Il Napoli resta in corsa per il secondo posto ma ha perso il gioco spumeggiante

Il secondo posto resta sotto tiro (-4) dopo il pari della Roma con la Juve. Mezzo balsamo sulla sconfitta di Torino. Un dato fissa la seconda stagione di Benitez. Il Napoli è in ritardo di sei punti rispetto all’anno scorso alla 25^ giornata. Il dato non è pesante, ma il progetto si è appannato. È […]

Il secondo posto resta sotto tiro (-4) dopo il pari della Roma con la Juve. Mezzo balsamo sulla sconfitta di Torino.

Un dato fissa la seconda stagione di Benitez. Il Napoli è in ritardo di sei punti rispetto all’anno scorso alla 25^ giornata. Il dato non è pesante, ma il progetto si è appannato. È scomparso il Napoli sbarazzino e spettacolare pur con eterne pecche in difesa dello scorso campionato.

Fantasticando sui punti persi, oggi il Napoli sarebbe secondo. La Roma è peggiorata molto di più (11 punti persi) e persino la Juve è a -8 dall’anno scorso. Il mancato miglioramento del Napoli ha fatto sfumare quel sogno-scudetto ventilato da De Laurentiis in estate.

Il secondo Napoli di Benitez con un solo vero rinforzo, Gabbiadini a gennaio, ha continuato negli alti e bassi, ma ha perduto il brio e lo slancio della stagione precedente. Resta inchiodato al terzo posto, più o meno con i distacchi dell’anno scorso da Juve e Roma. Segna meno gol (sei), è già alla sesta sconfitta quante ne incassò in tutto il campionato passato, ha perso quattro punti in più in casa.

Il potenziale offensivo è più o meno lo stesso, solo in ritardo con Mertens (tre gol in meno) e Hamsik (due in meno). Higuain ha all’attivo appena un gol in meno. Gli 11 gol di Pandev (6) e Dzemaili (5) sono coperti dalle undici reti di Zapata (5), De Guzman (3), Gabbiadini (3).

Quello che non è migliorato è il gioco. Non poteva migliorare perché, nel 4-2-3-1 di Benitez, i due mediani dovrebbero essere di lotta e di governo. Lo straordinario Gargano e il più lineare David Lopez si fermano alla sola lotta. Inoltre, i due esterni offensivi Callejon e Mertens, in calo di rendimento, sono stati maggiormente impegnati nella fase passiva perdendo brio e lucidità in attacco. L’infortunio di Insigne ha ridotto ancora di più l’incisività sulle fasce.

Gargano e David Lopez hanno fatto comodo per rafforzare l’ostruzione a centrocampo col Napoli in difficoltà che si arenava in una serie di tre pareggi e una sconfitta. Tornando il Napoli a proporsi e non più a salvare il salvabile, i limiti dei due mediani, che hanno doti e caratteristiche precise, hanno frenato la squadra. Per giunta nella zona dove si costruisce il gioco è andato in tilt Jorginho, è rimasto opaco Inler e Hamsik ha accusato pochi alti e molti bassi.

Questo è il Napoli al terzo posto ora minacciato da Lazio e Fiorentina per le due sconfitte consecutive fuori casa, a Palermo e Torino. Il Napoli ha perso un vantaggio più rassicurante sulle due rivali, ma nelle ultime 14 partite la Lazio ha fatto gli stessi punti del Napoli (24), la Fiorentina cinque in più (29). Queste cifre dicono che la Fiorentina è l’antagonista più pericolosa. Ma allarma la concretezza della Lazio, per giunta prossima rivale di semifinale in Coppa Italia (mercoledì, l’andata a Roma).

Più di qualcosa non quadra nel Napoli. Perché un giocatore come Gabbiadini, appena arrivato e trattenuto in panchina, estraneo al progetto azzurro, dà più di tutti i fedeli e i fedelissimi di Benitez? Perché De Guzman, giunto quest’anno, si spende molto di più dei protagonisti maggiori? Perché, dopo avere fatto la rischiosa scelta fra i due portieri, Benitez non si è arreso alle difficoltà di Callejon e Hamsik e non ha cambiato spartito per rilanciare la squadra? Per il timore di perdere definitivamente lo spagnolo e lo slovacco?

Un punto è chiaro. Il Napoli, in involuzione di gioco, non può fare a mano di Gabbiadini, che ha qualità e determinazione. Tocca a Benitez schierarlo nella più efficiente formula tattica, certamente seconda punta dietro Higuain, non confinato sull’esterno destro con compiti di copertura che lo ridurrebbero alle condizioni di Callejon.

Qualcosa Benitez deve inventarsi perché marzo, cominciato male, è un mese determinante sui tre fronti, la Coppa Italia da non mollare contro la Lazio, la riscossa in campionato contro l’Inter domenica prossima, l’Europa League contro la Dinamo di Mosca.

Un Napoli appiattito sul 4-2-3-1 che non funziona più minaccia delusioni. La formula “europea” funziona con i giocatori adatti che il Napoli non ha. I giocatori hanno molto limiti. Il passaggio sempre tra i piedi, mai nello spazio. Difficilmente saltano l’uomo per conquistare la superiorità numerica. Il passaggio all’indietro è seguito spesso da un passaggio orizzontale anziché dal lancio profondo per ribaltare il fronte e prendere l’avversario in controtempo. Il giro-palla è spesso dettato dalla mancanza di idee per aprire il gioco. E, poi, poca intensità e velocità negli ultimi venti metri. La ripartenza lunga resta l’arma vincente.

Le proteste di Torino sul mani in area di Moretti, decisamente involontario, e sui secondi “gialli” risparmiati a Quagliarella ed El Kaddouri non devono nascondere la realtà della partita che il Napoli forse non meritava di perdere, ma che ha clamorosamente fallito sul campo.

Mimmo Carratelli 

 

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