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Benitez: «Che cos’è Liverpool per me? Sono i padri che mi fermano quando accompagno le mie figlie a scuola. Loro si sentono scouser, non spagnole»

Benitez: «Che cos’è Liverpool per me? Sono i padri che mi fermano quando accompagno le mie figlie a scuola. Loro si sentono scouser, non spagnole»

Qualche settimana fa durante la puntata di Radio Napolista, un ascoltatore, Diego da Dublino, consigliava la lettura del libro di Rafa Benitez “Champions League Dreams”. Incuriosito, l’ho ordinato su Amazon e venerdì mi è stato consegnato dal corriere. A poche ore dall’AperiRafa, fresca la lettura del pezzo sul Corriere del Mezzogiorno in cui Benitez ringraziava per l’iniziativa, ero dunque in piena trance rafaelitica, pronto ad arricchire le mie conoscenze sul tecnico madrileno.

Il volume è ricco di aneddoti e racconti riguardanti i sei anni vissuti a Liverpool da trionfatore con una Champions League, una Supercoppa Uefa, una Coppa di Lega e una Commuity Shield, senza dimenticare i successi sfiorati con la finale di Atene, nuovamente contro il Milan, il mondiale per club sfumato contro il San Paolo e il secondo posto con record di punti che non bastò a strappare la Premier allo United di Ferguson. Benitez in apertura del libro spiega come dopo tanti anni i tifosi del Liverpool continuino ad inviargli racconti e ricordi personali della fantastica notte di Istanbul. Non è semplicemente un libro di memorie su ciò che è successo in questi sei anni. Molti fan vogliono sapere come ha fatto, quali sono i segreti che gli hanno consentito di costruire una squadra con costi minori rispetto ai rivali incontrati. La spiegazione è sostanzialmente una: un duro lavoro dello staff, degli analisti della squadra, degli scout, dei giocatori, da parte di tutti i componenti del club. 

C’è un filo conduttore nella biografia di Benitez. La volontà d’insegnare calcio. Nel libro scrive: vorrei passare ore alla scrivania, al nostro campo di allenamento, o in casa, a guardare i video delle nostre partite, per vedere come potremmo migliorare, così come i filmati dei nostri avversari per preparare al meglio le prossime partite e i nostri giocatori. Quando si presentò all’Inter, disse: “una virtù? mi piace lavorare, insegnare. Sono un professore. Mi piace spingere la gente a migliorare.” E l’ultima volta l’ha ripetuto nell’intervista alla Gazzetta dello Sport dal titolo “Educo al calcio, insegno al bello”. Per tacere delle lezioni ex cathedra dall’università di Castel Volturno.

Benitez è uno studioso, e come tutti gli studiosi di rango fa della meticolosità la sua cifra stilistica. Per preparare ogni partita, analizza attentamente la squadra avversaria. Come? Con il suo staff, a Melwood, circondato dai monitor, visionerà le ultime tre o quattro partite dei prossimi avversari. Spiegherà ai suoi difensori che cosa dovranno guardare durante i calci d’angolo e le punizioni. Per chiarire meglio questi aspetti farà vedere loro anche dei dvd per prendere familiarità con future situazioni di gioco. Chiaramente non si serve solo degli ultimi filmati. Nel suo ufficio si trovano scaffali e scaffali pieni di dvd. Centinaia e centinaia di filmati organizzati e numerati per renderne più semplice la consultazione. Alcuni dvd contengono registrazioni degli incontri quando era allenatore delle giovanili del Real Madrid, altri riguardano le sue partite con l’Extramadura e il Tenerife, oltre che ovviamente del Valencia. Ci sono poi filmati da ogni parte del mondo, non solo la Spagna ma in tutta Europa, in Sud America e finanche in Africa. Alcuni dvd riguardano specifici giocatori e determinati aspetti. Lo scopo è di mostrare praticamente che tipo di gioco vuole Benitez. Secondo la sua esperienza, vedendo direttamente i filmati, i giocatori acquistano fiducia, maggiore motivazione e hanno un’idea più chiara rispetto alle loro responsabilità e ai ruoli da assumere in campo. È una collezione sterminata quella di Rafa. La raccolta non si esaurisce al suo ufficio, si estende alle sue abitazioni e addirittura nella soffitta a casa dei genitori a Madrid. E’ un archivio costruito in trent’anni di duro lavoro che spesso e volentieri ha dato ottimi risultati. Sarà forse per questo che la moglie Montse fatichi a comprendere i motivi di questo accumulo, Benitez invece è convinto che prima o poi qualcuno di quei dvd servirà.

Benitez & Liverpool

È il caso di scomodare Gramsci, seppur in una formula stra-abusata, per descrivere il rapporto tra Benitez e i tifosi del Liverpool. La storia di Rafa è indissolubilmente legata al Liverpool, ad Anfield campeggia sempre il meraviglioso striscione che vede il volto di Rafa accanto a coloro che hanno fatto grande il Liverpool: Shankly, Paisley, Fagan, Dalglish. Anche quando sono all’estero, Rafa viaggia con loro: siempre es posible. È una connessione sentimentale che non si è mai interrotta, neanche quando Benitez è tornato ad Anfield da allenatore del Chelsea, sulle note di “you’ll never walk alone” gli occhi di Rafa sono diventati lucidi. Non si può interrompere un legame con chi ti ha riportato sul tetto d’Europa, che ha umiliato corazzate come quella del Real Madrid, con colui, scrivono i tifosi, che ha restituito l’orgoglio di essere Reds. Spesso Benitez è accusato di non mostrare alcuna emozione, di essere un freddo calcolatore. Chiacchiere che si porta il vento. Guardate le immagini del 15 aprile 2011, quando Rafa da ex allenatore ritorna ad Anfield per le celebrazioni della strage di Hillsborough che nel 1989 provocò la morte di 96 persone. Al ringraziamento dello speaker scatta la standing ovation e Rafa, visibilmente emozionato, non può trattenere le lacrime.

Scrive Benitez nel suo libro: «quando vado a scuola a prendere le mie figlie, i padri mi fermano e mi chiedono pareri, consigli e mi danno aggiornamenti. Questa è Liverpool. Non un interesse passato, ma una passione duratura. Non avrei mai immaginato che mi avrebbe adottato, che qualcuno nato a migliaia di chilometri di distanza possa stare nel cuore a tal punto, anche se ho lasciato il club, da essere ricordato con tanto affetto». È un rapporto però che va ben oltre il rettangolo di gioco e i successi raccolti da Benitez. È qualcosa che riguarda anche la famiglia del tecnico spagnolo, pietra angolare delle sue decisioni. Dice Rafa: «Agata, la mia figlia più giovane, è nata a Valencia, ma se tu le chiedi lei da dove viene, non ci sono dubbi nella sua testa, assolutamente no. Liverpool, lei risponde orgogliosamente. L’idea che lei venga dalla Spagna non ha alcun senso. Lei ora è una scouser». Scouser è un termine che ricorre altre volte nel testo e che ha destato la mia attenzione. Rafa si sente parte integrante della città di Liverpool e per testimoniarlo non utilizza un termine banale. Così scrive Giovanna Marotta nel supplemento Studi e Saggi linguistici della rivista L’Italia Dialettale: «in Gran Bretagna, ed in particolare nel Merseyside, il termine Scouser possiede due diversi significati, apparentemente poco attinenti l’uno all’altro: a) un significato metaforico, che fa riferimento a uno speciale accento, tipico dei Liverpudlians appartenenti alle classi sociali basse; b) un significato più concreto, riferito a un piatto tradizionale di Liverpool, una specie di zuppa preparata con carne e verdure stufate, consumata dai marinai durante i loro viaggi».

È un legame profondo che si è edificato anche su piccoli, ma significativi dettagli, che dimostra il rispetto che Rafa ha per i tifosi. Benitez racconta un episodio accaduto poco prima dei calci di rigore nella semifinale di Champions contro il Chelsea: «stavamo aspettando l’inizio dei calci di rigore, ho notato che le persone della fila in basso del Paddock, la parte di Anfield situata subito dietro la panchina, non erano in grado di vedere perché tutto lo staff stava in piedi nei pressi dell’area tecnica. Anche se i giocatori erano riuniti nel cerchio di centrocampo, lo staff era in piedi insieme ai sostituti. Sembrava che la visuale di quei supporter fosse bloccata. C’era una sola cosa da fare. Io decisi che mi sarei dovuto sedere. Quell’immagine è diventata famosa, quasi romantica. La gente ritiene che io abbia voluto provare a diffondere calma ai giocatori, ma no: io ho voluto semplicemente assicurarmi che tutti potessero vedere i tiri dal dischetto».

Benitez & la proprietà 

L’esperienza di Benitez a Liverpool non racconta solo gioie e successi. Nel febbraio 2007 gli industriali americani Hicks e Gillet acquistarono il club, ma il rapporto con Rafa non è mai decollato. Dopo la finale persa contro il Milan ad Atene nel maggio 2007, Benitez era molto amareggiato e non aveva voglia di tornare in albergo; decise così di camminare per Atene sotto una pioggia battente. Qualche ora dopo, senza riposare, tenne una dura conferenza stampa: “I proprietari mi dicano se loro vogliono vincere la Premier e la Champions League. Noi abbiamo bisogno di fare le cose più velocemente di Chelsea e United. Se noi non possiamo spendere i soldi, cambiano le cose, proviamo a migliorare in molte aree ma noi potremmo lottare per il quarto posto. I proprietari mi capiscono e mi sostengono e dicono che mi sosterranno. Ma se non modifichiamo alcuni aspetti fondamentali, non potremmo competere.” Le sue parole furono interpretate come un attacco ai proprietari, in realtà Rafa voleva semplicemente aiutare il club a vincere. 

Le risposte da parte della proprietà continuarono ad essere evasive, invitarono Benitez a concentrarsi sulla squadra e sul gioco, a lasciar perdere la gestione della società. Le restanti tre stagioni furono caratterizzate da fughe di notizie come l’sms su un suo imminente esonero e la sostituzione con Klinsmann. La proprietà ammise inizialmente che l’allenatore tedesco era stato contatto, ma solo per discutere per problemi di marketing. Solo 2-3 mesi dopo loro rivelarono la verità, o una versione parziale: «dissero che incontrarono Klinsmann per cautelarsi in caso di una mia partenza per il Real». I tifosi capirono la situazione e si strinsero intorno al loro condottiero. Comparvero scritte come “Voi siete i custodi. Questo è il nostro club. Rafa rimani”. Nella sfida decisiva per il passaggio del girone Champions contro il Porto, marciarono in 10 mila per sostenere Rafa contro l’atteggiamento societario. In testa al corteo c’è lui, Rafatollah, l’immagine d’oro (quasi sacra) fatta ai tempi del Valencia. Benitez fu travolto da questo affetto, non poteva credere a quello che stava accadendo. Non poteva credere che stavano facendo tutto questo per lui, uno straniero. Ecco perché Liverpool è speciale. Rafa sapeva quello che i tifosi avevano fatto per lui, ora lui sapeva che l’unica cosa che poteva fare era lavorare ancora di più. 

Tutto questo non bastò. Nell’ultimo anno, scrive Benitez, era ormai diventato un direttore di banca e il club iniziava ad avere qualche problema economico. E amaramente commenta: «nell’anno in cui dovevamo stare insieme, tutto stava cadendo a pezzi». Dal 3 giugno 2010, Benitez non sarà più l’allenatore del Liverpool. Con queste parole Rafa concluse la sua esperienza ai Reds: «per me è triste annunciare che non sarò più il manager del Liverpool. Vorrei ringraziare tutto lo staff e tutti i giocatori per l’impegno. Conserverò sempre nel cuore il bel periodo che ho trascorso qui, il sostegno forte e fedele dei tifosi nei periodi difficili e l’amore di Liverpool. Non ho parole per ringraziarvi a sufficienza per tutti questi anni e sono molto orgoglioso di poter dire che sono stato il vostro allenatore. Grazie davvero, ancora, e ricordate sempre: You’ll never walk alone.»

È una storia fantastica quella di Rafael Benitez Maudes. Non sono sicuro che Napoli abbia capito chi sia e cosa voglia Benitez. Il contratto è in scadenza e non ci sono segnali in direzione del rinnovo. Mettete da parte per un attimo lo scetticismo di questi 18 mesi e leggete attentamente queste parole “Io lotto per vincere, per essere competitivo e vincere i trofei, come chiunque si occupi di calcio. Ma c’è di più. Dopo tutto, non è solo un lavoro, ma è una vita”.

Buena suerte, señor Benitez
Alfonso Noël Angrisani

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