il Napoli, la Frattese la sezione dell’Associazione italiana arbitri… La Frattese, che nel dopoguerra ha addirittura battuto Milan e Juve, ha fatto nascere numerose scuole calcio che hanno sfornato giocatori come Insigne, Lodi e De Simone». In Quebec, invece, racconta, il calcio non è vissuto come da noi: resiste stoicamente il calcio femminile, e la nazionale canadese è una delle più forti al mondo, ma lo sport più popolare è l’hockey, seguito da basket, baseball e football americano.

Per lui essere tifoso del Napoli vuol dire «vivere la partita e la sua attesa con trepidazione, imprecare e gioire in modo smisurato, portare il cappello del Napoli anche a -30, indignarsi per i cori e gli striscioni tropo spesso impuniti». Dà ragione a Pasolini: “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”, almeno a Napoli è così, secondo lui. Considera il San Paolo la casa dei tifosi, il loro luogo fisico e mentale. E gli manca moltissimo, tanto da sapere a memoria quanti chilometri lo separano dal Tempio: 6538.

Definisce Sarri «un attore di un teatro che non c’è più, di un calcio che si è fatto ammaliare da sponsor, pay per view e sensazionalismo». Riconosce a De Laurentiis il merito di aver dato solidità alla Società ma gli rimprovera di tenere «il tutto a distanza dall’affetto e dalla passione dei napoletani … mi riferisco a politiche di prezzi estivi discutibili e alla voglia di azzerare il nostro passato». Stima molto Hamsik, «perché in nove stagioni è cresciuto insieme a noi».

Sono le 9 del mattino, a Québec, ci sono -3 gradi. Gaetano si è svegliato alle 7,50 per essere pianamente cosciente. Una colazione frugale con Michela e via di streaming inglese su una tv Usa. Intorno a loro il silenzio dovuto all’orario e alla neve, che attenua ogni rumore.

A vedere tutti i gol che non segniamo dice che «stiamo prendendo le misure», al gol di testa di Higuain grida come un ossesso, Michela invece un po’ meno «per indole». Al gol di Insigne su punizione si emoziona perché il telecronista inglese nomina Fratttamaggiore. Ha un minuto e 12 secondi di ritardo sulla mia visione della partita e loda il mio aplomb inglese sull’autogol di Camporese. Michela invece non regge la tensione: si alza, va in cucina, poi torna, si appoggia allo stipite della porta e lì resta. Fino al quarto gol di Callejon. A quel punto, presa dall’entusiasmo, inizia a programmare il pranzo. Ci pensa, poi Callejon fa il quinto: sarà risotto coi funghi, «perché si devono togliere di mezzo».

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