Mentre si avvicina il primo Natale afono della mia vita a causa delle urla di giubilo di ieri sera, ci sono alcune cose che credo vadano dette su questa squadra.
La prima: il Napoli è nel pieno del secondo miglior periodo della sua storia. Un piccolo ciclo fatto da due terzi posti ed un secondo posto in campionato, due coppe Italia, una Supercoppa, tre qualificazioni alla Champions League e due all’Europa League. A differenza del periodo 1986/87-1989/90, vissuto nel segno di D10S, questo ciclo un eroe indiscusso non ce l’ha. Della squadra che nel 2012 vinse la Coppa Italia contro la Juventus sono “sopravvissuti” solo Hamsik, Inler e Maggio (la Juve, per dire, ha ancora l’ossatura di allora). Segno che la continuità di risultati è dovuta alla programmazione e alle scelte societarie.
La seconda: la stagione in corso, che in tanti avevano giudicato come un fallimento già all’indomani della sconfitta di Bilbao, è potenzialmente una delle più gloriose della storia partenopea. Un titolo è già in bacheca e restano da giocarsi l’Europa League, la Coppa Italia e, almeno, la qualificazione Champions. “Abbiamo 6 mesi ancora” diceva ieri Higuain. Non crederci sarebbe un suicidio.
La terza: godiamo tutti per la vittoria di ieri, soprattutto per come è arrivata (diciamoci la verità, vedere Chiellini fare il gorilla non l’avremmo sopportato), ma non è dai calci di rigore di ieri che si giudica il Napoli. Piuttosto dalla partita. Contro la squadra più forte d’Italia, con un Tevez in gran spolvero, il Napoli ha giocato una partita strepitosa, ad armi pari, imponendo il proprio gioco per gran parte dell’incontro. L’infortunio di Albiol e Koulibaly poteva tagliarci le gambe e invece non è stato così. La sfortuna (2 pali, uno dovuto ad un tocco di Higuain che se fosse entrato l’avremmo candidato a gol di questo secolo) poteva demoralizzare la squadra e invece non è stato così.
Il secondo gol della Juve poteva definitivamente tramortirci e invece non è stato così.
Rafa ha indovinato la formazione (Gargano e David Lopez, chi l’avrebbe detto?) e quasi tutti gli azzurri si sono espressi ai loro massimi. Ci è mancato Callejon e ci è mancato Mertens quando è entrato, ma se anche Rafael non avesse compiuto il miracolo sul rigore di Padoin il giudizio sulla partita di ieri non sarebbe potuto essere che ottimo.
La quarta e ultima: quest’anno a Napoli abbiamo giocato al tiro al piccione. Sono finiti nel mirino della stampa e di una parte della tifoseria: David Lopez (quando non era nemmeno ancora sbarcato a Napoli), De Guzmán (idem), Gargano (togliti la maglia), Benitez (sondaggio sul suo esonero alla seconda di campionato), Rafael (fatto letteralmente a pezzi), De Laurentiis (le voci sulla cessione del Napoli, sul suo stato di salute, il sempiterno papponismo). La vittoria di ieri è la dimostrazione di quanto “l’ambiente” di Napoli nella migliore delle ipotesi ci capisca poco, nella peggiore sia in malafede. La verità è che De Laurentiis a Napoli sta compiendo un miracolo sportivo ed imprenditoriale, ha messo su una società sana e vincente in un posto dove non funziona quasi nulla. Il suo non è il miglior progetto possibile (quanto mi piacerebbe avere un vivaio degno di questo nome e delle infrastrutture all’avanguardia), ma è senza dubbio il miglior progetto che si sia mai visto al Napoli ed è un sollievo sentirgli dire “non cederò mail il Napoli”. Ecco, è da questi particolari che si giudica il Napoli e solo se ce ne convinceremo tutti sarà possibile tenere ancora con noi fuoriclasse come Higuain e Rafa Benitez.
Fabio Avallone